Migliaia di manifestanti si sono radunati davanti all’ambasciata francese in Niger
Inneggiando ai golpisti, a Putin e alla Russia: hanno dato fuoco a un ingresso, poi sono stati allontanati
Migliaia di persone si sono radunate davanti all’ambasciata francese di Niamey, la capitale del Niger, per manifestare in sostegno dei soldati della Guardia presidenziale, autori del colpo di stato avvenuto nel paese questa settimana. I manifestanti hanno marciato per la città e poi sono arrivati all’ambasciata, cantando cori in favore dei golpisti, della Russia e del presidente russo Vladimir Putin. Molti di loro sventolavano bandiere russe e nigerine. Arrivati all’ambasciata, i manifestanti hanno staccato la targa dell’edificio e l’hanno sostituita con le bandiere della Russia e del Niger. Poi, scrive l’agenzia di stampa Associated Press, qualcuno di loro ha dato fuoco a un ingresso dell’ambasciata. Infine è intervenuto l’esercito, che ha disperso la folla con i lacrimogeni.
Il presidente francese Emmanuel Macron ha detto che non verrà tollerato «alcun attacco contro la Francia e i suoi interessi» in Niger. «Chiunque attacchi i cittadini francesi, l’esercito, i diplomatici e il diritto di passaggio vedrà la Francia rispondere immediatamente e senza mezzi termini», ha aggiunto.
Sempre domenica i leader dei paesi che fanno parte dell’ECOWAS (Comunità economica degli stati dell’Africa Occidentale) hanno invece tenuto una riunione di emergenza ad Abuja, in Nigeria. Al termine dell’incontro hanno diffuso un comunicato in cui dichiarano l’intenzione di procedere «con ogni mezzo necessario, compreso un intervento armato» per ristabilire l’ordine democratico in Niger. L’organizzazione ha deciso il divieto di voli commerciali nello spazio aereo del Niger, la chiusura di tutti i confini con il paese e immediate sanzioni finanziarie nei confronti della giunta militare che ha preso il potere. Il documento poi indica una sorta di ultimatum di sette giorni: entro quella data il presidente destituito Mohamed Bazoum dovrà essere liberato e dovrà poter tornare a esercitare il potere, altrimenti verranno messe in atto nuove misure, che potrebbero comprendere «l’uso della forza». Il documento è stato firmato da undici dei quindici paesi che fanno parte dell’ECOWAS: Benin, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Ghana, Guinea-Bissau, Liberia, Nigeria, Senegal, Sierra Leone e Togo.
Il Niger si trova nell’Africa nord-occidentale, ha 25 milioni di abitanti e fa parte della regione subsahariana del Sahel, storicamente un’area molto instabile sia a causa di un durissimo regime coloniale mantenuto fino agli inizi del Novecento dalla Francia, sia per via della presenza e delle attività di gruppi jihadisti, alcuni dei quali affiliati allo Stato Islamico o ad al Qaida. Era rimasto uno dei pochi paesi dell’area ancora governati da un presidente vicino ai governi occidentali fino al golpe di pochi giorni fa, guidato dal generale Abdourahmane Tchiani, il capo della Guardia presidenziale del Niger.
Il colpo di stato era stato pianificato e attuato proprio dalla Guardia presidenziale, un’influente unità d’élite dell’esercito, che secondo alcuni analisti il presidente nigerino Mohamed Bazoum cercava da tempo di indebolire. I militari hanno arrestato e deposto Bazoum, eletto democraticamente nel 2021, motivando il golpe con la necessità di porre rimedio a una serie di problemi di sicurezza, economici e di corruzione nel paese. In un secondo momento Tchiani si è autoproclamato nuovo leader.
Nel frattempo la situazione nel paese è ancora confusa, parte della popolazione appoggia il colpo di stato e c’è una certa preoccupazione per cosa potrà accadere nei prossimi tempi. Negli ultimi anni altri colpi di stato militari nei paesi dell’Africa occidentale, tra cui il Mali, sono stati favoriti dalla presenza del gruppo Wagner, la compagnia di mercenari russa a lungo impegnata nella guerra in Ucraina. In alcune situazioni l’appoggio del gruppo Wagner ai paesi africani è stato diretto, con addestramenti e fornitura di armi, in altre si è limitato a prospettare un futuro sostegno economico.
A causa del colpo di stato, l’Alto rappresentante per gli affari esteri europei, Josep Borrell, ha annunciato la «cessazione immediata degli aiuti economici» destinati al paese, così come ha fatto anche la Francia.
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