In Israele si protesta di nuovo contro la riforma della giustizia
Il governo di Benjamin Netanyahu aveva tolto alcune delle parti più contestate del testo originale, senza però soddisfare i critici
In Israele sono riprese le grandi manifestazioni che chiedono di bloccare l’approvazione in parlamento della riforma della giustizia, proposta dal governo del primo ministro Benjamin Netanyahu e già molto contestata negli ultimi mesi. Di fatto la riforma ridurrebbe la capacità della Corte Suprema di opporsi alle decisioni del governo: per questo viene considerata da chi vi si oppone una potenziale minaccia alla democrazia israeliana, perché eliminerebbe un importante contrappeso al potere del governo in carica.
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Le proteste erano iniziate all’inizio dell’anno ed erano proseguite fino a marzo, quando Netanyahu aveva ritirato momentaneamente la proposta, dicendo di volerci costruire attorno un consenso più ampio. Nelle ultime settimane il governo aveva presentato una riforma più limitata, togliendo alcuni dei passaggi più contestati, fra cui la parte che prevedeva che il parlamento potesse annullare le sentenze della Corte e quella che dava molto potere ai partiti di governo sulla nomina dei giudici. Era rimasto però il punto centrale, quello in cui si prevede la rimozione della “clausola di ragionevolezza”, cioè la possibilità della Corte Suprema di intervenire sui provvedimenti amministrativi approvati dal governo e abolirli se li ritiene in qualche modo “irragionevoli”.
L’11 luglio la nuova proposta di riforma aveva passato la prima delle tre votazioni richieste in parlamento. Lunedì il testo è arrivato in Commissione giustizia, dove non sono stati presentati emendamenti per cambiarlo. Ora dovrà superare altri due voti in parlamento, fissati per la prossima settimana, ma nel frattempo i critici alla riforma hanno organizzato nuove proteste, iniziate oggi, martedì 18 luglio.
Le proteste di oggi hanno interessato per la prima volta le stazioni ferroviarie. Inoltre ci sono stati rallentamenti su moltissime strade, parzialmente bloccate dai manifestanti. Alcune delle manifestazioni più intense sono state a Tel Aviv, il principale centro economico del paese: i riservisti dell’esercito, fin da subito fra i partecipanti più attivi alle manifestazioni, hanno bloccato un’importante base militare, e una grande folla si è radunata davanti alla sede del principale sindacato israeliano, l’Histadrut, chiedendo all’organizzazione di indire uno sciopero generale. Gli scioperi di marzo avevano avuto un ruolo fondamentale nel ritiro della prima proposta.