L’incredibile successo delle Birkenstock
A lungo considerate solo ciabatte ortopediche di poco gusto, oggi si vedono ovunque e l'azienda va talmente bene che probabilmente si quoterà in borsa
Secondo alcune indiscrezioni riportate da Bloomberg l’azienda di scarpe Birkenstock potrebbe presto quotarsi in borsa, a Wall Street. Si parla di una valutazione dagli 8 ai 10 miliardi di dollari. È il doppio della cifra a cui fu venduta solo due anni fa alla società L Catterton: questa azienda fa capo alla multinazionale del settore del lusso LVMH, che ha deciso di puntare molto sul marchio Birkenstock con grossi investimenti.
È un traguardo enorme per un’azienda con una storia lunghissima che è cresciuta rapidamente in pochi anni, soprattutto grazie al successo di alcuni modelli diffusissimi sia in Europa che negli Stati Uniti, in alcuni casi al punto da diventare introvabili. Il successo di queste scarpe è particolarmente notevole se si pensa che fino a poco tempo fa erano considerate le scarpe brutte per eccellenza, mentre oggi si vedono in collaborazioni con marchi di lusso, addosso alle celebrità e nelle serie tv, e fanno ormai parte del gusto di chi vuole vestirsi seguendo la moda.
Le Birkenstock nascono in Germania come scarpe ortopediche e devono molta della loro fortuna alla passione molto diffusa in Germania per le lunghe camminate, per cui questo tipo di calzatura è particolarmente indicato quando fa caldo. Oggi sono trasversalmente apprezzate non solo per la loro comodità e praticità, ma anche per il loro aspetto, e soprattutto non vengono più associate soltanto all’abbigliamento estivo dei turisti tedeschi. Negli anni sono stati venduti modelli in edizioni limitate disegnate da personaggi famosi, e aziende di alta moda come Dior, Manolo Blahnik, Valentino, Celine e Givenchy le hanno reinventate utilizzando nuovi materiali e colori, ma mantenendo sempre la forma classica.
L’azienda tedesca che produce le Birkenstock ha una storia che comincia nel 1896, quando un artigiano di Francoforte, Konrad Birkenstock, aprì due negozi in città che vendevano sandali dalla soletta innovativa: al tempo le solette erano tipicamente piatte, mentre lui ebbe l’idea di creare un plantare sagomato che avvolgesse il piede assecondandone la forma.
All’inizio del ventesimo secolo, quando la produzione di scarpe cominciò a diventare sempre più industrializzata, sviluppò delle solette di gomma flessibile che potessero essere inserite all’interno di qualsiasi calzatura commerciale per creare un confortevole Fussbett, letteralmente un “letto per il piede”. La reputazione delle Birkenstock nell’ambito dell’ortopedia si affermò grazie alle solette di gomma e al figlio di Birkenstock, Carl, che cominciò a occuparsi dell’attività di famiglia fin da giovane, mentre da adulto scrisse numerosi trattati sulla salute del piede che contenevano disegni di piedi deformati da scarpe inadatte. Fu poi con l’arrivo del figlio di Carl, Karl Birkenstock, che negli anni Sessanta il marchio cominciò a produrre i sandali con il plantare di sughero per cui oggi è famoso.
La trasformazione di Birkenstock da produttore tedesco del settore ortopedico a marchio mondiale della moda non sarebbe probabilmente potuta avvenire senza Margot Fraser, una donna nata nel 1929, cresciuta a Berlino e diventata una sarta di successo a Brema. Nei primi anni sessanta Fraser aveva sposato un americano e si era trasferita nel nord della California; poiché aveva spesso i piedi doloranti, durante un viaggio in Germania nel 1966 acquistò un paio di Birkenstock del modello Madrid. Appena tornata negli Stati Uniti, contattò Karl Birkenstock per proporgli di importare lì le sue calzature.
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I commercianti di scarpe a cui Fraser propose le Birkenstock dissero che quel tipo di sandali non avrebbe mai venduto, così un suo amico le suggerì di aprire uno stand alla fiera dei cibi salutari di San Francisco. I primi clienti di Fraser furono proprio i titolari dei negozi di alimentari, che passavano tutto il giorno in piedi e che cominciarono a mettere in vendita le Birkenstock sui propri scaffali, accanto al muesli e alle vitamine. Il successo fu tale che i commercianti di scarpe la pregarono che li rifornisse dei sandali, come raccontò al New Yorker.
