In Alabama si ragiona su come eseguire meglio le condanne a morte
Giovedì è prevista l'uccisione di Jimi Barber, la prima dopo due iniezioni fallite e mesi di studio per fare in modo che non risucceda
Giovedì in Alabama, negli Stati Uniti, verrà eseguita la pena di morte su Jimi Barber, un detenuto di 64 anni condannato per aver derubato e poi ucciso a martellate una donna 75enne nel 2001. L’esecuzione di Barber sarà la prima dopo un’interruzione delle esecuzioni iniziata in Alabama a novembre, dopo due casi in cui i detenuti erano sopravvissuti per prolungati errori nell’iniezione letale. In entrambi i casi gli addetti all’esecuzione avevano tentato per ore di inserire l’ago nelle braccia dei due condannati senza riuscirci.
Mentre negli ultimi anni diversi stati americani hanno abolito la pena di morte, il governo dell’Alabama aveva avviato una revisione delle procedure di attuazione, per assicurarsi che fossero efficaci e funzionassero meglio di prima.
In Alabama la pena di morte esiste dall’Ottocento e l’attuale governatrice Repubblicana, Kay Ivey, è una convinta sostenitrice della sua importanza: in più occasioni, anche annunciando la sospensione delle esecuzioni e la revisione dei metodi con cui vengono attuate, ha sostenuto che avere pene di morte certe ed efficaci sia la miglior risposta «alle vittime e alle loro famiglie».
Fino al 1927 il principale metodo di esecuzione della pena di morte in Alabama è stata l’impiccagione, poi sostituita con la sedia elettrica. Ora le condanne a morte vengono eseguite prevalentemente attraverso iniezioni letali, prima di sedativi e poi di rocuronio e cloruro di potassio, due sostanze che con particolari dosaggi paralizzano i muscoli e provocano l’arresto cardiaco.
In Alabama il 2022 è diventato noto come «l’anno delle esecuzioni sbagliate». Oltre alle due fallite, dei detenuti Alan Miller e Kenneth Smith, un’altra esecuzione, quella di Joe Nathan James, è riuscita dopo tre ore di tentativi in cui gli operatori cercavano la vena del detenuto, nel frattempo legato al tavolo dell’esecuzione. Nei casi di Miller e Smith gli operatori si sono dovuti fermare a mezzanotte, quando scadeva il mandato di esecuzione della pena di morte, valido solo per quella giornata.
L’Alabama ha alcune delle regole più restrittive degli Stati Uniti rispetto alla riservatezza dei protocolli di esecuzione della pena di morte e sapere esattamente cosa sia successo in quelle ore e come mai gli operatori non siano riusciti ad effettuare l’esecuzione non è possibile. Nel caso di Miller il fallimento dell’operazione è stato attribuito al sovrappeso e alla corporatura massiccia, che avrebbe reso difficoltoso trovare la vena. Altri casi di fallimento sono stati attribuiti all’età avanzata dei detenuti, oppure a disabilità.
Nel caso di Barber, agli operatori verranno date 12 ore di tempo anziché 6, come previsto finora: concretamente significa che Barber potrebbe restare legato al tavolo dell’esecuzione per mezza giornata, finché non verrà ucciso. La governatrice Ivey ha inoltre introdotto una variazione nella durata della validità del mandato di esecuzione: fino a gennaio di quest’anno durava 24 ore, ora sarà il governo locale a stabilirne la durata. Nel caso di Barber durerà 30 ore, tutto il 20 luglio e le prime sei ore del 21, ma l’inizio dell’esecuzione per ora è programmato per le sei di sera del 20 luglio.
In una richiesta formale in cui si citavano i molti problemi dell’Alabama con le iniezioni letali, Barber aveva chiesto di essere ucciso con l’ipossia da azoto, una pratica che consiste nel far inalare al condannato solo azoto uccidendolo quindi per ipossia, cioè carenza di ossigeno, che è legale negli Stati Uniti ma non è mai stata sperimentata. I suoi legali hanno specificato che Barber pesa molto e ha una corporatura molto massiccia, e potrebbe non essere semplice per gli addetti trovare immediatamente la vena per l’iniezione: finora la procura generale dell’Alabama ha però espresso molte obiezioni, sostenendo che non ci siano ancora tutti i mezzi necessari per procedere con l’ipossia da azoto.
Nel frattempo, in questi giorni, negli Stati Uniti si è discusso delle nuove procedure di esecuzione della pena di morte in Alabama. La revisione era stata fatta durante la sospensione delle esecuzioni, introdotta a novembre e revocata lo scorso 24 febbraio, ed è stata ampiamente criticata per la sua mancanza di trasparenza.
A differenza di quanto fatto in Oklahoma nel 2014 o in Tennessee nel 2022, in entrambi i casi da due amministrazioni Repubblicane come nel caso dell’Alabama, la governatrice Ivey non ha incaricato un organo indipendente per svolgere la revisione, ma l’ha fatta fare allo stesso dipartimento penitenziario dell’Alabama, l’agenzia governativa che gestisce il sistema carcerario statale, chiedendo in sostanza a un’istituzione di valutare se stessa. Lo scorso febbraio oltre 170 pastori e predicatori degli Stati Uniti avevano inviato una lettera aperta a Ivey chiedendole di incaricare un organo indipendente. A indagine conclusa, inoltre, il governo dell’Alabama non ha nemmeno dato notizie o diffuso dettagli sui suoi risultati.
Il poco che si sa lo si deve a una lettera inviata a Ivey da Jon Hamm, il commissario del dipartimento delle Correzioni dell’Alabama, in cui Hamm ha lodato Ivey ed elencato una serie di ambiti che la revisione delle procedure avrebbe approfondito: tra questi, le modalità con cui vengono gestiti gli appelli dei detenuti contro le proprie esecuzioni, la formazione, l’addestramento e la strumentazione necessaria al personale per attuarle e il numero di addetti. Hamm ha scritto che sono stati assunti nuovi funzionari, organizzate attività di formazione aggiuntiva e che è stata acquistata ulteriore strumentazione per eseguire efficacemente le condanne a morte.
Da tempo Ivey sostiene che avere pene di morte efficaci sia il modo migliore per fare giustizia alle persone che hanno subìto i reati di cui sono responsabili i condannati, senza prendere in considerazione le esperienze di riconciliazione che in alcuni casi si sono verificate tra le persone offese e i detenuti. Un caso è proprio quello di Barber, con cui la nipote della donna che uccise nel 2001 è entrata in contatto, inizialmente con uno scambio epistolare e sviluppando nel tempo anche un rapporto di amicizia, scrive l’Atlantic. Un altro caso fu quello di Joe Nathan James, il detenuto ucciso dopo tre ore di tentativi nonostante l’esplicita richiesta di non eseguire la pena di morte da parte della famiglia della persona che aveva ucciso.