Finita la pandemia, Twitch sta cambiando

Con i lockdown la piattaforma basata sulle dirette streaming era diventata «la tv della Generazione Z», ma quell'“epoca d'oro” è finita

di Pietro Minto

(Payen/SOPA Images via ZUMA Press Wire)
(Payen/SOPA Images via ZUMA Press Wire)
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Il 19 marzo del 2007 Justin Kan, all’epoca ventiquattrenne, cominciò a trasmettere la sua vita su internet. Per farlo, applicò una webcam al suo cappello e utilizzò un computer speciale montato su uno zaino, progettato dal collega Kyle Vogt. Le riprese duravano ventiquattro ore al giorno ed escludevano solo i momenti in cui Kan doveva andare al bagno o farsi la doccia. Il tutto era visibile sul sito Justin.tv, dove gli spettatori potevano interagire con Kan attraverso una chat. L’esperimento prese il nome di lifecasting, una crasi tra life (vita) e broadcasting (trasmettere), e anticipò per molti versi il fenomeno del live streaming, le lunghe dirette via internet.

Nel corso degli anni Justin.tv crebbe fino a ospitare altri utenti, tutti impegnati in trasmissioni video continue via internet. Alcuni di questi si specializzarono nel riprendersi mentre giocavano ai videogiochi, ottenendo grande interesse di pubblico. Nel giugno del 2011, quattro anni dopo la fondazione del sito, la sezione dedicata ai videogiochi di Justin.tv fu trasferita su un portale apposito, Twitch.com, dove chiunque poteva organizzare livestreaming mentre giocava. A fondare il nuovo sito furono gli stessi ideatori di Justin.tv, Kan e Vogt, con Michael Seibel ed Emmett Shear.

Una schermata di Justin.tv nel 2007.

Oggi Twitch.com viene visitato quotidianamente da 31 milioni di persone e a qualunque ora ci sono in media 2,5 milioni che guardano i video, secondo i dati ufficiali dell’azienda. La piattaforma ha circa sette milioni di creator attivi, detti streamer, che producono dirette video che possono durare anche diversi giorni. Il sito si è specializzato sin dall’inizio nel settore dei videogiochi, permettendo a chiunque di riprendere le proprie partite e mandarle in onda online, ma in realtà ospita contenuti di genere e formato diverso, che non riguardano necessariamente il settore videoludico: un esempio è la categoria “Just chatting” (in italiano “Quattro chiacchiere”) in cui lo streamer si limita a parlare col suo pubblico.

L’interazione in tempo reale con gli spettatori è da sempre l’elemento centrale di Twitch. La sociologa statunitense T.L. Taylor, autrice di Watch Me Play: Twitch and the Rise of Game Live Streaming (MIT Press, 2018) ha raccontato il fenomeno spiegando che «i pubblici, e le loro interazioni con chi trasmette, vengono a loro volta integrati nello show», creando «una nuova forma di trasmissione in rete». Nel 2014 Amazon acquisì Twitch per 970 milioni di dollari battendo sul tempo Google, che era a sua volta interessata. Al momento dell’acquisizione, secondo dati riportati dal sito Business Insider, Twitch rappresentava il 2% del traffico internet, una percentuale superata solo da Netflix, Google e Apple. Il tutto a soli tre anni dalla sua fondazione.

All’epoca la decisione di Amazon fu vista come una scommessa sul futuro del settore videoludico, nel quale aveva già investito fondando una casa di produzione di videogiochi. Secondo il sito Vox, inoltre, nel 2014 Amazon era già il secondo rivenditore di videogiochi del mondo, secondo solo a Steam, una piattaforma digitale specializzata.

Da allora Twitch è diventato una delle piattaforme più importanti per la cultura digitale, soprattutto quella giovanile. Una convinzione errata particolarmente diffusa riguardo Twitch è che il suo pubblico sia composto da persone disposte a guardare lunghe dirette in cui una persona gioca a un videogioco come League of Legends, ad esempio, senza fare altro. In realtà, il sito è spesso usato come sottofondo, una presenza che si ascolta e guarda con scarsa attenzione mentre si studia o si lavora. Alcuni format di particolare successo sul sito sembrano richiamare proprio un certo tipo di televisione giovanile simile a quello promosso da MTV nel corso degli anni Novanta e dei primi del Duemila, con l’aggiunta di una componente di interattività che nessun canale televisivo può avere, rappresentata dalla chat nella quale gli spettatori si scambiano messaggi, spesso interpellando direttamente il creator. Secondo Nicoletta Besio, responsabile del dipartimento vendite di Twitch per l’Italia, «Twitch è stato spesso definito la televisione della Generazione Z, ma questa visione è piuttosto riduttiva. La crescente popolarità del livestreaming rappresenta di fatto un’evoluzione dei comportamenti di consumo dei media, piuttosto che un riflesso di abitudini precedenti».

