Perché in Lombardia i treni sono quasi sempre in ritardo
È il risultato di un conflitto di interessi tra la Regione e l'azienda ferroviaria Trenord, di una gestione poco organica e scelte sbagliate
di Isaia Invernizzi
Le persone che tutte le mattine salgono su un treno a Cremona per raggiungere Milano più o meno sanno quando partono, ma spesso non sanno quando arrivano. Quasi sempre c’è un ritardo. A volte gli altoparlanti annunciano un guasto sulla linea ferroviaria, più spesso i motivi sono sconosciuti. Capita di frequente che il treno venga cancellato a pochi minuti dalla partenza o che si fermi in mezzo ai campi coltivati per diversi minuti, senza che vengano date spiegazioni. Quando non ci sono abbastanza carrozze si viaggia stretti, in piedi accanto alle porte o sulle scale.
La linea tra Cremona e Milano è tra le peggiori, ma le altre non sono messe meglio: ogni giorno anche i pendolari che partono da Brescia, da Bergamo, da Lecco e dalla zona occidentale della Lombardia devono fare i conti con imprevisti e ritardi.
All’inizio di luglio l’assessore regionale ai Trasporti, Franco Lucente, ha scritto una lettera a Trenord, l’azienda che gestisce il servizio ferroviario in Lombardia. Ha usato parole piuttosto nette: «Ritardi, soppressioni e cancellazioni di treni già pronti a partire stanno crescendo di giorno in giorno, con evidente disagio per gli utenti. E poi guasti tecnici a ripetizione, come porte che non si chiudono, impianti di raffreddamento che si bloccano o perdono acqua». Lucente ha detto di ricevere ogni giorno lamentele da amministratori locali, consiglieri regionali e soprattutto pendolari. Nonostante i continui disagi, la Regione affiderà il servizio ferroviario regionale a Trenord fino al 2033 in modo diretto, senza gara e quindi senza concorrenza (su questo punto ci torniamo).
La lettera di Lucente non sarebbe strana in qualsiasi altra regione italiana, dove le istituzioni regionali affidano la gestione del trasporto ferroviario ad aziende esterne come Trenitalia, sovvenzionate per assicurare i collegamenti in tutto il territorio, anche dove non sarebbe conveniente far viaggiare un treno. In Lombardia funziona allo stesso modo, con una differenza sostanziale: la Regione ha fondato Trenord e influisce sulle nomine di chi la amministra. È proprietaria dell’azienda e allo stesso tempo cliente del servizio che offre quell’azienda, è controllore e controllato, una delle tante anomalie – forse la più significativa – che spiega come mai Trenord non riesce a rimediare a oltre un decennio di guai.
Trenord venne creata nel 2011 dopo che lo Stato assegnò alle Regioni la responsabilità e il finanziamento del servizio ferroviario regionale. È controllata al 50 per cento da Trenitalia, azienda del gruppo Ferrovie dello Stato, e per un altro 50 per cento dal gruppo Ferrovie Nord Milano (FNM), una società a sua volta controllata per quasi il 60 per cento dalla Regione. Trenord gestisce il servizio passeggeri, cioè i treni, la programmazione degli orari e la frequenza delle corse.
I binari invece sono responsabilità di RFI (Rete Ferroviaria Italiana), di proprietà di Ferrovie dello Stato, che controlla anche il 100 per cento di Trenitalia. RFI ha il compito di fare la manutenzione delle linee, di programmare investimenti per migliorarle e di gestire la capacità ferroviaria di ogni singola tratta.
Dino Nikpalj, giornalista dell’Eco di Bergamo che da molti anni segue le vicende e i problemi del sistema ferroviario lombardo, paragona Trenord a un ircocervo, una creatura mitologica per metà capra e per metà cervo. «Non si capisce mai chi comandi davvero», ha scritto in un editoriale. «O meglio, quasi sicuramente comandano le Ferrovie, presenti sì pariteticamente con Trenitalia, ma di fatto detentrici quasi assolute della rete, ovvero dei binari, tramite RFI. E se i due pianeti non si allineano si possono anche comprare migliaia di treni, ma senza le rotaie per farli andare non si farà mai molta strada. Sicuramente non quella necessaria ai pendolari lombardi».
Quando la Lombardia fondò Trenord, l’idea dell’allora presidente Roberto Formigoni era di creare un’unica grande società che comprendesse anche ATM, che gestisce la metropolitana, i tram e gli autobus di Milano. «È la prima operazione di federalismo ferroviario», disse all’epoca Formigoni, fiducioso della possibilità di controllare e sostenere lo sviluppo della rete ferroviaria lombarda. La mancata fusione con ATM e la netta separazione con RFI, che continua ad avere la responsabilità dei binari, ha compromesso fin da subito il progetto iniziale.
