In Sicilia mancano gli ispettori del lavoro
Sono soltanto 63 per circa 400mila aziende e le nuove assunzioni sono bloccate per via dei debiti miliardari accumulati dalla Regione
Nella provincia di Palermo lavorano quattro ispettori del lavoro. A Ragusa, la provincia dove si è sviluppato il secondo mercato ortofrutticolo più grande d’Europa, addirittura uno solo. In Sicilia la sproporzione tra il numero di ispettori e quello delle aziende è notevole: sono 63 in tutta la regione mentre le aziende sono circa 400mila. I sindacati hanno calcolato che ai ritmi attuali le imprese rischiano un controllo ogni vent’anni. La mancanza di ispettori del lavoro è un problema grave e irrisolto da diversi anni, il risultato di errori e lentezze a cui la politica non riesce a trovare una soluzione.
La scorsa settimana in Sicilia si è tornati a discutere di sicurezza sul lavoro dopo la morte di un operaio di 41 anni, caduto giovedì in un cantiere a Caronia, in provincia di Messina. Come accaduto in passato, anche in questo caso i giornali locali hanno parlato di “emergenza morti sul lavoro”, un titolo utilizzato già diverse volte negli ultimi mesi in occasione di altri infortuni mortali. Nei primi cinque mesi del 2023 in tutta la regione sono morte 24 persone sul lavoro, il 20 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2022. In compenso sono molto diminuiti gli infortuni non mortali, soprattutto per via del calo dei contagi da Covid.
Quando muore un lavoratore o una lavoratrice è abbastanza naturale prendersela anche con l’insufficienza dei controlli, ma in realtà la sicurezza sul lavoro è soltanto uno dei compiti affidati agli ispettori. Una delle funzioni più importanti e sottovalutate è la vigilanza sulla regolarità dei contratti, il pagamento dei contributi e delle assicurazioni obbligatorie. Anche questi sono modi per fare prevenzione: la regolarità dei contratti e quindi il contrasto al lavoro irregolare consentirebbe di limitare i rischi in una regione dove, tra le altre cose, migliaia di persone lavorano nei campi e nelle serre in condizioni di sfruttamento e con pochi diritti.
Prima del piano di assunzioni promosso dall’Ispettorato nazionale del lavoro (INL), anche in molte altre regioni il numero di ispettori del lavoro era considerato insufficiente. Nell’ultimo anno ne sono stati assunti 1.249 destinati alle regioni più in difficoltà. Ma di questi nessuno è andato alla Sicilia a causa dei problemi che spiegano l’attuale e cronica mancanza nella regione: l’autonomia e i debiti.
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La Sicilia, infatti, è una regione a statuto speciale. L’articolo 17 del suo statuto stabilisce che ha totale autonomia sulle materie che riguardano il lavoro, compresa la gestione degli ispettori. In sostanza, in Sicilia non esiste l’Ispettorato nazionale del lavoro: ogni provincia ha un suo ispettorato territoriale del lavoro. Se la regione vuole più ispettori, insomma, deve assumerli in autonomia.
Da dieci anni, tuttavia, la Regione Siciliana non può assumere direttamente personale a causa dei debiti accumulati con lo stato. La cattiva gestione delle aziende sanitarie, degli ospedali e delle aziende partecipate ha portato la Sicilia ad avere oltre 5 miliardi di euro di debiti che ora deve restituire. Oltre a un piano di rientro decennale, lo stato ha imposto alla Regione il blocco del turn over, cioè l’impossibilità di fare assunzioni quando va in pensione un dipendente.
Durante l’estate del 2022, in seguito alle pressioni fatte dai sindacati, è stata proposta una soluzione per portare in Sicilia alcuni ispettori senza violare il blocco del turn over. L’Ispettorato nazionale del lavoro ha proposto alla Regione Siciliana di firmare un protocollo per consentire ad alcuni ispettori impiegati nelle altre regioni di trasferirsi in Sicilia almeno per tre anni. L’INL in questo modo avrebbe favorito il ritorno a casa di molti ispettori del lavoro siciliani costretti a trasferirsi dopo aver vinto il concorso fuori regione. Secondo le stime, sarebbero circa un’ottantina gli ispettori disponibili al trasferimento. L’INL si sarebbe fatto carico degli stipendi a patto di ottenere anche i soldi ottenuti dalle sanzioni.
Le elezioni regionali di fine settembre, il cambio di presidente e le successive lunghe trattative per la formazione della Giunta guidata da Renato Schifani hanno occupato il dibattito politico e rimandato il confronto e le decisioni. Francesco Lucchesi, della segreteria regionale della Cgil, dice che negli ultimi mesi è stato chiesto più volte un incontro con l’assessora al Lavoro Nunzia Albano senza avere una risposta. Nel frattempo il presidente della Regione Renato Schifani ha promesso di impegnarsi personalmente per portare più ispettori in Sicilia. I sindacati hanno continuato a denunciare la mancanza di ispettori dopo ogni infortunio grave.
La questione è stata affrontata solo in parte direttamente dal governo, che a maggio con l’approvazione del cosiddetto decreto Lavoro ha assegnato alla Sicilia 29 nuovi ispettori in deroga all’autonomia. Gli ispettori sono dipendenti diretti del ministero e non della Regione Siciliana. «Il decreto prevede che rimangano da 2 a 6 mesi, nemmeno il tempo di prendere le misure», spiega Lucchesi.
Nel frattempo, sostiene Lucchesi, negli uffici con pochi ispettori in servizio continuano ad accumularsi pratiche e segnalazioni che non possono essere verificate con rapidità a causa della mancanza di personale. Le verifiche che vengono fatte oggi sono il risultato di denunce che risalgono a due anni fa: in molti casi le aziende vengono chiuse prima ancora di essere controllate.
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