Tredici, un nuovo podcast del Post
La peggiore strage nelle carceri italiane del dopoguerra, avvenuta nel marzo 2020, raccontata da Luigi Mastrodonato
Quello che succede nelle carceri nella maggior parte dei casi è destinato a rimanere nelle carceri. Si sa poco o nulla della quotidianità dei detenuti, delle grandi e piccole torture a cui sono sottoposti quotidianamente, di quanto soffocante sia la loro vita in cella. Il carcere è da sempre un luogo altro, lontano, in cui i pochi diritti e le poche libertà dei detenuti sono troppo spesso messe in discussione.
Nel marzo del 2020, in un momento molto particolare in cui l’attenzione generale era completamente rivolta all’emergenza coronavirus, nel giro di 72 ore morirono tredici detenuti, in tre diverse carceri italiane: nove di loro erano detenuti del carcere di Modena, tre nel carcere di Rieti, uno nel carcere di Bologna. Si chiamavano Slim Agrebi, Erial Ahmadi, Ali Bakili, Hafedh Chouchane, Ghazi Hadidi, Artur Iuzu, Lotfi Ben Mesmia, Salvatore Piscitelli, Abdellah Rouan, Carlo Samir Perez Alvarez, Marco Boattini, Ante Culic e Haitem Kedri.
Tredici, il podcast scritto e raccontato da Luigi Mastrodonato, racconta come le carceri italiane arrivavano a marzo 2020 in uno stato già molto precario, come denunciato pochi mesi prima dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura, un organo parte del Consiglio d’Europa. La pandemia e la paura che ne è conseguita hanno di fatto peggiorato la situazione: per evitare i contagi si sono ulteriormente ristrette le già risicate libertà disponibili, con la sospensione dei colloqui con i familiari in presenza, dei permessi di lavoro e di quelli premio, e in alcuni casi anche delle telefonate.
L’introduzione di queste limitazioni, la mancanza di una comunicazione chiara rispetto ai rischi causati dal virus, la consapevolezza di vivere in posti estremamente sovraffollati in un momento in cui era imposto il distanziamento fisico hanno scatenato rivolte in decine di istituti italiani. Con un elemento comune: l’assalto alle infermerie da parte dei detenuti per depredare il metadone, un oppioide usato per ridurre l’assuefazione nella terapia sostitutiva della dipendenza da stupefacenti. In pratica, il farmaco usato per disintossicarsi. I tredici detenuti sono morti proprio così, per overdose da metadone. Una versione data per buona dalle istituzioni sin dalle prime ore, ma su cui con il passare del tempo si sono accumulati i dubbi.
Questa è una storia di cose dette e non dette, di documenti giudiziari che sostengono una cosa e di fascicoli sanitari che ne certificano altre, di testimonianze che si contraddicono. Una storia dove tanti elementi non tornano sui tempi dei soccorsi, sulle perquisizioni, sui segni delle violenze e sul modo in cui sono state condotte le autopsie. Una storia di tredici persone morte nel silenzio e di cui per settimane nemmeno si è saputo il nome. Una storia di cui probabilmente molti di voi non avranno mai sentito parlare, perché i detenuti sono fantasmi tanto da vivi quanto da morti. Una storia che scatta una fotografia terribile dello stato delle carceri italiane.
La storia della peggiore strage nelle carceri italiane del dopoguerra è raccontata da Luigi Mastrodonato in un podcast di cinque puntate, disponibili da oggi, 26 luglio. Si chiama Tredici come tredici sono i detenuti morti in circostanze mai del tutto chiarite tra l’8 e l’11 marzo 2020. È prodotto dal Post e si può ascoltare gratuitamente sull’app del Post (scaricala qui) ma anche sulle principali piattaforme di podcast, come Spotify e Apple Podcasts. Di seguito il trailer.