Breve storia dei rapporti tra Meloni e al Sisi
Le relazioni tra Italia ed Egitto sono migliorate nell'ultimo anno, nonostante le polemiche per il caso di Giulio Regeni: potrebbe avere influito nella grazia data a Patrick Zaki
Mercoledì il presidente dell’Egitto Abdel Fattah al Sisi ha dato la grazia a Patrick Zaki, attivista e studente egiziano dell’università di Bologna detenuto per quasi due anni tra il 2020 e il 2021 con motivazioni politiche, e che martedì era stato condannato a tre anni di carcere. Né l’Egitto né l’Italia hanno fornito dettagli su come si sia arrivati a questa decisione, ma da mercoledì si è rafforzata l’ipotesi che la grazia sia per lo meno stata “facilitata” dai rapporti diplomatici sempre più intensi stabiliti di recente tra il governo egiziano e quello italiano.
In particolare da mesi la presidente del Consiglio Giorgia Meloni insiste sulla necessità di cooperare con il governo autoritario di al Sisi su varie questioni: soprattutto sull’energia (già il governo Draghi aveva concordato un aumento delle importazioni di gas naturale dall’Egitto) e sul commercio di prodotti per l’agricoltura: prima dell’invasione russa l’Egitto importava gran parte del grano dall’Ucraina, e ora ha grandi difficoltà ad aumentare la produzione interna.
Dall’insediamento di Meloni, gli incontri tra esponenti dei due governi sono stati parecchi.
Soltanto nel 2023 ci sono state quattro visite ufficiali di ministri italiani in Egitto. Il 21 gennaio e il 14 marzo il ministro degli Esteri Antonio Tajani guidò estese delegazioni che comprendevano anche imprenditori del settore agricolo e sanitario. Il 18 marzo il ministro degli Interni Matteo Piantedosi fu ricevuto dalla sua omologa Soha Gendi per parlare di migrazione: il 12 per cento dei migranti e richiedenti asilo arrivati in Italia via mare nel 2023 è egiziano. A metà maggio poi al Sisi in persona ricevette il ministro della Difesa Guido Crosetto e il capo di Stato Maggiore dell’esercito italiano, Giuseppe Cavo Dragone.
Nelle occasioni pubbliche a cui hanno partecipato, Meloni e al Sisi hanno dimostrato di avere buoni rapporti. Per esempio si è visto alla conferenza climatica COP27 ospitata dall’Egitto nel novembre del 2022. In quell’occasione Meloni incontrò ufficialmente al Sisi e si fece fotografare mentre gli stringeva la mano. L’incontrò fu molto criticato in Italia, per due ragioni: sia perché al Sisi rimane il leader di una dittatura repressiva, e da quell’incontro uscì legittimato sul piano internazionale e interno; sia perché Meloni era la prima persona a capo del governo italiano a incontrarlo in visita ufficiale in Egitto dopo il rapimento e l’uccisione del ricercatore italiano Giulio Regeni, compiuto con tutta probabilità dalle forze di sicurezza egiziane, e l’arresto di Patrick Zaki. Per via di questi due casi negli ultimi anni i rapporti fra Italia ed Egitto erano stati assai tesi.
Quell’incontro alla COP27 «fu l’inizio del disgelo, il ritorno della distensione. Col governo Meloni è cambiato tutto», ha detto al Corriere della Sera Chiara Cavalieri, presidente dell’associazione italo-egiziana Eridanus e amica dell’ambasciatore egiziano in Italia, Bassam Rady, ex portavoce personale di al Sisi. Meloni e al Sisi si sono sentiti per l’ultima volta ufficialmente due settimane fa, dopo una riunione di alto livello del Programma Alimentare Mondiale dell’ONU tenuta a Roma.
In un contesto di buoni rapporti e diversi interessi comuni sembra sia stato più semplice per il governo italiano avanzare una richiesta delicata come quella di graziare Zaki.
La Stampa, citando fonti del ministero degli Esteri italiano, scrive che proprio questa possibilità emerse durante la seconda visita di Tajani in Egitto: «L’Italia s’impegna a fornire macchinari, tra cui trattori d’ultima generazione, sementi e prodotti alimentari, dal grano al couscous, per consentire all’Egitto di sfamare la popolazione. In cambio, dietro le quinte, il regime di al Sisi apre alla possibilità di concedere la grazia a Zaki».
Repubblica ipotizza invece che alla base della grazia di Zaki ci sia stato una specie di scambio che riguarda anche il caso di Giulio Regeni, il cui processo è fermo da mesi perché il tribunale italiano non sa dove si trovino i quattro indagati, e senza la notifica degli atti processuali agli imputati il processo non può avvenire. Repubblica scrive che il governo avrebbe rinunciato a intervenire nella vicenda «mettendo di fatto il processo in un binario morto», in cambio della possibilità di «risolvere la questione Zaki».
Ricostruzioni del genere vanno prese però con grande prudenza: al momento non ci sono prove concrete dell’esistenza di questo scambio, e anche Repubblica non fornisce ulteriori dettagli su quando e a che livello sia avvenuto.
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