La città cinese inondata per salvare Pechino
Dopo le forti alluvioni degli ultimi giorni parte delle acque è stata dirottata verso la vicina Zhuozhou, complicando una situazione già precaria
Da martedì la città di Zhuozhou, nella provincia cinese dell’Hebei e circa 60 chilometri a sudovest di Pechino, è inondata: dopo le forti alluvioni che hanno colpito il nord della Cina nell’ultima settimana, per cercare di limitare i danni nella capitale Pechino le autorità hanno deciso di dirottare parte delle acque verso alcune città meno popolose, come Zhuozhou, che però a loro volta erano già state colpite da intense piogge e tempeste.
Zhuozhou, che conta oltre 600mila abitanti, si è quindi ritrovata senza gas, elettricità e acqua potabile, e molti edifici sono stati circondati dalle acque, rendendo necessaria l’evacuazione dei residenti. Le squadre di soccorso sono arrivate solo mercoledì, quando sono riuscite a recuperare alcune barche per spostarsi tra le strade.
Come raccontato da vari giornali internazionali, in moltissimi edifici l’acqua è arrivata fino al secondo piano, e molte persone hanno dovuto lasciare la propria abitazione senza poter portare nulla con sé. Le squadre di soccorso hanno usato gommoni e vari tipi di imbarcazioni per raggiungere le persone rimaste bloccate negli edifici e portarle in salvo, e in queste ore stanno circolando molte foto piuttosto impressionanti degli abitanti di Zhuozhou che vengono trasportati per le vie inondate della città.
I funzionari locali hanno anche detto di non avere abbastanza imbarcazioni a disposizione per i soccorsi, perché negli ultimi giorni molte di quelle disponibili nella zona erano state usate a Pechino, dove erano stati necessari moltissimi interventi. Il New York Times ha raccontato che a Zhuozhou alcune centinaia di cani e gatti che si trovavano in rifugi per animali sono stati trascinati via dalle acque, e solo alcuni sono stati ritrovati. Una casa editrice che ha sede in città ha fatto sapere che le inondazioni hanno distrutto moltissimi suoi libri per un valore complessivo di oltre 3 milioni e mezzo di dollari (circa 3,2 milioni di euro).
Volunteer rescuers evacuated residents from inundated apartment buildings in China’s Zhuozhou city, which has been hit by historical flooding in the wake of Typhoon Doksuri https://t.co/h4AF9Gc4Jf pic.twitter.com/ERquXztORN
— Reuters (@Reuters) August 3, 2023
Nell’ultima settimana il nord della Cina è stato colpito dal tifone Doksuri: secondo l’Ufficio meteorologico di Pechino, tra il 29 luglio e il 2 agosto nella capitale sono caduti 745 millimetri di pioggia, il livello più elevato degli ultimi 140 anni. In sole quaranta ore, a Pechino è caduto l’equivalente delle precipitazioni medie di un intero mese di luglio. Le forti piogge hanno causato enormi danni a edifici e infrastrutture, bloccando la circolazione e complicando quindi le operazioni di soccorso. Almeno 127mila persone sono state evacuate a Pechino e quasi 850mila nella provincia di Hebei (che non comprende Pechino). Almeno 20 persone sono morte, 11 delle quali a Pechino.
Wang Weiluo, un ingegnere cinese che ora vive all’estero, ha detto alla BBC che il sistema cinese per la gestione delle alluvioni è stato progettato in modo che in caso di emergenza venga data la priorità alla salvaguardia delle città più importanti e popolose, come Pechino o Shanghai, a scapito delle aree rurali come l’Hebei. Il ministro cinese per le risorse idriche Li Guoying ha sottolineato l’importanza di proteggere alcune aree specifiche della capitale, citando come esempi l’aeroporto di Daxing e il nuovo distretto di Xiong’an, in costruzione dal 2017 e considerato fondamentale per lo sviluppo economico della città.
Anche il segretario del partito comunista per l’Hebei, Ni Yuefeng, ha difeso l’iniziativa del governo di dirottare parte delle acque cadute su Pechino verso le aree circostanti (già comunque interessate da fortissime piogge), affermando che queste dovrebbero «essere usate come un fossato per la capitale».
L’affermazione di Ni è circolata molto e ha ricevuto moltissime critiche, soprattutto sui social network (in Cina i giornali sono quasi tutti controllati dal governo). Ha espresso perplessità al riguardo persino Hu Xijin, ex direttore del Global Times, un tabloid collegato al Partito Comunista cinese e perciò fortemente filogovernativo: «Non dovremmo pensare di sacrificare qualcuno per proteggere qualcun altro, o di trattare un luogo come il fossato di un altro», ha scritto su un social network cinese. Un hashtag che criticava l’affermazione di Ni ha generato oltre 60 milioni di visualizzazioni, prima di essere censurato dalle autorità.
Anche gli abitanti locali si sono naturalmente molto lamentati dell’operazione, sostenendo di non essere stati avvisati per tempo e di non aver ricevuto abbastanza informazioni riguardo ai pericoli a cui sarebbero stati esposti. Le autorità di Zhuozhou hanno detto che le acque dovrebbero ritirarsi entro una settimana nelle aree più alte della città, ma in alcune zone potrebbero rimanere stagnanti per oltre un mese.
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