La storia del «primo filippino», dall’Ottocento a oggi
Ovunque nelle Filippine ci sono monumenti a José Rizal e i suoi romanzi si studiano per legge: in Italia sono stati tradotti da un professore in pensione
Il nome e le fattezze dello scrittore José Rizal non dicono molto in Europa, ma nelle Filippine è molto facile imbattersi in monumenti dedicati a lui: ce ne sono più o meno in ogni città. Il suo volto è raffigurato sulle monete da 1 peso e da lui prende il nome il più grande parco del centro di Manila. Una legge impone lo studio dei suoi romanzi in tutte le scuole e le università e il giorno della sua morte, il 30 dicembre, è festa. È infatti considerato un eroe nazionale ed è chiamato il «primo filippino», perché i suoi romanzi ispirarono il movimento rivoluzionario che portò alla fine del dominio coloniale della Spagna sulle Filippine, oltre a valergli una condanna a morte: fu ucciso da un plotone d’esecuzione nel 1896, proprio dove ora c’è il Rizal Park di Manila.
Sebbene ci sia una sua statua anche in piazzale Manila a Roma, Rizal non è noto in Italia. In generale le culture e la storia dei paesi asiatici e africani sono perlopiù trascurate dai programmi scolastici, ma forse Rizal, considerando la sua fama e la sua importanza nel paese d’origine, è particolarmente ignorato. I suoi romanzi, che in inglese sono disponibili in edizioni della grande casa editrice Penguin, non sono mai stati pubblicati in Italia e le uniche traduzioni esistenti sono state fatte e poi rese disponibili online da un professore di fisica in pensione che si è appassionato alla cultura filippina dopo aver conosciuto la badante di sua moglie, che era appunto filippina.
La storia di Rizal è però al centro di un romanzo da poco arrivato nelle librerie italiane, La rivoluzione secondo Raymundo Mata di Gina Apostol, scrittrice filippina residente negli Stati Uniti (se ne è parlato nell’ultima puntata del podcast del Post Comodino), e proprio negli articoli di Apostol è comparsa qualche volta sui media americani negli ultimi anni.
Rizal nacque nel 1861, anno dell’unità d’Italia, a Calamba, nel nord delle Filippine. All’epoca il paese era una colonia spagnola da circa trecento anni ed era controllato con la stretta collaborazione della Chiesa cattolica, i cui ordini religiosi si impegnarono per secoli per convertire la popolazione: ancora oggi il cattolicesimo è la religione più praticata nelle Filippine, e per quanto oggi quasi nessuno parli lo spagnolo la cultura spagnola e cattolica ha influenzato a tal punto quella filippina che oggi per certi versi è più vicina a quelle sudamericane che a quelle asiatiche.
I genitori di Rizal avevano origini cinesi e tagalog, cioè di una delle etnie filippine, ma avevano nomi spagnoli perché le autorità coloniali avevano imposto alla popolazione di scegliere nomi e cognomi spagnoli o spagnoleggianti. E Rizal scrisse principalmente in spagnolo: per questo le sue opere, nonostante nelle scuole siano studiate come la Commedia di Dante Alighieri e I promessi sposi di Alessandro Manzoni in Italia, vengono lette in traduzione – inglese o in altre delle numerose lingue parlate nelle Filippine – perché altrimenti risulterebbero incomprensibili.
Rizal fu autore di poesie, saggi e lettere ma le sue opere principali sono due lunghi romanzi, che a trame tipiche da romanzi avventurosi e melodrammatici ottocenteschi associano messaggi politici e satirici. Il primo è Noli me tangere, quello che secondo Gina Apostol e altri intellettuali «creò la nazione filippina» perché per la prima volta la rappresentò: le Filippine sono un paese fatto di più di 7mila isole in cui si parlano più di cento lingue e Rizal fu il primo a descriverne l’identità comune e quindi a farla percepire. La pensava così anche il filosofo politico e studioso dei paesi asiatici Benedict Anderson, che definì il concetto di “comunità immaginata”: indica quei grandi gruppi di persone (come un popolo) che iniziano a percepire un senso di appartenenza comune se condividono un immaginario collettivo e delle tradizioni, che possono essere inventate.
Noli me tangere fu stampato nel 1887 a Berlino, dove Rizal viveva all’epoca. Il titolo è un’espressione in latino tratta dalla Bibbia che significa “Non mi toccare” ed era usata per indicare tumori delle palpebre – lo scrittore era anche un oculista – che facevano provare dolore se toccati: per Rizal la dominazione spagnola era come un cancro che faceva soffrire i filippini.
Il romanzo racconta di un giovane filippino, Crisóstomo Ibarra, che torna nel suo paese dall’Europa dopo la morte del padre e scopre che è stato assassinato per ragioni politiche e che i rappresentanti della chiesa locale sono coinvolti. Ricorda un po’ I promessi sposi perché il programmato matrimonio del protagonista viene fatto saltare dai suoi nemici, ma probabilmente è ispirato soprattutto a un romanzo spagnolo di qualche anno precedente, Doña Perfecta di Benito Pérez Galdós. Le autorità spagnole non a caso misero al bando il libro nelle Filippine. Venne comunque fatto circolare di nascosto, anche se solo poche persone benestanti e istruite conoscevano lo spagnolo ed erano in grado di leggerlo.
L’altro romanzo di Rizal, Il filibusterismo, è il seguito di Noli me tangere e fu pubblicato nel 1891. In questo secondo libro Crisóstomo Ibarra torna con un nome falso nelle Filippine anni dopo gli eventi del primo, e si impegna per sobillare una rivolta contro gli spagnoli. È stato paragonato a Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas e secondo Apostol è un romanzo migliore dal punto di vista letterario.
