L’armistizio fra le due Coree dura da 70 anni
Fu firmato il 27 luglio del 1953 nel paesino di Panmunjom dopo 158 incontri e due anni di negoziati: mise fine alla guerra ma non fu mai seguito da un trattato di pace
Panmunjom è un paesino sul confine fra Corea del Sud e Corea del Nord all’interno della Joint Security Area (JSA, traducibile in “Area di sicurezza congiunta”), una zona dove gli eserciti delle due Coree si trovano a pochi metri di distanza l’uno dall’altro e sorvegliano un breve tratto di confine non recintato e reso visibile soltanto da un muretto alto pochi centimetri. Panmunjom ospita un piccolo complesso di edifici azzurri (colore dell’ONU), tagliati a metà dal confine, chiamato oggi “villaggio dell’armistizio” o “villaggio della pace”. Il 27 luglio del 1953, settanta anni fa, nel principale di quegli edifici fu firmato l’armistizio che mise fine ai tre anni della guerra di Corea.
Quell’armistizio ebbe due particolarità: non fu mai seguito da un trattato di pace, motivo per cui Corea del Sud e Corea del Nord sono ancora formalmente in guerra, e arrivò dopo 158 incontri e due anni di negoziati, i più lunghi da secoli.
Il lato sudcoreano di Panmunjom è oggi visitabile, gli edifici in cui sono stati discussi gli accordi sono ancora in piedi, così come è presente il tavolo dove sono stati firmati, a sua volta perfettamente diviso a metà, una parte in Corea del Nord l’altra in Corea del Sud. La Joint Security Area è il luogo dove il soldato americano Travis King ha attraversato il confine prima di essere probabilmente arrestato in Corea del Nord, il 18 luglio scorso.
La Repubblica Popolare Democratica di Corea (nome ufficiale del Nord) festeggia il 27 luglio il “Giorno della vittoria nella grande guerra di liberazione della patria”: la propaganda del regime ha trasformato in una grande vittoria quell’armistizio che riportava di fatto i due paesi alla situazione pre-guerra.
La penisola coreana fu occupata dal Giappone nel 1910, ma durante la Seconda guerra mondiale fu liberata dall’Unione Sovietica, che la invase da nord, e dagli Stati Uniti, che invece sbarcarono a sud: le due potenze si divisero il paese stabilendo ciascuna la propria area di influenza seguendo il confine artificiale costituito dal 38° parallelo, in quella che doveva essere una soluzione temporanea. I sovietici affidarono il governo del Nord a Kim Il-sung, nonno dell’attuale leader Kim Jong-un e fondatore della “dinastia” di dittatori nordcoreani, mentre nel Sud il governo statunitense appoggiò Syngman Rhee, che iniziò da presidente e poi concentrò i poteri in una deriva autocratica.
La guerra di Corea cominciò nel 1950, quando la Repubblica Democratica Popolare di Corea invase la Repubblica di Corea (la Corea del Sud). Il grosso degli scontri armati durò circa un anno, tra il giugno del 1950 e il giugno del 1951, e fu piuttosto sanguinoso.
L’esercito nordcoreano occupò inizialmente buona parte del territorio del Sud prima che le Nazioni Unite decidessero di autorizzare un intervento militare in difesa del governo sudcoreano. L’Unione Sovietica in quel momento non sedeva nel Consiglio di sicurezza dell’ONU (dove aveva il potere di veto insieme ad altri quattro paesi vincitori della Seconda guerra mondiale) per protestare contro l’esclusione della Cina Popolare dalle Nazioni Unite: senza il pericolo di un veto sovietico, l’ONU poté decidere una risposta e approvare un intervento in difesa del Sud.
Con l’appoggio dell’esercito americano e delle forze ONU, il Sud ricacciò indietro gli invasori e sfondò fino quasi a occupare tutto il Nord. A quel punto entrò in guerra anche la Cina (e con un ruolo minore l’Unione Sovietica, che mandò soprattutto armi): dopo molti rivolgimenti furono ristabiliti grossomodo i confini di prima della guerra, e il confine tra le due Coree fu ripristinato dov’è tuttora, una linea orizzontale lunga 248 chilometri che corre in larga parte qualche chilometro a nord del 38esimo parallelo. È la “linea Kansas”, frutto di un’ultima offensiva vincente dell’esercito americano.
