Ci sono soluzioni per chi ha un mutuo a tasso variabile e paga rate sempre più alte?
Hanno provato a trovarle il ministero dell'Economia e l'associazione di categoria delle banche, con risultati non troppo efficaci
Dopo alcune settimane di trattative, il ministero dell’Economia e l’Associazione Bancaria Italiana (ABI, l’associazione di categoria che rappresenta praticamente tutte le banche italiane) hanno proposto alcune soluzioni per alleviare il peso delle rate dei mutui a tasso variabile sui bilanci delle famiglie. Da oltre un anno le rate di chi ha un mutuo a tasso variabile sono diventate progressivamente sempre più alte per effetto dell’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Banca Centrale Europea per combattere l’inflazione. Con una circolare, l’ABI ha invitato le banche associate a promuovere una serie di strumenti per evitare che chi è in difficoltà smetta di pagare le rate: tra questi ci sono l’allungamento del mutuo, la possibilità di passare al tasso fisso o quella di chiedere una sospensione dei pagamenti.
Il problema però è che sono tutti provvedimenti che le banche non sono obbligate ad adottare: possono decidere a propria discrezione. In più le misure proposte esistono già, per quanto poco conosciute. Nelle ultime settimane il governo si era piuttosto speso sulla questione, annunciando soluzioni in arrivo: rispetto all’entità dei proclami il risultato è stato un po’ deludente.
Il governo aveva posto molta enfasi su questo tema, che è sentito da molti e che quindi attrae molta attenzione sul piano politico. A livello concreto però non ci sono molte soluzioni possibili rispetto a quelle che esistono già.
Anzitutto lo stato non ha il potere per imporre alle banche di ridurre le rate dei mutui: non può dire a imprese private come portare avanti i loro affari. Una soluzione poteva essere quella di elargire ai mutuatari – ossia chi ha un mutuo – delle somme a compensazione dei rialzi delle rate. In questo caso la misura sarebbe stata però molto difficile da giustificare a livello politico, perché di fatto si sarebbero dati dei soldi a chi per scelta ha optato per un mutuo a tasso variabile, che è più rischioso del tasso fisso, e che comunque per anni ha beneficiato di tassi molto bassi. Un provvedimento di questo tipo sarebbe stato problematico anche a livello legislativo perché avrebbe causato alcune distorsioni della concorrenza, rendendo artificialmente i mutui meno cari in un momento in cui generalmente le rate sono più alte. Probabilmente ci sarebbero stati problemi con l’Antitrust, come viene chiamata comunemente l’Autorità italiana garante della concorrenza e del mercato.
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La circolare dell’ABI si limita a esortare le banche associate a promuovere o potenziare tre misure per i mutuatari che sostanzialmente esistono già. La prima consiste nell’allungamento della durata del mutuo, in modo che l’importo sia distribuito su un numero maggiore di rate, che quindi si abbasseranno. La seconda prevede una sostanziale rinegoziazione del mutuo, per esempio passando da un tasso variabile a uno fisso: è un’opzione già prevista per legge nel caso si abbia un mutuo a tasso variabile fino a 200mila euro e un reddito ISEE entro 35mila euro; l’ABI suggerisce di far accedere a questa possibilità anche debitori con un reddito e un mutuo più alti, in modo da aumentare la platea dei potenziali beneficiari. La terza richiede alle banche di proporre ai clienti in difficoltà coi pagamenti la possibilità di ricorrere alla sospensione delle rate, anche questa prevista per legge tramite il cosiddetto Fondo Gasparrini: è un fondo pubblico che si fa carico momentaneamente del pagamento delle rate in alcuni casi specifici, per esempio se un debitore dovesse perdere il lavoro o se sviluppare una disabilità.
Queste misure sono discrezionali per le banche, che comunque hanno tutto l’interesse a non dichiarare insolvente il mutuatario e a far sì che si trovi il modo per fargli pagare le rate. L’ABI raccoglierà le adesioni e pubblicherà l’elenco delle banche che hanno aderito sul proprio sito.
Nel proporre le varie soluzioni, gli istituti devono però rispettare alcuni limiti fissati dalle leggi europee per la vigilanza bancaria. Per esempio non potranno accedervi i debitori in ritardo di oltre 90 giorni con il pagamento. Inoltre la banca potrà offrire queste condizioni agevolate solo a patto che la ricontrattazione del mutuo non le costi più dell’1 per cento del valore del prestito.
Tra le altre opzioni la più usata è la surroga, che consente di trasferire il mutuo a un’altra banca per beneficiare di condizioni più vantaggiose in termini di durata o di tasso di interesse.
Chi ha già un mutuo a tasso variabile ora può solamente ricorrere a misure riparative di questo tipo. Molti hanno fatto notare che spesso le persone si ritrovano in difficoltà con il mutuo perché al momento della stipula e della scelta del tasso di interesse hanno sottovalutato i rischi del tasso variabile, anche per scarse conoscenze finanziarie. L’Italia è uno dei paesi europei in cui l’educazione finanziaria – ossia la conoscenza degli strumenti di base per la gestione delle finanze personali – è più bassa. E questo si riflette anche sul fatto che il tasso variabile è molto diffuso, per quanto rischioso: secondo i dati dell’ABI i mutui a tasso variabile sono il 37 per cento del totale.
I mutui a tasso variabile per definizione hanno una componente di imprevedibilità: le rate sono agganciate alle oscillazioni e all’andamento dei cosiddetti indici Euribor, ossia il tasso di interesse medio a cui le banche europee si prestano denaro. A questo viene poi aggiunto un cosiddetto “spread”, una percentuale che varia da banca a banca e che rappresenta sostanzialmente il loro guadagno. Per esempio, se l’indice Euribor di riferimento è del 3 per cento e lo spread della banca è dell’1,5, il tasso di interesse totale sarà la somma delle due componenti, ossia il 4,5 per cento.
L’Euribor sale in due casi: se si realizza una crisi di fiducia tra le banche – che quindi chiedono compensi più alti per prestarsi i soldi, ma non è questo il caso – o se la BCE alza il tasso sui depositi, come sta facendo da un anno per far scendere l’inflazione.
I mutui a tasso fisso invece non risentono delle dinamiche dei tassi di interesse e dei mercati; l’ammontare della rata non subirà mai variazioni, indipendentemente dai rialzi dei tassi di interesse. È questo il motivo per cui il mutuo a tasso fisso costa quasi sempre più del variabile: il sovrapprezzo copre una sorta di polizza assicurativa che consente al debitore di dover pagare sempre la rata stabilita nel giorno della stipula, fino alla scadenza. Le tendenze di mercato influenzano però i tassi applicati sui nuovi mutui a tasso fisso, che oggi sono molto più cari rispetto a un anno fa.
Al momento della stipula di un mutuo la scelta tra tasso di interesse fisso e tasso variabile dipende da varie cose. La principale valutazione che solitamente si fa è quella di essere disposti o meno a rischiare di pagare rate più alte in periodi di rialzo dei tassi, a fronte di periodi in cui le rate saranno più basse della media quando i tassi scendono. Se non si vuole essere esposti alle fluttuazioni di mercato, allora il mutuo a tasso fisso è la scelta migliore, per quanto all’inizio leggermente più costoso.
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