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  • Martedì 25 luglio 2023

L’opposizione in Zimbabwe ha speranze di vincere alle prossime elezioni

Anche se si temono brogli, è la prima volta in 45 anni che un partito diverso da ZANU-PF ha la possibilità di ottenere la presidenza

L'attuale presidente dello Zimbabwe Emmerson Mnangagwa (AP Photo/Tsvangirayi Mukwazhi)
L'attuale presidente dello Zimbabwe Emmerson Mnangagwa (AP Photo/Tsvangirayi Mukwazhi)
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Il 23 agosto, tra poco meno di un mese, si svolgeranno in Zimbabwe le elezioni per eleggere il presidente e rinnovare il parlamento. Dal 1980 a oggi lo Zimbabwe è sempre stato governato dallo stesso partito: l’Unione Nazionale Africana di Zimbabwe – Fronte Patriottico (ZANU-PF), che fino al 2017 è stato il partito del dittatore Robert Mugabe e negli ultimi cinque anni del suo successore, Emmerson Mnangagwa.

Alle elezioni di quest’anno, però, in parte a causa della crisi economica del paese, i partiti dell’opposizione sono più competitivi, e per la prima volta in quasi 45 anni hanno una possibilità concreta di ottenere la presidenza. Esponenti della società civile, membri dell’opposizione e osservatori esterni però dubitano che le elezioni possano svolgersi regolarmente, e temono che brogli e irregolarità da parte di ZANU-PF annullino le possibilità dell’opposizione di vincere.

I candidati alla presidenza sono undici. Si è ricandidato il presidente uscente Mnangagwa, che ha 80 anni e sembra essere il favorito. Il principale esponente dell’opposizione è Nelson Chamisa, che ha 45 anni ed è il leader del partito CCC (Citizens Coalition for Change), fondato nel 2022.

Secondo un sondaggio fatto da Elite Africa Research e pubblicato dal quotidiano sudafricano Daily Maverick, il 47,6 per cento degli intervistati a giugno 2023 ha detto che avrebbe votato per Chamisa, contro il 38,7 per cento dei potenziali elettori di Mnangagwa. È una percentuale che deve essere presa con una certa cautela: i sondaggi nel paese non sono ritenuti particolarmente affidabili. Inoltre in Zimbabwe il corretto svolgimento del processo elettorale continua a essere contestato e il regime autoritario limita la libertà di espressione cittadini.

Negli ultimi mesi i candidati dei partiti di opposizione, in particolare Chamisa del CCC, hanno denunciato un aumento dei casi di intimidazioni e violenze da parte del partito ZANU-PF. Secondo l’ultimo rapporto annuale 2023 di Freedom House (ong americana che analizza i processi elettorali, la partecipazione e la libertà di espressione di ogni paese), il partito di Mnangagwa ha un forte controllo sui media e sulla Commissione elettorale dello Zimbabwe, cioè l’ente che gestisce e supervisiona le elezioni.

Il partito CCC sembra essere sostenuto principalmente nelle aree urbane, spesso dalle fasce più giovani della popolazione, a differenza di ZANU-PF che ha un sostegno consolidato nelle zone rurali del paese, le più rilevanti in termini di numero di voti.

La Repubblica dello Zimbabwe è un paese dell’Africa meridionale con circa 16 milioni di abitanti. Ha ottenuto l’indipendenza dal regime coloniale britannico nel 1980, dopo quasi un secolo di occupazione. Tra i movimenti che aveva lottato per l’indipendenza c’era ZANU-PF, partito antimperialista di orientamento filosovietico guidato Robert Mugabe che fu eletto primo ministro nel 1980 e poi presidente nel 1987. Nei 37 anni in cui rimase al potere Mugabe si allontanò dall’ideologia marxista, impose un modello di governo autoritario e consolidò il suo potere con la repressione.

Nel 2017 si dimise forzatamente all’età di 93 anni dopo un colpo di stato non violento organizzato da Mnangagwa (allora vicepresidente e capo dei servizi di sicurezza) e appoggiato dai militari. Alle elezioni dell’anno successivo, che furono definite le prime elezioni democratiche del paese, Mnangagwa fu ufficialmente eletto con il 50,8 per cento dei voti, superando di poco la soglia del 50 per cento, necessaria per non andare al ballottaggio. I risultati furono in realtà contestati dall’opposizione che denunciò brogli e organizzò manifestazioni in piazza, represse con la violenza dalla polizia.

Secondo un sondaggio promosso da Elite Africa Research quasi il 70 per cento dei cittadini intervistati è critico sulla gestione politica ed economica del paese. Lo Zimbabwe è uno dei paesi con i tassi di inflazione più alti al mondo. Dall’inizio dell’anno i prezzi sono aumentati dell’86,5 per cento e la valuta (dollaro dello Zimbabwe) è sempre più instabile: solo nell’ultimo mese ha perso oltre il 50 per cento del suo valore rispetto al dollaro americano. Ci sono frequenti interruzioni di energia elettrica e problemi nell’approvvigionamento idrico. La disoccupazione è in aumento e i tassi di corruzione sono molto alti.

Mnangagwa ha descritto le elezioni di quest’anno come l’espressione di una «democrazia matura». Ma la libera partecipazione alle elezioni sembra essere ostacolata da misure adottate dal governo per limitare l’impegno politico e la libertà di espressione. Il costo per candidarsi alla presidenza è passato da 1.000 dollari nel 2018 a 20mila dollari nel 2023. Linda Masarira – l’unica candidata alle elezioni e capo del partito d’opposizione LEAD (Labour, Economists and Afrikan Democrats) – l’ha definito un requisito discriminatorio.

È anche criticata la decisione del governo di escludere dal voto i cittadini dello Zimbabwe residenti all’estero (che secondo le Nazioni Unite sono alcuni milioni). Chamisa ha detto che ZANU-PF vuole escludere questi voti perché rischiano di favorire i partiti dell’opposizione. Il 15 luglio Mnangagwa ha firmato un disegno di legge che modifica il codice penale e rende punibile fino a 20 anni di carcere chiunque si esprima “contro la sovranità e l’interesse nazionale dello Zimbabwe”, una decisione che secondo Amnesty International rischia di limitare la libertà di espressione e la partecipazione pubblica.