Il Niger ha chiuso il suo spazio aereo
La giunta responsabile del colpo di stato ha detto che c'è il rischio di un intervento armato esterno, dopo la scadenza dell'ultimatum dato dagli altri paesi della regione
Domenica sera la giunta militare che ha compiuto il colpo di stato in Niger il 26 luglio ha chiuso lo spazio aereo sopra tutto il paese, dicendo che la misura serve a contrastare la minaccia di un intervento militare da parte di un paese vicino. Poche ore prima era scaduto l’ultimatum che la Comunità economica degli stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS), organizzazione che comprende 15 stati africani, aveva dato alla giunta militare che ha compiuto un colpo di stato in Niger perché restituisse il potere al presidente democraticamente eletto Mohamed Bazoum: domenica 30 luglio l’organizzazione aveva dato sette giorni di tempo alla giunta, minacciando un intervento militare nel caso in cui Bazoum non fosse stato reinsediato.
Un rappresentante della giunta militare, leggendo un comunicato in diretta tv domenica sera, ha detto che «poiché la minaccia di un intervento sta diventando più concreta, lo spazio aereo nigerino è chiuso a partire da oggi». Il comunicato diceva anche che l’intelligence nigerina aveva avuto informazioni che «una potenza straniera» si stava preparando a invadere il paese. Secondo il sito di tracciamento degli aerei Flightradar24, domenica sera sopra al Niger non volava più nessun aereo.
Al momento in realtà l’ECOWAS è divisa su come agire, ma la situazione è tesa e nel frattempo a Niamey, la capitale del Niger, migliaia di persone hanno manifestato a sostegno della giunta che ha preso il potere.
La giunta è guidata da Abdourahmane Tchiani, il capo della Guardia presidenziale, l’unità d’élite dell’esercito che ha compiuto il colpo di stato, di cui Bazoum aveva cercato negli anni di ridurre potere e influenza. Il golpe si è distinto fin da subito per forti sentimenti anti-francesi (il Niger è un’ex colonia francese), e come in altre occasioni anche domenica molti manifestanti hanno cantato slogan contro la Francia e inneggiato alla Russia, che negli ultimi anni ha guadagnato molta influenza nell’area del Sahel, quella in cui si trova il Niger.
Secondo AFP alle manifestazioni hanno partecipato circa 30mila persone (il Niger ha circa 25 milioni di abitanti). Alcune di loro si sono messe a sorvegliare le rotonde stradali e controllare le automobili parcheggiate, seguendo le istruzioni della giunta che si era raccomandata di fare attenzione all’intervento militare di forze straniere o all’eventuale presenza di spie.
L’ultimatum dato dall’ECOWAS aveva assunto importanza anche perché paesi come il Burkina Faso e il Mali, entrambi sospesi dall’organizzazione a seguito dei propri colpi di stato, avevano nel frattempo detto esplicitamente di essere disposti a intervenire in difesa della giunta militare che governa il Niger. In un comunicato congiunto i governi militari dei due paesi avevano scritto che «ogni intervento militare contro il Niger equivale a una dichiarazione di guerra contro il Burkina Faso e il Mali». Dopo il colpo di stato l’ECOWAS aveva anche imposto sul Niger una no-fly zone per tutti i voli commerciali (significa che i paesi dell’ECOWAS si riservavano il diritto di abbattere tutti gli aerei presenti sopra il Niger, cosa che però non è accaduta) e sanzioni economiche contro i membri della giunta militare.
Non è chiaro cosa succederà adesso. Per potersi muovere l’ECOWAS ha bisogno del consenso dei due terzi dei propri stati membri o dell’unanimità (a seconda dei casi, e non ci sono informazioni precise su come queste regole si applichino al caso dell’intervento in Niger). Negli ultimi giorni sono inoltre emerse alcune divisioni interne all’organizzazione rispetto all’opportunità di concretizzare le proprie minacce.
Sabato, alla vigilia della scadenza dell’ultimatum, il Senato della Nigeria, l’enorme e influente stato africano che al momento è a capo dell’ECOWAS, ha esortato il presidente Bola Tinubu a non intervenire militarmente in Niger e a valutare prima altre opzioni di risoluzione della crisi. La Costituzione nigeriana prevede che il Senato approvi ogni dispiegamento delle forze armate al di fuori del confini nazionali, salvo alcune eccezioni: per Tinubu reagire con decisione e durezza al colpo di stato in Niger potrebbe essere utile anche per ragioni elettorali interne alla sua presidenza della Nigeria, al di là dell’ECOWAS.
Oltre alla Nigeria anche l’Algeria e il Ciad, che non fanno però parte dell’ECOWAS, hanno espresso posizioni molto critiche sulla possibilità di un intervento militare in Niger, con parole anche più categoriche del Senato nigeriano: in un’intervista sempre di sabato, il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune ha detto che il suo paese «rifiuta categoricamente qualsiasi intervento militare».
Anche analisti interpellati dalla stampa hanno espresso perplessità sull’opportunità che l’ECOWAS avvii un intervento armato in Niger, come Cameron Hudson del programma Africa del Center for Strategic and International Studies, ascoltato da Al Jazeera. Secondo Hudson un intervento provocherebbe con molta probabilità una «violenza incontrollabile» in Niger, a danno della popolazione e in un paese che come altri nel Sahel è molto instabile.
Nel frattempo l’incertezza e l’instabilità politica provocate dal colpo di stato in Niger hanno già avuto conseguenze concrete sulla popolazione locale: a seguito delle sanzioni economiche imposte dall’ECOWAS sono aumentati i prezzi di molti prodotti alimentari e ci sono state interruzioni di corrente in diverse città dovute al blocco dei rifornimenti energetici da parte della Nigeria, con cui il Niger confina a sud.
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