I negoziati cominciarono il 10 luglio del 1951 a Kaesong, una delle città più meridionali della Corea del Nord: gli incontri furono lenti, faticosi e interrotti da lunghi intervalli. A fine agosto i nordcoreani denunciarono che la città sede dei negoziati era stata bombardata dalle forze ONU: portarono anche delle prove, che però sembravano contraffatte. Il risultato fu un’interruzione dei negoziati per sei mesi e lo spostamento della sede in un territorio neutrale, a Panmunjom. Il piccolo paese in realtà si trovava qualche chilometro nel territorio controllato dal Nord, ma fu istituita un’area che sarebbe stata sotto sorveglianza congiunta, com’è tuttora.
Ai negoziati partecipavano due generali americani, William K. Harrison e Mark W. Clark in rappresentanza delle forze delle Nazioni Unite, il leader coreano Kim Il-sung e il suo generale Nam Il, e il comandante militare Peng Dehuai per l’esercito di “volontari” cinesi. Le trattative si bloccarono presto, principalmente su due questioni: il confine e i prigionieri. Cina e Corea del Nord volevano il 38° parallelo come confine definitivo, le Nazioni Unite puntavano alla linea Kansas, che fu infine accettata, quasi due anni dopo. Un normale scambio dei prigionieri era complicato dal fatto che una quota importante dei 15omila nordcoreani rifiutava di essere rimpatriata, preferendo restare al Sud.
Fu creata una commissione neutrale, ma la situazione si sbloccò veramente solo in seguito alla morte del leader sovietico Josip Stalin: i suoi successori già due settimane dopo scrissero un documento in cui l’URSS auspicava una rapida soluzione delle trattative.
Il 27 luglio fu infine firmato l’armistizio, che è un documento puramente militare e che impegnava i due paesi a iniziare vere trattative di pace entro tre mesi. A 22mila prigionieri nordcoreani fu concesso di rifiutare il rimpatrio, 327 sudcoreani, 21 americani e un britannico fecero lo stesso sull’altro fronte (americani e britannici chiesero di rimanere in Cina).
L’accordo di armistizio portò anche alla creazione di una Zona demilitarizzata, cioè una striscia di terra di due chilometri a nord e a sud del confine dalla quale gli eserciti dei due paesi si ritirarono (è dunque larga quattro chilometri e lunga tanto quanto il confine). A dispetto del nome, la Zona demilitarizzata è una delle aree più militarizzate al mondo: è piena di mine e circondata da recinzioni elettrificate e filo spinato, ci sono telecamere di sorveglianza e guardie armate 24 ore su 24. Secondo gli accordi iniziali, nella Joint Security Area potevano invece rimanere soltanto 35 soldati per parte, armati con una singola pistola ciascuno o con fucili non automatici.
Il paragrafo 13 dell’armistizio prevedeva inoltre che nella penisola coreana non potesse essere introdotta alcuna nuova arma, se non in sostituzione di un’altra precedentemente presente. Gli Stati Uniti si ritirarono unilateralmente da questa parte del trattato nel settembre 1956, quando annunciarono l’intenzione di portare armi tattiche nucleari in Corea del Sud, denunciando violazioni dell’accordo da parte dei nordcoreani.
Prima, nove mesi dopo l’armistizio (nell’aprile 1954, quindi tre in ritardo rispetto agli impegni presi nell’armistizio) una conferenza di pace fra le due Coree si tenne a Ginevra, in Svizzera: erano presenti anche rappresentanti di Stati Uniti, Unione Sovietica, Francia e Cina, ma non fu firmato alcun trattato o impegno. La Corea del Nord ha invece più volte annunciato il proprio ritiro dall’armistizio, nel 1994, 1996, 2003, 2006, 2009 e 2013.
Panmunjom è tornata al centro delle trattative nell’aprile del 2018, quando al termine di uno storico incontro il dittatore della Corea del Nord, Kim Jong-un, e il presidente sudcoreano, Moon Jae-in, firmarono una dichiarazione di intenti comune, che prevedeva di formalizzare la fine della guerra tra le due Coree e un programma di denuclearizzazione. Cinque anni dopo però quella dichiarazione non ha avuto seguito.
– Leggi anche: Che posto è la “Joint Security Area” tra le due Coree