In Iran tornerà la polizia religiosa
Riprenderà i pattugliamenti per far rispettare le leggi sulla morale pubblica, dieci mesi dopo le proteste per la morte di Mahsa Amini
L’Iran ha annunciato che la polizia religiosa riprenderà i propri pattugliamenti e tornerà a costringere le donne iraniane a indossare il velo. È una novità rispetto agli ultimi dieci mesi, cioè dall’inizio delle proteste per la morte di Mahsa Amini, a seguito delle quali la polizia religiosa era stata in gran parte ritirata dalle strade e alcune donne avevano cominciato a uscire di casa senza velo, o con le gambe non completamente coperte.
Mahsa Amini era una donna di 22 anni che nel settembre del 2022 fu fermata dalla polizia religiosa perché non indossava correttamente il velo islamico, o hijab, come prescritto dalle leggi iraniane. Morì alcuni giorni dopo in un centro di detenzione, probabilmente a causa della violenza della polizia: la sua morte provocò enormi proteste, che si estesero a tutto il paese e che chiedevano diritti per le donne e lo scioglimento della polizia religiosa.
Il regime iraniano aveva represso le proteste con estrema violenza, e praticamente l’unica concessione che aveva fatto ai manifestanti era stata il ritiro della polizia religiosa dalle strade, e la fine dei pattugliamenti con cui la polizia costringe le donne ad aderire alle leggi sull’abbigliamento.
La polizia religiosa iraniana fu istituita ufficialmente nel 2005 e fu messa sotto il controllo del ministero della Cultura, che nel regime iraniano non ha tanto il compito di promuovere la cultura del paese quanto di proteggere l’etica e i valori iraniani, molto spesso attraverso una estesa censura. Le pattuglie sono solitamente composte da sei persone, di cui quattro uomini e due donne vestite con il chador, un mantello generalmente nero che copre tutto, dalla testa ai piedi. Possono talvolta redarguire uomini per una barba troppo lunga, ma la loro attenzione si concentra principalmente sulle donne e sul corretto impiego dello hijab, il velo, che secondo la legge iraniana, basata su un’interpretazione della sharia, deve coprire tutti i capelli.
Dopo le proteste dell’anno scorso, il regime iraniano aveva ritirato quasi per intero la polizia religiosa dalle strade, e nelle grandi città come la capitale Teheran era diventato non infrequente vedere donne uscire di casa senza velo o con le gambe parzialmente scoperte. Questo non significa che il regime avesse rinunciato a far valere le leggi sul decoro e sulla morale. Soltanto la scorsa settimana un’attrice piuttosto nota, Azadeh Samadi, aveva partecipato a un funerale indossando un cappello anziché un hijab ed è stata condannata a partecipare a lezioni di psicologia per correggere la sua «malattia sociale», ha scritto il Financial Times. La differenza era che, senza la polizia morale in circolazione, era diventato molto più raro per le donne essere fermate per strada.
Negli scorsi mesi alcuni avevano speculato perfino che la polizia religiosa fosse stata abolita del tutto.
Ma domenica il regime ha annunciato che i pattugliamenti della polizia religiosa riprenderanno. Saeed Montazer al Mahdi, il portavoce della polizia, ha detto che «a partire da oggi, la polizia non avrà altra scelta che intraprendere le vie legali con le persone incuranti delle norme sull’abbigliamento e che continuano a violarle […]. In caso di rifiuto ad ascoltare la polizia, le donne saranno mandate a processo». Il ritorno della polizia morale servirà a riportare la «solidarietà sociale», a «rafforzare le radici della famiglia» e arriva in risposta «alla richiesta della popolazione» e dei leader del regime, compreso Ebrahim Raisi, il presidente conservatore dell’Iran.
Non è ancora chiaro se la polizia religiosa tornerà a operare come prima, o se ci saranno cambiamenti. Domenica, ha scritto il corrispondente del Financial Times, nel centro di Teheran la polizia religiosa non era visibile (mentre prima le pattuglie erano spesso bene in vista) e c’erano donne che circolavano tranquillamente senza hijab.