La risposta al colpo di stato in Niger passa dalla Nigeria
Cioè dal paese più influente dell’Africa occidentale, che fra le altre cose controlla parte delle forniture di energia ai paesi vicini
Il paese dell’Africa occidentale che ha mostrato di essere più in grado di influenzare la risposta al colpo di stato del 26 luglio in Niger è stato la Nigeria, che oltre a essere lo stato più influente della regione detiene anche la presidenza dell’ECOWAS, la Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale. L’ECOWAS è l’organizzazione che aveva annunciato un ultimatum ai militari nigerini affinché restituissero il potere al presidente deposto. L’ultimatum è scaduto domenica senza che ne seguisse alcun intervento militare: non è chiaro cosa succederà ora e la situazione è molto tesa.
Non è una cosa inaspettata: la Nigeria è da decenni lo stato più influente dell’Africa occidentale, in grado di definire più di tutti gli altri la politica e i rapporti nella regione. Negli ultimi anni la sua influenza è leggermente diminuita, soprattutto per via di alcuni problemi nati durante la presidenza di Muhammadu Buhari, ma le sue dimensioni e la sua economia le consentono ancora di avere un ruolo centrale per esempio controllando reti ferroviarie e sistemi di approvvigionamento energetico al di fuori dei propri confini.
Di fronte al colpo di stato, il presidente nigeriano Bola Tinubu ha immediatamente reagito inviando in Niger diversi funzionari per parlare con i militari, si è messo in contatto con leader stranieri considerati vicini all’ECOWAS e ha convocato subito una riunione di emergenza dell’organizzazione, che ha imposto sanzioni economiche contro i membri della giunta al potere.
Queste azioni sono anche il risultato della presidenza nigeriana dell’ECOWAS, iniziata a luglio, quando Tinubu aveva detto che l’organizzazione non sarebbe stato un «bulldog senza denti» e avrebbe agito con molta durezza nei confronti di eventuali golpe. Dopo il colpo di stato, tra le altre cose, la Nigeria ha interrotto i propri rifornimenti di corrente elettrica al Niger, con cui confina a nord, tentando di esercitare pressione politica e causando una serie di interruzioni di corrente in diverse città nigerine.
La Nigeria, un’ex colonia britannica, è uno dei paesi più grandi e importanti dall’Africa: nel tempo è stata definita «il Brasile dell’Africa nera» (come nel linguaggio comune viene chiamata la parte di Africa a sud del deserto del Sahara) e «la superpotenza senza potere», per via della sua influenza nonostante i molti problemi politici, economici, di sicurezza che la caratterizzano. La Nigeria è il sesto paese al mondo per popolazione: ha 218 milioni di abitanti ed è una delle nazioni più giovani in assoluto. È grande circa tre volte l’Italia ed è una repubblica federale con 36 stati, suddivisi in oltre 700 amministrazioni locali. Ha uno degli eserciti più grandi dell’Africa, ed è il più grande produttore di petrolio del continente.
Oltre che al Niger, attualmente la Nigeria fornisce energia elettrica al Togo e al Benin, e si sta attrezzando per estendere la sua rete di clienti anche altrove, tra cui in Ghana e in Costa d’Avorio. Un gasdotto che passa dal Niger la collega all’Algeria. Altri accordi sono stati fatti per costruire un altro gasdotto che colleghi il territorio nigeriano al Marocco. La Nigeria ha inoltre avviato progetti per costruire reti ferroviarie che la colleghino meglio al Niger e ad altri paesi come il Benin, il Togo e il Ghana.
L’influenza della Nigeria in Africa occidentale cominciò a consolidarsi a partire dagli anni Sessanta, il decennio in cui la maggior parte dei paesi africani ottenne l’indipendenza dalle sue colonie. Fin da subito il governo cercò di esercitare un’influenza politica al di fuori dei propri confini.
Durante la presidenza di Olusegun Obasanjo, tra il 1999 e il 2007, la Nigeria contribuì per esempio a porre fine a crisi iniziate in paesi come la Sierra Leone, dove nel 1997 ci fu un colpo di stato, e la Liberia, dove tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta si combatté una guerra civile. La Nigeria fu inoltre in grado di risolvere in modo pacifico dispute territoriali che riguardavano il suo stesso territorio, come nel caso della penisola del Bakassi, contesa col Camerun.
In Nigeria si è infine sviluppata anche una delle industrie culturali più fiorenti e popolari del continente, per esempio nel cinema e nella moda. Per questo si è spesso parlato della Nigeria come di uno stato in grado di esercitare del «soft power», cioè di aumentare la propria influenza in altri paesi senza usare la forza.
Negli ultimi anni questo potere però ha iniziato a indebolirsi. La responsabilità è stata attribuita da alcuni analisti alla presidenza fallimentare e piena di problemi dell’ex presidente Muhammadu Buhari, di cui Tinubu ha preso il posto lo scorso febbraio con elezioni molto contestate.
La presidenza di Buhari, durata due mandati, ha indebolito la Nigeria sotto diversi punti di vista. La crescita economica nigeriana è stata più lenta rispetto a quella di altri paesi africani, sono aumentati i conflitti interni, sia di natura etnica che politica e sociale. Parte di questi problemi si è riversata nei paesi vicini, portando alcuni analisti a definire la Nigeria non più una potenza ma un «esportatore di instabilità politica».
Da quando è diventato presidente, Tinubu ha adottato un atteggiamento molto duro nei confronti dei vari gruppi criminali e terroristici presenti in Nigeria, e a livello regionale ha assunto posizioni nette sulla necessità che l’Africa occidentale diventasse un’area stabile, senza colpi di stato. L’obiettivo di Tinubu è anche quello di aumentare i propri consensi interni, in un momento in cui si trova al centro di una vicenda giudiziaria legata alla contestazione della sua vittoria.
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