Da allora e per molti anni le Birkenstock sono state associate alla controcultura americana ed europea, e hanno avuto ciclicamente dei momenti di fama. Nel 1990 sulla rivista britannica The Face fu pubblicato un servizio di moda con protagonista Kate Moss, che allora era sconosciuta e che sarebbe diventata poco dopo una delle modelle più famose al mondo, e che viene ancora oggi ricordato per l’estetica sporca, imperfetta e realistica, oltre che per i riferimenti alla cultura underground che fino a quel momento erano rimasti fuori dalla moda delle riviste: tra le altre cose Moss indossava proprio un paio di Birkenstock. Nel 1992 poi lo stilista Marc Jacobs le usò per la famosissima sfilata della collezione grunge realizzata per Perry Ellis, insieme alle All Star della Converse e agli stivaletti Dr. Martens.
Le cose oggi sono un po’ diverse e le Birkenstock hanno in un certo senso smesso di essere delle scarpe particolari e alternative. Soprattutto alcuni modelli di Birkenstock, come il sabot Boston e il sandalo a due fasce Arizona, sono diventati estremamente popolari. Sono inclusi in quel gusto che molti definiscono ugly chic, ossia brutto eppure chic, che si inserisce in una tendenza più ampia verso scarpe comode, ingombranti e poco eleganti che piacciono proprio per il fatto di rappresentare in qualche modo una forma di rottura con gli standard del passato.
In un’intervista al New Yorker l’amministratore delegato Oliver Reichert disse che non importa quanto strana possa sembrare una Birkenstock al primo sguardo, bisogna indossarla per capire: «Devi provare a sopravvivere alla prima impressione visiva, ed è amore “a seconda vista”». Secondo Reichert il successo di questo tipo di calzature non è solo una moda passeggera, ma la conseguenza di un vero e proprio cambio culturale: per esempio che le donne hanno capito che molte delle scarpe che indossano le forzano a una postura scomoda e dannosa per la salute. La popolarità delle Birkenstock, sostiene Reichert, è dovuta al desiderio di tornare a una vita più naturale, che però non ha niente a che fare con i radicalismi ambientalisti, ma piuttosto con la consapevolezza che il corpo umano è fatto in un certo modo.
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Questo aspetto è sollevato anche da come si parla delle Birkenstock nel recente film Barbie – che contiene una serie di riflessioni su come è cambiata la consapevolezza della condizione e dell’estetica femminili – in cui a un certo punto la protagonista interpretata da Margot Robbie deve decidere se continuare a vivere nel mondo perfetto di Barbieland, rappresentato da una scarpa rosa col tacco alto, o se andare nel mondo reale, rappresentato dai sandali Arizona. La scelta va oltre il fattore estetico ed è legata al messaggio che le Birkenstock portano con sé: l’accettazione di un compromesso imperfetto ma autentico, di fronte agli standard eccessivi imposti dalla società.
Al grande successo recente ha sicuramente contribuito anche l’acquisto della società da parte del gruppo LVMH nel 2021, che ha dato una spinta al marchio grazie a grossi investimenti di carattere commerciale e pubblicitario.
Nel 2022 Birkenstock ha visto le entrate aumentare di quasi il 30 per cento e arrivare a circa 1,2 miliardi di euro, con profitti per 394 milioni. Le vendite sono state talmente elevate e sorprendenti da cogliere l’azienda impreparata: per esempio, la grande popolarità delle Boston scamosciate su Instagram e TikTok lo scorso autunno le ha rese sostanzialmente introvabili a New York.
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Molti attribuiscono l’aumento della popolarità delle Birkenstock anche al fatto che sono comparse in alcune serie tv e film di grande successo. Per esempio dopo l’uscita di Barbie sono aumentate tantissimo le ricerche online di prodotti Birkenstock. Tra le uscite recenti poi si vedono anche nella serie tv The Bear, che è stata molto apprezzata e che racconta il lavoro in un ristorante in crisi di Chicago in cui i dipendenti indossano il modello Tokio, che ha la forma di un sabot che si allaccia dietro il tallone.