La partecipazione diretta del pubblico influenza il tipo di contenuto prodotto dagli streamer, che prediligono formati come le «reaction» e le discussioni online, ma anche forme di interazione tra i canali, come i raid, delle incursioni nelle quali un creator invita il suo pubblico a spostarsi su un altro profilo che è in diretta in quel momento. Per quanto riguarda gli spettatori, la forma di sostegno allo streamer più diretta è la subscription (o sub), l’abbonamento a un canale che prevede il pagamento di una piccola somma (circa 3,90 euro al mese; gli utenti Amazon Prime possono averne una al mese gratuitamente). Con le sub gli spettatori, oltre a dimostrare il proprio sostegno al creator, ottengono alcuni piccoli privilegi, come l’utilizzo di emote personalizzati per la chat del canale (gli emote sono delle faccine simili a emoji).

Per aumentare il loro numero di abbonati molti streamer si impegnano nelle cosiddette subathon, delle maratone in cui lo streamer rimane in live più a lungo possibile, che possono durare anche diversi giorni. All’inizio della maratona, il creator imposta un conto alla rovescia che segna la fine dell’esperimento: da quel momento rimane in diretta, in live, senza sosta. Una volta concluso il conto alla rovescia, la diretta finisce. C’è però un dettaglio: gli spettatori possono allungare la durata della live aggiungendo minuti al conto della rovescia, attraverso donazioni o l’acquisto di abbonamenti. A rendere popolare questo tipo di maratone è stato lo streamer statunitense Ludwig, che il 13 aprile del 2021 concluse una subathon durata 31 giorni (nell’ultimo giorno il pubblico raccolse denaro da dare in beneficenza). Da allora il genere si è diffuso e alcune maratone arrivano a durare più di cento giorni.

Il ritmo continuo delle dirette, unito ad alcuni meccanismi legati alla fama digitale, ha reso il problema del burnout (la cosiddetta sindrome da stress lavorativo) molto diffuso su Twitch, così come su YouTube. Tra gli streamer italiani che negli ultimi anni hanno deciso di cambiare drasticamente approccio e limitare la propria esposizione su Twitch c’è Edoardo Magro, in arte ilMasseo, uno dei principali streamer della piattaforma con circa 1,7 milioni di iscritti al canale, che nell’ottobre del 2022 annunciò di «voler prendere una pausa dallo streaming» anche per tutelare la sua salute mentale.

A tal proposito, Twitch ha sviluppato una forma di collaborazione diretta con alcuni dei suoi creator più noti, con cui l’azienda (precisamente la persona che cura le relazioni tra Twitch e i principali creator) avvisa lo streamer se a suo avviso si sta caricando di troppo lavoro e dirette, come spiega Francesco Cilurzo, streamer noto con il nome di Cydonia: «Non mi è mai capitato che a me lo dicessero, ma sicuramente quando le cose vanno bene si tende a strafare, soprattutto se non c’è nessuno che ti controlla».

Il rapporto diretto tra streamer e pubblico è alla base del successo della piattaforma e dei suoi creator, oltre che l’elemento che connota anche commercialmente il sito. «Per quanto riguarda il rapporto con gli sponsor», spiega Rachel Delphin, responsabile del marketing per Twitch, «il modo in cui ci distinguiamo dai competitor è la possibilità di essere parte di una fandom (ovvero un gruppo di fan dello stesso prodotto o autore, nda) partecipando e contribuendo alla community».

Il cuore di Twitch è proprio il senso di comunanza e vicinanza, la formazione di gruppi di persone che si uniscono attorno a un determinato argomento o streamer. Per questo, nonostante la natura digitale della piattaforma, Twitch investe da tempo negli eventi dal vivo, come la TwitchCon, una conferenza annuale di cui si è appena conclusa l’edizione europea a Parigi, o i meet up, occasioni di incontro tra appassionati del sito, spesso organizzate in grandi città. Esistono anche molti eventi legati a singoli canali: in Italia, ad esempio, il canale Cerbero Podcast è giunto alla quarta edizione di Cerbero Boscar, un ritrovo annuale di fan che si tiene a Milano.