Negli anni seguenti Trenord non riuscì a migliorare i collegamenti in quantità e qualità. Gli investimenti furono limitati, così come le assunzioni, e i treni invecchiarono rapidamente.
Nel 2015 la Regione chiese a Trenord uno sforzo per collegare l’area dell’Expo a tutte le città lombarde con corse speciali. Alcuni dirigenti tentarono di avvisare l’azienda dei rischi a cui sarebbe andata incontro, perché utilizzare tutti i treni a disposizione significava rimandare le manutenzioni di molte carrozze e locomotive. Nel 2018 non fu più possibile ignorare le scadenze. Molti treni andarono in manutenzione per diversi mesi e Trenord fu costretta a tagliare il servizio del 5,5 per cento sacrificando corse considerate marginali e in orari notturni.
Secondo un’analisi di Paolo Beria, professore di Economia applicata al politecnico di Milano e direttore del laboratorio di ricerca Traspol sulle politiche dei trasporti, Trenord non è più riuscita a recuperare i tagli fatti nel 2018. Il confronto tra il 2017 e il 2022 mostra che alcune linee sono rimaste le stesse, altre sono state chiuse, altre ancora viaggiano a orari ridotti per lavori e soltanto alcune sono state in parte potenziate.
Se si escludono le linee transfrontaliere che portano in Svizzera, nel 2022 le corse sono state il 5 per cento in meno rispetto al 2017. Lo sviluppo promesso non c’è stato. «La politica industriale di Trenord è dettata dalle difficoltà», spiega Beria. «È una situazione preoccupante e sorprendente se si pensa che la Regione Lombardia è l’unica in Italia che ogni anno mette un’enormità di risorse economiche in più rispetto ai soldi garantiti dallo Stato per sostenere il trasporto ferroviario locale. Trenord era nata anche per generare economie di scala: più offerta, meno costi. Non è mai avvenuto». Nel 2022 la Lombardia ha dato a Trenord 453 milioni di euro e nel piano economico presentato per i prossimi anni i contributi saliranno fino a 543 milioni di euro all’anno. La vendita di biglietti e abbonamenti copre circa il 45 per cento dei ricavi.
I dati ufficiali diffusi dall’azienda dicono che ogni giorno feriale Trenord effettua in media 2.185 corse, circa 59mila al mese, 705.274 in tutto il 2022. In totale sono stati percorsi 40 milioni di chilometri e trasportati poco più di 600mila passeggeri ogni giorno, quasi il 30 per cento in meno rispetto al 2019, l’anno che ha preceduto la pandemia.
La puntualità e il numero di cancellazioni sono i dati più importanti e critici. Nel 2015 l’87,5 per cento dei treni arrivava con al massimo 5 minuti di ritardo, percentuale scesa al 78% nel 2018 e via via risalita fino all’83,7% del 2022, un risultato decisamente peggiore rispetto a sette anni prima. Un buon metro di paragone sono i risultati di Trenitalia, che gestisce la maggior parte del traffico nelle altre regioni: nel 2022 è stata registrata una puntualità del 94,4%.
Tornando a Trenord, i limiti mensili di puntualità imposti come obiettivo minimo e indispensabile sono stati superati in 145 occasioni: in questi casi ai pendolari viene assicurato uno sconto del 30% sull’abbonamento successivo grazie a un sistema di compensazione chiamato bonus.
Anche le soppressioni sono molte: l’anno scorso ci sono state 30 soppressioni totali ogni giorno e 27 con limitazioni di percorso, cioè con interruzioni prima dell’arrivo alla destinazione prevista. Trenord spiega che la colpa non è tutta sua. I risultati, dice l’azienda, sono fortemente determinati dal fatto che in Lombardia metà della rete ferroviaria è a binario unico, sotto la responsabilità di RFI. Il passaggio di treni viene regolato con un senso unico alternato e le conseguenze dei guasti si ripercuotono per ore, a volte per giorni. I treni regionali, inoltre, condividono i binari con l’alta velocità, con gli interregionali, gli internazionali e i treni merci. «C’è una rete che non regge più i tanti treni che ci sono in più», ha detto il presidente lombardo Attilio Fontana. «RFI deve investire 14 miliardi di euro sulla rete secondo l’impegno che si era assunta, ma purtroppo i lavori non stanno cominciando».
Anche la responsabilità delle soppressioni è solo in parte di Trenord. Il 55 per cento di tutte le soppressioni è dovuto all’indisponibilità improvvisa dei treni causata soprattutto dai guasti, quindi all’affidabilità di Trenord, mentre il restante 45 per cento si spiega con problemi dell’infrastruttura, cioè dei binari, dei passaggi a livello e dei meccanismi di scambio, e con cause esterne come eventi atmosferici, problemi di ordine pubblico e interventi dei soccorsi sanitari.
