Pita Limjaroenrat non sarà il primo ministro della Thailandia
Nonostante abbia vinto le ultime elezioni: la giunta militare che governa il paese ha bloccato la votazione in parlamento
Il parlamento della Thailandia ha bloccato la seconda votazione per l’elezione a primo ministro di Pita Limjaroenrat, il leader dell’opposizione thailandese che aveva vinto le elezioni di maggio: in Thailandia dopo le elezioni il primo ministro deve essere votato da Camera e Senato in seduta comune. La prima votazione in parlamento si era tenuta il 13 luglio e la candidatura di Pita (è chiamato così sia dai thailandesi sia dai media) era stata respinta. Era prevista per oggi una seconda votazione che non è nemmeno avvenuta: su 715 membri presenti, 394 hanno votato per bloccare la sua seconda candidatura, mentre 312 si sono espressi a favore.
Pita ha l’appoggio di una netta maggioranza alla Camera ma di pochissimi senatori, perché la Costituzione attuale della Thailandia prevede che il Senato sia nominato di fatto dalla giunta militare che governa il paese. Anche nella votazione del 13 luglio il voto dei senatori era stato decisivo per impedire che Pita diventasse primo ministro. Gli oppositori di Pita in parlamento hanno sostenuto che non dovesse avere la possibilità di una seconda votazione perché aveva già fallito in quella precedente.
Alle elezioni di maggio il partito di Pita, il Kao Klai, di stampo riformista e all’opposizione rispetto alla giunta militare al potere, era stato il più votato con il 38 per cento dei voti: c’erano però molti dubbi sul fatto che la giunta militare avrebbe consentito a Pita di diventare capo del governo. Il programma elettorale del Kao Klai era basato sulla necessità di fare riforme politiche ed economiche per ridurre le grosse disuguaglianze presenti in Thailandia. Puntava a riformare l’esercito, ma anche le severe leggi che impediscono di criticare la monarchia thailandese, che prevedono pene fino a 15 anni di carcere: è uno dei punti più controversi del programma di Kao Klai.
Mercoledì mattina la Corte costituzionale thailandese aveva temporaneamente sospeso Pita dal parlamento, a poche ore dalla seconda votazione in parlamento sulla sua candidatura a primo ministro. La sospensione è avvenuta perché è accusato di possedere quote di una rete televisiva, cosa che è contraria al regolamento elettorale: finora Pita si è difeso dicendo che quella rete non trasmette dal 2007, di avere ereditato le sue azioni dal padre e di averle poi vendute a dei parenti.
Nonostante la sospensione, in teoria Pita poteva ancora essere scelto come capo del governo, visto che in Thailandia il primo ministro può non far parte del parlamento, ma aveva dovuto lasciare fisicamente la Camera, in cui era stato eletto alle ultime elezioni. La Corte deve ancora decidere se annullare la sospensione oppure togliere a Pita il seggio elettorale, qualora fosse ritenuto colpevole.
Dopo la prima votazione Pita aveva detto che se non fosse diventato primo ministro neanche con la seconda votazione avrebbe accettato la candidatura di un altro esponente della sua coalizione: dopo le elezione infatti aveva costruito un’ampia coalizione insieme al secondo partito più votato, il Pheu Thai, di centrodestra e meno ostile nei confronti dell’establishment. È però ritenuto probabile che lo stesso Pheu Thai decida di sfilarsi dalla coalizione e proporre un proprio candidato, consapevole che deputati e senatori vicini alla giunta militare sarebbero più inclini ad appoggiare il loro partito: in tal caso il Kao Klai di Pita diventerebbe il principale partito di opposizione, anche se non si sa ancora se lo stesso Pita farà parte del parlamento o meno.
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