Mike Pence è cambiato
Da fedele vicepresidente durante il governo di Donald Trump è diventato suo malgrado uno dei testimoni più importanti dell'inchiesta sull'attacco al Congresso
Nell’inchiesta che ha portato martedì all’incriminazione dell’ex presidente Donald Trump per cospirazione contro gli Stati Uniti e contro i diritti dei cittadini hanno avuto un ruolo centrale la testimonianza e le ricostruzioni di Mike Pence, vicepresidente sotto Trump. Durante i quattro anni di governo di Trump, Pence è stato uno dei più fedeli sostenitori dell’ex presidente. Poi però, dopo le elezioni presidenziali del 2020 (quelle vinte da Joe Biden), il rapporto tra i due si è deteriorato.
Trump aveva chiesto infatti a Pence di aiutarlo a sovvertire il risultato del voto, ma Pence si era rifiutato ed era diventato uno degli obiettivi dei sostenitori di Trump che nel gennaio del 2021 fecero irruzione al Congresso degli Stati Uniti per tentare di bloccare il processo di certificazione della vittoria elettorale di Biden. In quell’occasione Pence si trovava dentro il Congresso e fu portato via dal Secret Service, l’agenzia governativa americana responsabile della sicurezza del presidente (da non confondere con i servizi segreti). Oggi Pence è candidato alla nomination repubblicana contro Trump, una situazione senza precedenti nella storia degli Stati Uniti, ed è considerato uno dei testimoni centrali nell’inchiesta legata all’assalto del 6 gennaio 2021, quella che ha portato all’incriminazione di Trump formalizzata mercoledì.
La campagna elettorale di Pence per diventare il candidato Repubblicano alle elezioni presidenziali del 2024 è iniziata in modo faticoso e poco convincente. Finora Pence non sembra avere voluto creare uno scontro diretto con Trump, che continua ad avere il più largo seguito tra gli elettori Repubblicani. Ha ribadito più volte il ruolo che ha avuto nella difesa della Costituzione, ma non si è mai soffermato troppo su quello che accadde durante l’attacco al Congresso. Ha detto di ritenere l’inchiesta in corso contro Trump eccessiva e non troppo solida, e si è limitato a descrivere l’ex presidente come un uomo «mal consigliato da una serie di avvocati» e in un certo senso vittima degli eventi, ma senza una reale volontà sovversiva.
Nei sondaggi sulle primarie Repubblicane non arriva al 5 per cento delle preferenze e al momento non è ancora riuscito a garantirsi un numero di donatori sufficiente per partecipare al primo dibattito televisivo fra i conservatori: per essere accettati bisogna aver ricevuto donazioni da 40.000 persone, la sua campagna ne ha ottenute al momento 30.000.
Il ruolo di Mike Pence durante tutto il mandato di Trump fu descritto come quello dell’«adulatore in capo»: il rapporto fra presidente e vicepresidente era totalmente sbilanciato a favore del primo. Pence non era solo fedele, ma spesso “appiattito” sulle posizioni estreme e ondivaghe di Trump, risultando per questo praticamente ininfluente. Le cose cambiarono dopo le elezioni del 2020. Secondo le 45 pagine del documento di incriminazione, Trump fece quattro diverse chiamate a Pence per convincerlo a interrompere la ratifica del risultato elettorale (una di queste chiamate fu fatta il giorno di Natale, un’altra il giorno di Capodanno). Pence doveva infatti presiedere la riunione del Congresso in cui sarebbe stato ratificato il risultato elettorale, cioè la vittoria di Biden.
Pence in tutti i casi ribadì di ritenere «di non avere l’autorità per farlo», prese note costanti dell’accaduto e delle pressioni ricevute. Di fronte ai suoi rifiuti Trump gli disse: «sei troppo onesto». Poi lo minacciò di attaccarlo pubblicamente, cosa che successivamente accadde («Non ha coraggio», disse in seguito Trump di Pence). I suoi sostenitori il 6 gennaio 2021 fecero irruzione al Congresso urlando slogan come «Impicchiamo Mike Pence».
La testimonianza di Pence durante l’inchiesta, pur non rivelando fatti totalmente sconosciuti, ha aggiunto molti dettagli e il resoconto di alcune telefonate a cui nessun altro testimone era presente. Secondo quanto riferito ai media statunitensi da uomini dello staff dell’ex vicepresidente, dopo il 6 gennaio del 2021 Trump e Pence si sarebbero incontrati una volta per un confronto che non avrebbe portato però ad alcun reale chiarimento. Da allora Trump e Pence non si sarebbero più parlati.
Oggi Pence continua a non attaccare direttamente Trump, sapendo che facendolo rischierebbe di scontentare molti elettori Repubblicani; ma anche Trump non ha fatto attacchi particolarmente duri contro Pence, che ritiene politicamente non pericoloso. Durante un evento elettorale tenuto in Indiana mercoledì, il giorno dopo l’incriminazione di Trump, Pence non ha voluto parlare del rivale, rispondendo solo in seguito alle domande dei giornalisti sul tema: «Chiunque si ponga al di sopra della Costituzione non dovrebbe mai essere il presidente. Chiunque chieda a qualcun altro di porsi al di sopra della Costituzione non dovrebbe essere di nuovo presidente».