Cosa non torna nella versione di Santanchè
Molte delle cose dette dalla ministra per difendersi sono state messe in dubbio, ed è confermata l'indagine a suo carico che aveva tentato di smentire
A quasi una settimana dall’informativa al Senato con cui la ministra del Turismo Daniela Santanchè si era difesa dalle accuse sulla sua attività imprenditoriale, molte delle cose che ha detto non tornano o sono state smentite. Le accuse riguardavano perlopiù il fatto che Santanchè avrebbe gestito le sue aziende in modo poco trasparente, tra le altre cose licenziando dipendenti senza poi riconoscere loro il trattamento di fine rapporto (tfr) e in almeno un caso imponendo a una dipendente la cassa integrazione a zero ore a sua insaputa, facendola comunque lavorare: una circostanza che se fosse verificata sarebbe un reato.
Questa settimana una nuova puntata di Report ha messo in fila molte incongruenze del discorso di Santanchè in Senato, ma alcune erano già emerse nelle ore successive, mercoledì scorso. Santanchè aveva negato di essere indagata, nel tentativo di smentire così una notizia di cui i giornali parlavano da mesi, salvo poi ricredersi nel giro di poche ore e ammettere in una nota inviata alle agenzie di stampa l’indagine a suo carico da parte della procura di Milano. L’accusa è di falso in bilancio per la gestione tra il 2016 e il 2020 della società Visibilia Editore, una casa editrice che pubblica diverse riviste – tra cui Visto e Novella 2000 – e di cui Santanchè è stata presidente e amministratrice delegata fino al 2022.
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Su Visibilia Report ha segnalato una serie di altre incongruenze. Riguardano soprattutto la dipendente che aveva denunciato di essere stata messa in cassa integrazione a sua insaputa, che per la prima volta da quando sono state rese note le accuse a Santanchè ha parlato comparendo pubblicamente. Si chiama Federica Bottiglione ed era responsabile degli affari societari di Visibilia Editore, quindi un ruolo decisamente importante.
Al Senato Santanchè si è detta «certa che quella dipendente non abbia mai messo piede in Visibilia» durante il periodo della sua cassa integrazione, cominciata nel periodo della pandemia. Bottiglione ha invece detto di non aver mai smesso di lavorare, e nel servizio di Report sono stati mostrati diversi documenti che lo testimonierebbero, come verbali di assemblee redatti e firmati dalla stessa Bottiglione nel periodo in cui avrebbe invece dovuto essere in cassa integrazione a zero ore: i dipendenti in cassa integrazione a zero ore vengono pagati interamente dallo Stato e per legge non possono lavorare.
Lo stipendio in questi casi è ridotto rispetto a quello normale, perciò il giornalista autore dell’inchiesta, Giorgio Mottola, ha chiesto a Bottiglione come mai non se ne fosse accorta. Bottiglione ha spiegato di aver notato l’anomalia in ritardo perché in quel periodo le erano state pagate diverse mensilità tutte insieme e in ritardo. Inoltre, per compensare la differenza tra la cassa integrazione e lo stipendio normale di Bottiglione, la società di Santanchè aveva aggiunto a quegli stipendi una cifra forfettaria a titolo di rimborso spese chilometrico (il rimborso per chi si sposta con un proprio mezzo per motivi di lavoro, peraltro impossibile nei periodi di lockdown come quello in questione).
In Senato, pur senza nominarla direttamente, Santanchè aveva duramente attaccato Bottiglione, sostenendo che non potesse non essersi accorta di essere in cassa integrazione perché era segnalato nelle sue buste paga. Non ha menzionato i rimborsi spese chilometrici. Nonostante abbia negato le accuse, Santanchè al Senato ha detto che «la società ha preferito comunque sanare la sua posizione». Non si conoscono i dettagli di questo “risanamento”, né se le eviterà problemi giudiziari, si sa solo che Bottiglione aveva denunciato Visibilia.
Bottiglione ha inoltre raccontato che per via del suo stipendio basso aveva accettato di fare un altro lavoro, una consulenza a contratto dell’attuale presidente del Senato, Ignazio La Russa. Ha anche detto che all’occorrenza svolgeva compiti specifici in parlamento per Santanchè.
Un’altra parte consistente delle accuse a Santanchè riguarda la società di distribuzione di prodotti biologici Ki Group. Santanchè ha gestito la società fino al 2022 insieme al suo ex compagno Canio Mazzaro, secondo alcune testimonianze con qualche irregolarità. A Report diverse ex dipendenti di Ki Group hanno raccontato di essere state licenziate nel 2021 e di dover ancora ricevere i trattamenti di fine rapporto per decine di migliaia di euro, quella somma che deve essere riconosciuta al dipendente quando termina un contratto di lavoro.
In Senato Santanchè si è difesa dicendo di non aver «mai avuto partecipazione di qualunque rilievo nelle imprese del settore dell’alimentare biologico» e che la sua partecipazione «in Ki Group srl» non ha «mai superato il 5 per cento». Quanto detto da Santanché è vero, ma è anche vero che Ki Group srl è di proprietà di Ki Group spa, a sua volta controllata da Bioera (altra società di distribuzione di prodotti biologici), di cui Santanchè possedeva a sua volta il 14,9 per cento attraverso una società di investimenti, la D1 Partecipazioni. Al Senato Santanchè ha insomma dato un quadro della situazione almeno parziale, anche perché Report ha parlato di un accordo secondo cui Santanchè sarebbe stata di fatto amministratrice di Bioera insieme a Canio Mazzaro.
Anche le testimonianze delle ex dipendenti di Ki Group contraddicono quello che ha detto Santanchè sul suo ruolo di scarso rilievo nell’azienda. Monica Lasagna, ex direttrice commerciale di Ki Group, ha detto a Report che Santanchè faceva con lei riunioni quindicinali, e anche in questo caso ci sono foto di riunioni online e di messaggi WhatsApp che testimoniano un ruolo attivo di Santanchè. In Senato Santanchè ha tenuto ad assicurare che le dipendenti riceveranno il tfr che spetta loro.
L’ultima incongruenza del discorso di Santanchè in Senato riguarda i compensi da lei ricevuti per i suoi ruoli dirigenziali in Ki Group. Santanchè ha detto di aver incassato complessivamente 27mila euro lordi da Ki Group srl dal 2019 al 2021, e una media di circa 100mila euro lordi all’anno da Bioera dal 2014 al 2019. Secondo Report, che anche in questo caso ha mostrato documenti e bilanci a sostegno delle accuse, Santanchè avrebbe invece ricevuto in 9 anni 2,5 milioni di euro per le sue cariche sociali tra le varie società Ki Group srl, Ki Group spa e Bioera.
Secondo Report questi alti compensi derivanti dalle quote di Santanchè in queste società non erano proporzionati ai risultati delle società stesse in quei periodi, che anzi erano spesso in perdita. Nel 2018 per esempio Ki Group spa aveva perdite a bilancio per 7 milioni di euro, e Santanchè si era assegnata 280mila euro di compensi, più altri 119mila di Bioera. Nel 2016 lei e Mazzaro avevano percepito in tutto compensi per 1,6 milioni di euro, mentre Ki Group spa ne perdeva 2,7. In pratica, dice Report, più di metà delle perdite era costituita dai loro compensi.