Nell’anno della pubblicazione di Il filibusterismo Rizal tornò nelle Filippine e fondò la Liga filipina, un’associazione che chiedeva riforme sociali moderate con mezzi legali. Il governo spagnolo tuttavia lo aveva già dichiarato un nemico dello stato per i suoi romanzi: dichiarò illegale anche l’associazione e confinò Rizal a Dapitan, una città del sud del paese, sull’isola di Mindanao.
Quattro anni dopo lo condannarono a morte, accusandolo di essere coinvolto nella società segreta Katipunan, che dopo essere stata scoperta aveva iniziato a organizzare moti rivoluzionari. Pare che in realtà Rizal fosse contrario a una rivoluzione violenta, e avesse rifiutato di unirsi al Katipunan, ma fu comunque ucciso dagli spagnoli e la sua morte animò ancora di più la ribellione contro il dominio coloniale.
L’indipendenza delle Filippine fu dichiarata nel 1898, ma poco dopo la Spagna cedette formalmente il territorio agli Stati Uniti insieme a Porto Rico e Guam per aver perso la cosiddetta Guerra ispano-americana. Gli Stati Uniti non riconobbero l’indipendenza filippina e la repubblica che nel frattempo era stata fondata: dopo la fine della Guerra filippino-americana iniziò il secondo periodo coloniale del paese, che durò fino al 1946.
Come dominatori coloniali, paradossalmente gli Stati Uniti contribuirono a creare l’attuale mito nazionalista di Rizal. Ai tempi della Guerra filippino-americana erano infatti poche persone tutto sommato a conoscere la vita e le opere dello scrittore, per quanto fosse ben noto alla minoranza che aveva organizzato la rivoluzione. Ma l’amministrazione statunitense ne promosse la memoria perché prendesse il posto di quella dei protagonisti della rivoluzione, favorevoli all’uso della violenza contrariamente a Rizal.
Negli anni Cinquanta, dopo l’indipendenza, venne introdotta la legge che impone lo studio delle opere dello scrittore in tutte le scuole. Ai filippini i due romanzi di Rizal sono così familiari per il percorso scolastico che vengono chiamati con due abbreviazioni colloquiali: “the Noli” e “the Fili”, “il Noli” e “il Fili”.
Apostol, così come Anderson in passato, è molto critica sul modo in cui la storia di Rizal e i suoi romanzi sono insegnati: il personaggio storico viene rappresentato in modo agiografico, come se fosse un santo, con intenti moralistici, e dei suoi romanzi non viene analizzato il valore letterario. Questo anche perché le vecchie traduzioni delle sue opere usate nelle scuole non ne hanno conservato i guizzi umoristici, i tratti più anticlericali e i riferimenti sessuali. «Ricordato a pezzi come un patriota, un martire, un nazionalista, un salvatore e un santo, Rizal non è davvero considerato come scrittore e non viene letto come un artista», aveva raccontato Apostol sulla Los Angeles Review of Books.
Anche per via dell’approccio idealizzante, Rizal è una figura attorno a cui sono nate varie leggende metropolitane. Una, basata unicamente sull’aspetto fisico di Rizal e sul fatto che fosse in Austria nel 1887, dice che sarebbe il vero padre di Adolf Hitler (nato nel 1889). Un’altra che avrebbe conosciuto Jack lo Squartatore – solo perché visse nel quartiere di Londra dove avvenivano i suoi omicidi in quel periodo.
I due romanzi e gli altri scritti di Rizal si possono leggere in italiano grazie a una persona che non ha studiato traduzione ma non si è arresa al disinteresse degli editori per la pubblicazione delle opere dello scrittore filippino: Vasco Caini. Ricercatore nel centro applicazioni militari dell’energia nucleare di Pisa, poi professore di fisica atomica e nucleare nella facoltà di ingegneria dell’Università di Pisa e ora pensionato, a partire da una ventina d’anni fa Caini ha tradotto dallo spagnolo tutte le opere di Rizal che nelle Filippine costituiscono “l’edizione nazionale”.
«Avevo assunto una badante filippina per mia moglie», racconta Caini: «Mi venne voglia di visitare le Filippine facendomi accompagnare da lei. Lessi pertanto tutte le guide e mi imbattei in Rizal e nel suo Noli, che lessi nelle Filippine». Tornato in Italia scoprì che non solo non esistevano traduzioni, ma che quasi nessuno conosceva il nome di Rizal. «Alla fine, pensai di tradurlo io approfittando di un po’ dello spagnolo imparato in Svezia collaborando con un gruppo di studenti argentini che condividevano una borsa di studio in fisica». Poi provò a proporre le proprie traduzioni a vari editori importanti ma non ebbe risposte. Così rese tutte le versioni disponibili gratuitamente su un sito. Successivamente fu invitato a parlarne nelle Filippine e nel 2019, l’Ordine dei Cavalieri di Rizal, l’unico ordine cavalleresco filippino, lo premiò per le sue traduzioni.
Caini ha impiegato dieci anni per la sua opera di traduzione. Gli sarebbero rimaste alcune lettere e la bozza iniziale del terzo romanzo incompiuto di Rizal, scoperta da uno storico nel 1987, ma non se ne occuperà: «Non traduco più. Ho 96 anni». Sempre per questioni di età è preoccupato per il futuro del suo lavoro: «Ora tutte le sue opere tradotte in italiano sono su internet, purtroppo bisogna pagare per mantenercele ed io verrò meno presto».
– Ascolta anche: L’ultima puntata di Comodino