Il 2020 è stato un anno di svolta per l’intero settore digitale ma in particolare per Twitch, che ha avuto un grande aumento di interesse e visite. Secondo un report pubblicato nel 2021, il numero di ore passate sul sito dai suoi utenti è aumentato dell’82% tra il marzo del 2020 e quello del 2021. Oltre al pubblico è cresciuto anche il numero di persone che ha cominciato a pubblicare dirette, espandendo ulteriormente la proposta del sito.

Tra i creator giunti nella piattaforma nel corso della pandemia c’è anche Giulia Mazza, nota come StudyTme, che ha superato i centomila iscritti al proprio canale proponendo dirette silenziose nelle quali studia e lavora. Mazza ha iniziato nel novembre del 2020, quando l’azienda presso la quale stava facendo uno stage chiese a tutti i suoi dipendenti di lavorare da casa. Per mantenere alta la concentrazione e la produttività, decise quindi di riprendersi mentre lavorava e preparava la tesi di laurea, trovando col tempo un ampio pubblico a cui mancava il senso di comunità e compresenza. «Il mio canale è come un timer, un salvaschermo, e quindi tante persone hanno continuato a seguirmi anche dopo le riaperture, quando sono potute tornare in biblioteca», spiega Mazza.

La pandemia è stata essenziale anche per la nascita di quello che oggi è forse il canale più noto anche al pubblico meno avvezzo ai videogiochi e al livestreaming: nel 2020 l’ex giocatore di calcio Christian Vieri presentò BoboTV, un formato trasmesso dal suo canale Twitch nel quale discute di calcio e sport con una serie di colleghi e amici, come Antonio Cassano e Daniele Adani. L’esperimento ha avuto un grande successo e ha contribuito a portare su Twitch un pubblico diverso dal solito, grazie ai temi trattati e ai nomi coinvolti da BoboTV. Anche in questo caso da questo programma in livestreaming è nata una serie di incontri dal vivo, a conferma dell’importanza della community all’interno di Twitch.

– Leggi anche: La BoboTV e il suo racconto diverso del calcio

Con la fine dei lockdown e delle restrizioni causate dal Covid, il sito ha registrato un calo di utenti. «Come credo ogni piattaforma internet», spiega Jeremy Forrester, vicepresidente di prodotto di Twitch, «con le riaperture non abbiamo visto il mantenimento di quella crescita ma i numeri sono comunque molto più alti di quanto lo fossero prima della pandemia». Secondo Vincenzo Marino, autore di Zio, una newsletter dedicata alla Generazione Z (quella dei nati dalla metà degli anni Novanta in poi), e del saggio Sei vecchio, «oggi Twitch è ancora in grado ancora di spostare equilibri culturali: da lì stanno continuando a nascere nuovi fenomeni rilevanti anche fuori dai social, con creator come “IlRosso” e “Lollolacustre”, ma anche BoboTV. Ma non ha più gli stessi numeri di prima». A inizio anno, il sito ha registrato un calo del 9,4% sia sul pubblico medio sia nel numero di ore guardate su base annua.

A determinare la contrazione, oltre alle contingenze legate alla pandemia, ha contribuito l’aumento della concorrenza nel settore dei live streaming, e più in generale una profonda trasformazione in quello dei social network. Nel dicembre del 2022 Ed Craven e Bijan Tehrani, fondatori del casinò online Stake.com, hanno fondato Kick.com, un servizio per il live streaming che punta su una proposta più attraente per quanto riguarda alcuni degli aspetti più critici di Twitch, come la moderazione dei contenuti e i limiti imposti alla monetizzazione.

La presentazione del servizio è avvenuta in una fase particolare di Twitch, che lo scorso anno ha tagliato la percentuale di entrate destinate ai creator. La politica aziendale del sito prevede infatti una divisione in parti uguali tra Twitch e creator delle entrate provenienti da donazioni e abbonamenti, con l’eccezione di alcuni streamer, appartenenti alla fascia premium, a cui va il 70% del totale. Lo scorso settembre l’azienda ha annunciato di voler mantenere questa percentuale di favore solo per i primi centomila dollari guadagnati in un anno: superata questa soglia, Twitch si terrà comunque il 50% delle entrate.

