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  • Giovedì 27 luglio 2023

L’operazione per svuotare la petroliera abbandonata al largo dello Yemen

La FSO Safer fu abbandonata nel 2015 a causa della guerra civile, ora è iniziato il trasferimento del petrolio su una nave dell'ONU

(EPA/YAHYA ARHAB via ANSA)
(EPA/YAHYA ARHAB via ANSA)
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Nel mar Rosso, a pochi chilometri dalla costa dello Yemen, è iniziata dopo mesi di trattative una complessa operazione per rimuovere 1,1 milioni di barili di petrolio dalla FSO Safer, una petroliera ormeggiata e abbandonata in mare nel 2015 a causa della guerra civile yemenita. La petroliera è malmessa e parzialmente corrosa dall’acqua marina, con rischi di esplosioni, incendi e affondamenti. Se andrà a buon fine, l’operazione servirà a evitare un potenziale disastro ambientale: la FSO Safer si trova nel mezzo di una serie di ricchi ecosistemi marini che la fuoriuscita di petrolio rischierebbe di distruggere.

La petroliera abbandonata è lunga oltre 300 metri e fu costruita nel 1976 in Giappone. Fu poi venduta al governo yemenita negli anni Ottanta per immagazzinare il petrolio destinato all’esportazione. Per anni sulla FSO Safer lavorarono molte persone, anche provenienti dall’estero.

La petroliera fu abbandonata nel 2015, quando i ribelli Houthi presero il controllo di una parte della costa: gli Houthi sono milizie sciite sostenute dall’Iran che dal 2014 combattono una guerra contro il governo yemenita, sostenuto da una coalizione di stati arabi guidati dall’Arabia Saudita. Una volta preso il controllo della costa, gli Houthi interruppero gli investimenti destinati alla manutenzione della petroliera, che dal 2017 è senza carburante e le cui condizioni sono progressivamente peggiorate.

La FSO Safer si trova nel mezzo di una serie di riserve naturali ed ecosistemi preziosi per la loro biodiversità: le isole Farasan, ma anche le isole Dahlak e il parco nazionale Asir, sulla costa dell’Arabia Saudita. Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature nel 2021 aveva ipotizzato le conseguenze del possibile versamento in mare del petrolio contenuto nella petroliera: secondo lo studio, nel giro di tre settimane il petrolio potrebbe diffondersi in tutto il golfo di Aden, rendendolo inagibile. Dal golfo e dallo stretto Bab el-Mandeb passano ogni anno circa 17mila imbarcazioni e navi cargo: oltre all’enorme danno ambientale ci sarebbero quindi anche grosse conseguenze sui commerci e i traffici marittimi in quella zona.

Il versamento in mare del petrolio potrebbe inoltre portare alla contaminazione e alla potenziale chiusura dei vari impianti di desalinizzazione che si trovano sulle coste di Yemen, Arabia Saudita ed Eritrea, e che permettono a quasi 2 milioni di persone complessivamente di bere acqua potabile. Rischierebbero la chiusura anche una serie di porti utilizzati per importare sulla terraferma cibo e altre risorse primarie.

I tentativi di raggiungere la FSO Safer per svuotarla del petrolio vanno avanti da anni. Finora gli Houthi si erano sempre opposti e avevano impedito a organizzazioni e governi esteri di accedere alla petroliera, forse per avere una leva con cui ottenere concessioni in un eventuale processo di pace, o forse per scoraggiare eventuali attacchi via mare. Il rischio che esploda rende la petroliera una specie di «bomba galleggiante», secondo funzionari di governi esteri ascoltati dal Wall Street Journal che nel tempo hanno tentato di mettersi d’accordo con gli Houthi per svuotarla. A loro volta gli Houthi hanno accusato i governi esteri di usare lo svuotamento come scusa per pianificare un’operazione militare nell’area.

L’operazione appena iniziata nel mar Rosso è il risultato di un accordo raggiunto a marzo del 2022 tra gli Houthi e le Nazioni Unite, che ha acquistato la nave cisterna con cui verrà svolto lo svuotamento della FSO Safer.

