In Kenya si protesta contro le nuove tasse volute dal presidente William Ruto
Erano state introdotte per risanare l'economia e poi in parte sospese dall'Alta Corte, ma i problemi legati al carovita sono rimasti
Mercoledì in diverse città del Kenya ci sono state grandi e violente proteste contro una serie di tasse introdotte il mese scorso dal governo del presidente William Ruto. A organizzare le proteste è stato Raila Odinga, ex primo ministro e storico leader dell’opposizione, che lo scorso agosto aveva perso le elezioni presidenziali proprio contro Ruto.
Odinga ha annunciato tre giorni di proteste, a partire da mercoledì: le manifestazioni più partecipate del primo giorno sono state a Nairobi, la capitale, e a Mombasa e Kisumu, le seconda e la terza città più grandi del paese, ma ce ne sono state diverse anche in zone più periferiche e povere: in particolare negli slum, le baraccopoli, dove sono stati bruciati copertoni, sono state erette barricate in strada e ci sono stati scontri con la polizia.
I poliziotti hanno risposto sparando gas lacrimogeni e usando cannoni ad acqua per disperdere la folla: a Kisumu due manifestanti sono stati uccisi, e in tutto il paese si contano almeno 20 feriti. La polizia inoltre ha detto di aver arrestato più di 300 persone.
La legge contro cui si protesta era stata approvata a fine giugno. Prevede l’aumento di una serie di tasse con l’obiettivo di aumentare le entrate nelle casse statali, risanare la complicata situazione finanziaria in cui si trova il Kenya e ripagare parte dell’enorme debito pubblico accumulato negli ultimi anni (che ammonta in tutto a più di 60 miliardi di euro).
Dopo un ricorso da parte delle opposizioni, secondo cui la legge era incostituzionale, il 30 giugno l’Alta Corte del Kenya aveva sospeso l’implementazione delle nuove tasse. Il governo aveva deciso di obbedire alla decisione dell’Alta Corte solo in parte, aumentando ugualmente l’imposta sul valore aggiunto (quella che in Italia si chiama IVA) sulla benzina, facendola passare dall’8 al 16 per cento.
Nei giorni scorsi questa decisione aveva causato proteste più piccole contro Ruto, che è da tempo contestato dalle opposizioni. Già poche settimane dopo essere stato proclamato presidente, Ruto aveva eliminato alcuni sussidi statali sulla benzina: si era così attirato critiche da parte delle opposizioni che sostenevano che quella misura avesse causato a sua volta un aumento dei prezzi di molti beni di consumo, e in generale del costo della vita dei kenyani.
Ruto però non era stato attaccato solo per i sussidi alla benzina. Odinga, storico leader dell’opposizione, aveva criticato il partito di governo di brogli alle ultime elezioni presidenziali, quando Ruto avrebbe ottenuto il 50,49 per cento dei voti, mentre Odinga il 48,85: per quest’ultimo però c’erano state chiare irregolarità, che finora non sono state provate.
Non sarebbe comunque la prima volta che si parla di brogli alle elezioni presidenziali in Kenya. Le presidenziali dell’agosto del 2017, i cui principali candidati erano il presidente uscente Uhuru Kenyatta e lo stesso Odinga, erano state annullate per brogli e irregolarità da parte di Kenyatta, che aveva vinto con il 54 per cento dei voti.
Le elezioni furono ripetute pochi mesi dopo e Kenyatta ottenne oltre il 98 per cento dei voti, dopo che Odinga aveva deciso di ritirarsi e aveva invitato i suoi elettori a boicottare il voto. Odinga ha sempre continuato a contestare la legittimità dell’elezione di Kenyatta, come anche quella di Ruto. Peraltro quest’ultimo, che di Kenyatta era stato il vicepresidente tra il 2013 e il 2022, era stato incriminato dal Tribunale Penale Internazionale dell’Aia proprio in relazione ai disordini iniziati nel paese dopo le elezioni presidenziali del 2007. Successivamente le accuse a loro carico erano state ritirate.