Ora i migranti partono perlopiù dalla Tunisia
Oggi è di gran lunga il principale paese di transito per chi è diretto in Italia: c'entrano le politiche del presidente Kais Saied, ma non solo
Il governo italiano e l’Unione Europea si stanno dando molto da fare per ridurre gli arrivi di migranti via mare dalla Tunisia, il paese africano più vicino alle coste italiane della Sicilia. Domenica l’Unione ha firmato un memorandum di intesa col governo tunisino guidato dal presidente autoritario Kais Saied, che prevede fra le altre cose 105 milioni di euro per impedire le partenze delle imbarcazioni di migranti e richiedenti asilo. Gli sforzi dell’Italia e dell’Unione Europea sono piuttosto recenti. La Guardia costiera tunisina riceve da anni fondi europei per intercettare e riportare in Tunisia i migranti, ma non erano mai stati così ingenti. Questo perché le autorità italiane ed europee guardano con preoccupazione all’aumento degli arrivi via mare negli ultimi mesi proprio dalla Tunisia.
Secondo i dati del ministero dell’Interno italiano, dal primo gennaio 2023 al 16 luglio sono arrivati via mare in Italia 77.906 migranti. Nello stesso periodo nel 2022 erano stati 32.737. L’UNHCR ha detto che nello stesso periodo l’anno scorso il 46 per cento di queste persone era sbarcato a Lampedusa, mentre nel 2023 il dato è salito al 63 per cento. Significa che stanno partendo sempre più migranti, sempre più dalla Tunisia e sempre meno dalla Libia: a Lampedusa infatti arrivano quasi solo imbarcazioni partite da Sfax, la principale città costiera tunisina da cui partono i migranti.
Il ministero dell’Interno non diffonde dati precisi sui paesi di partenza, ma secondo un rapporto del ministero letto da Agenzia Nova dal primo gennaio al 4 luglio 2023 sono arrivati via mare dalla Tunisia 34.761 migranti contro i 6.371 dello stesso periodo del 2022. Dalla Libia invece nel 2023 sono arrivati 27.859 migranti.
Pur essendo numeri gestibili da un paese come l’Italia, la maggioranza di destra di Giorgia Meloni promette da anni di ridurre i numeri dei migranti e richiedenti asilo che arrivano via mare, spesso con proposte irrealizzabili e problematiche e una retorica velatamente discriminatoria. Al momento non ci sta riuscendo, anche perché il memorandum non interviene sulle ragioni più profonde dietro all’aumento degli arrivi, e ci sono buone ragioni per pensare che nemmeno nell’immediato riuscirà a ridurre le partenze delle imbarcazioni di migranti.
Tutto è iniziato a febbraio quando Kais Saied, il presidente della Tunisia che sta governando in maniera sempre più autoritaria, ha attaccato duramente i molti immigrati subsahariani presenti nel paese, accusandoli di «portare in Tunisia violenza e criminalità». Saied inoltre ha sostenuto che l’immigrazione dai paesi africani faccia parte di un progetto di «sostituzione demografica per rendere la Tunisia un paese unicamente africano, che perda i suoi legami con il mondo arabo e islamico». Saied ha insomma adattato al contesto tunisino la teoria razzista e complottista della “grande sostituzione” assai popolare nell’estrema destra europea e italiana.
Saied sta cercando di addossare le responsabilità della gravissima crisi economica e sociale che sta attraversando la Tunisia ai migranti subsahariani. Le sue parole hanno avuto conseguenze assai concrete: molte famiglie si sono ritrovate senza casa, sfrattate dalle abitazioni che avevano in affitto, e senza lavoro. A inizio luglio circa 1.200 persone subsahariane sono state arrestate dalle forze di sicurezza tunisine e abbandonate in una zona desertica al confine con la Libia. Nei giorni successivi sono arrivate notizie di altre espulsioni di persone subsahariane.
In un recente rapporto, l’ong Human Rights Watch ha scritto che le forze di sicurezza tunisine «hanno commesso diversi abusi nei confronti dei migranti e richiedenti asilo neri», compresi «pestaggi, uso eccessivo della forza, arresti e detenzioni arbitrarie, espulsioni di massa, operazioni pericolose in mare, sfratti forzati, furto di soldi e altri beni, e ci sono stati anche casi di tortura».
