Il capo della Guardia presidenziale del Niger si è autoproclamato leader del paese
Omar Tchiani è considerato l'ideatore del colpo di stato con cui è stato deposto il presidente Bazoum
Venerdì il generale Abdourahmane Tchiani, il capo della Guardia presidenziale del Niger noto anche come Omar Tchiani, si è autoproclamato nuovo leader del Niger dopo il colpo di stato con cui mercoledì era stato deposto il presidente in carica Mohamed Bazoum, democraticamente eletto due anni fa. Il colpo di stato era stato pianificato e attuato proprio dalla Guardia presidenziale, un’influente unità d’élite dell’esercito di cui Bazoum, secondo alcuni analisti, cercava da tempo di ridurre l’influenza, inimicandoselo.
Tchiani si è autoproclamato leader del Niger in un discorso televisivo, dopo quasi due giorni di forti incertezze su come sarebbe evoluta la situazione e su chi avrebbe assunto la guida del paese. Ha motivato il colpo di stato con la necessità di porre rimedio a una serie di problemi del paese, di sicurezza, economici e di corruzione. Nel frattempo Bazoum è ancora in stato d’arresto e i confini di terra del Niger sono ancora chiusi, come annunciato dalla Guardia presidenziale la sera in cui è stato attuato il colpo di stato.
Tchiani guida la Guardia presidenziale dal 2011 ed era stato promosso al grado di generale nel 2018, dal precedente presidente Mahamadou Issoufou. Il suo annuncio ha dato un primo segnale concreto sulla gestione del potere all’interno della giunta che ha deposto Bazoum (finora si era parlato di una generica gestione del potere affidata «alle forze di sicurezza), ma c’è ancora molta confusione su quello che è successo e sugli sviluppi che ci saranno nei prossimi giorni nel paese.
Le incognite riguardano anzitutto i rapporti che Tchiani stabilirà con l’esercito regolare del paese. Finora l’esercito si era sempre dichiarato leale a Bazoum, tanto che alcune persone che avevano parlato con lui la sera del colpo di stato avevano riferito della sua speranza che l’esercito venisse in suo soccorso, obbligando i soldati rivoltosi a desistere.
Ma giovedì, in modo piuttosto inaspettato, il capo dell’esercito del Niger, il generale Abdou Sidikou Issa, ha annunciato che l’esercito regolare aveva deciso di sostenere il colpo di stato. Issa ha motivato la propria posizione con la necessità di «evitare un bagno di sangue» tra le diverse forze armate del paese, senza aggiungere altro. Non è chiaro come concretamente prenderà forma il sostegno dell’esercito regolare al colpo di stato, se verrà formalizzata una qualche collaborazione con Tchiani e la Guardia presidenziale e di che tipo.
Nel frattempo in Niger ci sono state manifestazioni sia da parte dei sostenitori del golpe che di Bazoum. Giovedì alcuni dei manifestanti favorevoli al colpo di stato hanno saccheggiato e dato fuoco alla sede del partito di governo nella capitale Niamey. I sostenitori di Bazoum sono invece scesi nelle strade a protestare, prima di essere dispersi a colpi di arma da fuoco dalla Guardia presidenziale. Per ora c’è stato un ferito.
Il Niger si trova nell’Africa nord-occidentale, ha circa 25 milioni di abitanti e fa parte della regione subsahariana del Sahel, molto instabile a causa della presenza e delle attività di gruppi jihadisti, alcuni dei quali affiliati allo Stato Islamico o ad al Qaida. Il colpo di stato in Niger è il settimo in un paese dell’Africa centrale e occidentale dal 2020: i più recenti sono stati in Mali e in Burkina Faso, da cui si sono progressivamente ritirate le forze militari occidentali impegnate nel contrasto al terrorismo jihadista (nei due paesi ha nel frattempo guadagnato sempre più influenza la Russia grazie alla presenza dei mercenari del gruppo Wagner).
Il Niger era rimasto uno dei pochi paesi ancora governati da un presidente vicino ai governi occidentali, ed era considerato per questo una specie di «ultima speranza dell’Occidente» per il contrasto al jihadismo in quella parte di Africa. Peter Pham, ex funzionario statunitense attivo nel Sahel, ha detto al Financial Times che la deposizione di Bazoum «mette a rischio l’intera strategia statunitense e francese per combattere il jihadismo nel Sahel».
Gli Stati Uniti stanno ancora valutando se considerare quanto successo in Niger a tutti gli effetti un colpo di stato: se così fosse, scrive il Washington Post, dovrebbero sospendere tutte le collaborazioni militari nella zona: altri paesi, come la Francia, potrebbero fare lo stesso.