L’accordo è stato trovato dopo lunghe e delicate operazioni diplomatiche, facilitate anche da una cauta distensione della situazione in Yemen: ci sono stati scambi di prigionieri tra l’Arabia Saudita e gli Houthi e alcuni incontri diplomatici svolti con la mediazione di funzionari dell’Oman, che confina sia con Yemen che con Arabia Saudita. Alla distensione ha probabilmente contribuito il fatto che nel frattempo, lo scorso marzo, Arabia Saudita e Iran hanno ristabilito le loro relazioni diplomatiche dopo sette anni, in un accordo considerato per molti versi storico.

– Leggi anche: C’è un po’ di speranza per un accordo di pace in Yemen

La situazione si è sbloccata definitivamente con l’intervento di Fahem Group, un’azienda yemenita che importa grano attraverso il porto di Hodeidah, e con cui gli Houthi hanno accettato di dialogare. Fathi Fahem, il capo dell’azienda, ha detto al Wall Street Journal che in una serie di colloqui la sua azienda è riuscita a far capire agli Houthi che il versamento in mare del petrolio contenuto nella FSO Saver avrebbe danneggiato anche loro, per esempio impedendogli di sfruttare l’industria della pesca o i porti per esportare beni e risorse all’estero.

Il Gruppo Fahem ha anche organizzato un incontro nella capitale dello Yemen, Sana’a, tra gli Houthi e la SMIT Salvage, una filiale della società olandese di costruzione e manutenzione marittima Boskalis, attualmente impegnata nell’operazione di svuotamento della petroliera, coordinata dalle Nazioni Unite.

L’accordo raggiunto a marzo del 2022 tra Houthi e Nazioni Unite prevedeva che nei 18 mesi successivi iniziasse l’operazione. Lo scorso maggio un gruppo di 65 persone è andato in spedizione sulla petroliera per fare una serie di verifiche e valutazioni tecniche su come procedere con lo svuotamento.

Sono state controllate valvole e tubazioni della petroliera per capire quali impianti fossero utilizzabili per pompare il petrolio all’esterno, ed è stato pompato gas inerte nei serbatoi per ridurre il rischio di incendi ed esplosioni: la presenza di gas inerte è necessaria per motivi di sicurezza, e viene normalmente garantita dai sistemi di bordo, che però in questo caso sono inattivi da anni. Sono state anche ispezionate le condizioni esterne della nave con alcune immersioni, per verificare che reggesse l’eventuale trasferimento del petrolio senza rompersi.

Concretamente l’operazione prevede che la FSO Safer venga affiancata da una nave cisterna molto grossa, la Nautica, acquistata dalle Nazioni Unite, e che i serbatoi delle due navi siano collegati da grosse pompe con le quale verrà trasferito il petrolio. Poi la Nautica sarà trasferita in un punto in cui verrà legata a una boa rinforzata e ancorata al fondo del mare, per rimanere lì, con la funzione che aveva la FSO Safer, quella di unità di stoccaggio di petrolio galleggiante.

In tutto si stima che l’operazione costerà l’equivalente di quasi 130 milioni di euro. Finora le Nazioni Unite sono riuscite a raccoglierne quasi 110 da un gruppo di circa 20 paesi, tra cui Arabia Saudita, Paesi Bassi, Germania, Stati Uniti, oltre all’Associazione internazionale dei produttori di petrolio e gas e ad alcuni donatori privati.

Dopo essere stata svuotata, la FSO Safer dovrà essere ripulita, rimorchiata e venduta come rottame, evitando così sia la dispersione del petrolio che il suo affondamento.

L’operazione dovrebbe durare complessivamente due settimane, ma il rischio che qualcosa vada storto è piuttosto alto. La petroliera è particolarmente malmessa, molti tubi e molte valvole sono ormai corrose dall’acqua marina, e i sistemi di sicurezza sono spenti da anni. La petroliera potrebbe facilmente rompersi durante le operazioni o esplodere, rovesciando in mare il petrolio.