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Ormai da mesi le ambasciate a Tunisi di Guinea e Costa d’Avorio stanno organizzando voli di rimpatrio per i propri cittadini che hanno perso il lavoro e la casa in Tunisia. I voli però non bastano per tutti, e ci sono casi in cui le persone arrivate in Tunisia provengono da contesti difficili in cui non desiderano tornare. Molti, quindi, stanno cercando di raggiungere l’Italia via mare. L’isola di Lampedusa in particolare è più vicina alle coste africane che a quelle italiane e con un’imbarcazione in buone condizioni si può raggiungere in poche ore dal porto di Sfax.
Secondo dati riportati dal giornalista Sergio Scandura di Radio Radicale, soltanto fra lunedì e martedì mattina a Lampedusa ci sono stati una quarantina di sbarchi, per un totale di 1677 persone migranti. Matteo Villa, esperto di migrazioni dell’ISPI, ha stimato che nella settimana precedente alla firma del memorandum fra Unione Europea e Tunisia siano arrivati sulle coste italiane 6.500 migranti, il numero più alto da quando si registrano questi dati. Sono moltissimi anche i migranti intercettati dalla Guardia costiera tunisina e riportati in Tunisia: Villa fa notare che nell’ultimo anno sono stati poco meno di quelli che invece sono riusciti a sbarcare in Italia.
🇹🇳🇪🇺 Nella settimana che ha preceduto la firma del memorandum tra UE e Tunisia, gli sbarchi dalla Tunisia hanno raggiunto i valori più alti di sempre.
6.500 sbarchi in sette giorni.
Mai così alti neppure nel 2011, l'anno della Rivoluzione. pic.twitter.com/BGz3rqPTlr
— Matteo Villa (@emmevilla) July 17, 2023
Il memorandum firmato dalla Tunisia e dall’Unione Europea prevede che 105 milioni di euro siano erogati subito e destinati a potenziare ulteriormente la Guardia costiera tunisina, già sostenuta da anni da fondi europei. È difficile, però, capire se questi soldi arriveranno davvero a destinazione e aumenteranno le capacità della Guardia costiera tunisina di intercettare migranti.
«Da tempo la Guardia costiera tunisina si lamenta di ricevere troppi pochi soldi dall’Unione Europea e di avere attrezzature non all’altezza: è possibile che i soldi che l’Unione versa alla Tunisia per il controllo delle frontiere finiscano nel bilancio generale tunisino e non alla sua Guardia costiera», spiega Alissa Pavia, Associate Director per il programma Nord Africa al centro studi Atlantic Council. Pavia racconta che dinamiche del genere sono molto comuni in un paese autoritario in cui i pesi e i contrappesi sono saltati, i centri di potere prendono decisioni in autonomia, e la gestione del bilancio non è trasparente e lineare.
Che la Guardia Nazionale tunisina, una forza di sicurezza da cui dipende la Guardia costiera, sia ormai piuttosto autonoma e indipendente da Saied lo dimostrerebbero anche le espulsioni dei migranti compiute a inizio luglio. Secondo alcune informazioni raccolte da Pavia, le espulsioni potrebbero essere state decise dalla Guardia Nazionale senza l’approvazione di Saied, come forma di ritorsione contro l’ampia comunità degli africani subsahariani a Sfax. Il sito di news Arab Weekly scrive che ormai da tempo «i rapporti della polizia con i migranti sfociano spesso in litigi violenti, a terra come in mare».
Ci sono poi altri fattori che rendono difficile una riduzione degli arrivi nel breve termine.
Il principale fattore che condiziona le partenze delle imbarcazioni di migranti è il meteo. D’estate il mare nel Mediterraneo centrale diventa più calmo, le tempeste sono meno frequenti, e per questo gli arrivi via mare tendono ad aumentare. Quando il mare è calmo inoltre le imbarcazioni di migranti riescono ad andare più veloci e a sfuggire più facilmente ai mezzi della Guardia costiera tunisina. Per poterle intercettare con maggiore frequenza i mezzi della Guardia costiera tunisina dovrebbero essere completamente rinnovati.
Poi c’è la questione del giro di affari legato all’immigrazione: soprattutto a Sfax c’è un intero settore legato al traffico di esseri umani che comprende trafficanti, intermediari, artigiani che realizzano le barchette in ferro su cui da mesi parte la maggior parte dei migranti. In un momento di crisi dell’economia tunisina il traffico di migranti garantisce un’entrata costante a molte persone, che un azzeramento delle partenze farebbe rimanere senza lavoro.
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