Secondo il New York Times, l’obiettivo dell’azienda era di spingere gli streamer a trasmettere più stacchi pubblicitari (da cui la piattaforma guadagna direttamente) ma l’esecuzione ha finito per generare rabbia e disillusione tra molti dei nomi più importanti tra gli streamer. A inizio giugno, inoltre, Twitch ha presentato nuove regole con cui ha provato a limitare le sponsorizzazioni, i contenuti brandizzati e «i servizi basati sullo scambio di valore» tra creator e aziende. A seguito delle grandi polemiche suscitate dalla proposta, l’azienda ha ritrattato sulle nuove regole ammettendo che «queste linee guida sono pessime per voi e pessime per Twitch e le rimuoviamo immediatamente».

Kick si è invece presentato come un modello più redditizio per i creator, nel quale la piattaforma trattiene solo il 5% delle entrate. Il sito ha anche regole molto più blande per quanto riguarda la moderazione dei contenuti, come dimostra anche la presenza di streamer che giocano d’azzardo nella piattaforma (solo a inizio luglio il sito ha annunciato regole più stringenti al riguardo). Kick sta inoltre investendo direttamente per strappare a Twitch alcuni suoi streamer e lo scorso giugno ha firmato un accordo da circa cento milioni di dollari con il canadese Félix Lengyel, in arte xQc, che ha lasciato Twitch. Questa fase di espansione sta comunque costando una fortuna a Kick, che starebbe «bruciando soldi», secondo un ex dipendente di Twitch, Cyrus Hall, che ha notato come l’azienda concorrente utilizzi i servizi di infrastruttura web di Amazon Web Services (AWS), azienda di proprietà di Amazon, che a sua volta controlla Twitch: secondo Hall, Kick sta quindi «sovvenzionando Twitch», anche se indirettamente.

Un altro aspetto su cui punta la concorrenza è la moderazione dei contenuti. Twitch è nota per avere linee guida molto severe per quanto riguarda il linguaggio usato negli streaming e per proibire tutte le parole e i comportamenti che discriminano per etnia, credenza religiose, identità di genere, orientamento sessuale, disabilità, o che incitino alla violenza. Su questo, spiega Marino, l’azienda è piuttosto inflessibile, «sebbene l’incredibile mole di dirette, e l’impossibilità di intervenire in totale sincronia con le live, renda praticamente impossibile immaginare una piattaforma completamente “pulita”». Uno dei casi più controversi e indicativi della rigidità della piattaforma riguarda Daniele Simonetti, in arte Sdrumox, streamer italiano che alla fine del 2020, in seguito a una battuta a sfondo razzista, fu segnalato e bandito a vita dalla piattaforma (il cosiddetto permaban, o bando permanente).

Negli ultimi anni Twitch si è ritagliata un ruolo molto particolare nell’ecosistema dell’intrattenimento digitale: complice la sua natura televisiva, le dirette sono diventate il punto di partenza di buona parte della cultura, del folklore digitale, spingendo sempre più persone a usare clip tratte dai live streaming per confezionare contenuti da pubblicare altrove. YouTube e TikTok, in particolare, sono pieni di account dedicati a copiare, tagliare e pubblicare le scene migliori, più divertenti o controverse di Twitch: sono i cosiddetti freebooter, spesso invisi ai creator, che si sentono derubati dei loro contenuti. L’utilizzo di piattaforme diverse e dei social network è comunque parte del lavoro degli streamer, che spesso curano personalmente la loro presenza su Instagram, YouTube e TikTok, come la stessa Twitch consiglia di fare («È uno dei dei metodi più comprovati per crescere», secondo Forrester).

Anche in questo caso, nel periodo post-pandemico sono diminuiti i numeri di freebooter impegnati a confezionare compilation del «meglio di Twitch», e in alcuni casi si sono spostati verso le compilation dei «migliori TikTok». In generale, tra molti utenti e anche alcuni creator, sembra diffusa l’idea che sia finita un’«età dell’oro» della piattaforma, una fase di lunga crescita, scoperta e sperimentazione. Tra le cause di questa percezione non c’è solo la pandemia e i suoi effetti ma anche il successo avuto dalla piattaforma stessa, il fatto che Twitch si sia avvicinato al mainstream, con tutto ciò che questo comporta in fatto di moderazione dei contenuti e interessi economici.

«Non dico che siamo giunti a un punto di saturazione, ma quasi», sostiene Cydonia, spiegando che i canali cresciuti di più durante la pandemia sono sempre quelli e sono nell’ordine delle decine. Nel frattempo, però, gli streamer e aspiranti tali sono aumentati in modo significativo, rendendo più difficile il lancio di un canale nuovo da parte di un giovane creator.

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