Nell’ultima riunione della commissione regionale trasporti è emerso che Trenord ha accumulato 11,2 milioni di euro di penali da pagare alla Regione Lombardia per non aver rispettato le richieste del contratto di servizio, che definisce in maniera puntuale tutte le caratteristiche da rispettare come per esempio gli orari, le tariffe, la puntualità, la pulizia. Un milione e mezzo di euro riguarda il 2021, mentre 9,7 milioni di euro il 2022. Negli ultimi giorni sulle penali c’è stato un aspro e insolito confronto tra i consiglieri regionali del Partito Democratico e la stessa Trenord, che ha inviato una nota per rispondere alle critiche e precisare alcuni dati diffusi dall’opposizione.
A marzo Marco Piuri, amministratore delegato della società, se l’è presa con RFI nell’ennesima iterazione di un confronto che va avanti da anni, tra comunicati stampa e dichiarazioni piccate. «Ci sono problemi, ma non parlerei di disastro. Soprattutto, le responsabilità non sono imputabili solo a Trenord», ha detto Piuri riferendosi alle penali accumulate nel 2022. «La mobilità è un sistema e tutti gli attori devono dare il meglio perché le cose funzionino. Faccio un esempio: se guido un Suv potente, ma su una strada di montagna e a senso unico alternato, non avrà ottime prestazioni». Il Suv potente sarebbe Trenord, la strada di montagna a senso unico alternato RFI.
Franco Aggio ha iniziato anni fa ad alimentare le sue banche dati con i ritardi e le soppressioni dei treni. È presidente di MI.MO.AL., il comitato dei pendolari della linea ferroviaria Milano-Mortara-Alessandria, una delle peggiori della Lombardia. Non è il suo lavoro, anche se dedica diverse ore della sua giornata al comitato, alla rilevazione dei dati e agli incontri con gli altri comitati. Sensibilizzare la popolazione su questi temi, dice, è complesso: le lamentele dei pendolari si limitano ai post sui social network, è scomodo organizzare riunioni e quindi essere compatti per fare pressioni sulle istituzioni e provare a cambiare le cose. «Nell’ultimo anno il servizio di Trenord è leggermente migliorato, ma non al punto da cancellare il passato: le sofferenze inflitte alla maggior parte dei suoi clienti continuano», dice Aggio. «Inoltre gli incontri con la Regione sono ripresi soltanto negli ultimi mesi con l’assessore Lucente perché nella passata legislatura l’assessora Claudia Terzi ha smesso di confrontarsi con i pendolari».
Il comitato MI.MO.AL. ha segnalato più volte le conseguenze dovute all’età media piuttosto alta dei treni: attualmente è di 15,8 anni a fronte di una media nazionale di 15,3. Quando i treni sono datati ci sono più possibilità che si guastino e che siano poco confortevoli, con i sedili logori, i finestrini rotti e le porte più propense a bloccarsi. Secondo la rilevazione più recente del comitato la linea messa peggio è la Bergamo-Milano via Carnate, con treni che hanno in media 40 anni. L’età media è alta anche sulla Voghera-Piacenza e sulla Saronno-Albairate (35 anni), sulla Stradella-Pavia-Milano e sulla Piacenza-Lodi-Milano (34 anni).
Nella scorsa legislatura la Regione ha acquistato 222 nuovi treni per svecchiare la flotta, limitare i guasti e i ritardi. Sono stati spesi 1,7 miliardi di euro. I primi treni sono stati consegnati nel febbraio del 2020, quest’anno ne arriveranno 63 e gli ultimi sono previsti nel 2025: quando l’operazione sarà conclusa, Trenord stima di avere a disposizione 500 treni con un’età media di 10 anni.
Il problema, dicono i comitati, sono i criteri con cui i treni nuovi vengono assegnati alle linee. In teoria dovrebbero essere privilegiate quelle con i treni più obsoleti, le più frequentate o che hanno come destinazione la città di Milano. «Sono criteri condivisibili, che però finora non sono stati applicati», dice Aggio. «I treni sono stati messi non dove servivano, ma in base al peso politico dei territori».
Lo scorso aprile il presidente Fontana ha assicurato che avrebbe chiesto al ministero dei Trasporti di cedere l’1% di Trenord alla Regione tramite Trenitalia. In questo modo la Regione avrebbe la maggioranza e il controllo diretto dell’azienda, passaggio ritenuto indispensabile per investire meglio i soldi che arrivano dalla Regione. Per il momento non c’è stato seguito all’annuncio di Fontana.
La questione del controllo di Trenord non è secondaria, anche alla luce della decisione della Regione di prolungare l’affidamento diretto del servizio ferroviario senza una gara internazionale che garantirebbe più concorrenza. È un orientamento seguito in quasi tutte le altre regioni italiane, nonostante le leggi approvate negli ultimi dieci anni spingano verso una sorta di liberalizzazione controllata del sistema ferroviario.
Si è discusso molto della possibilità di bandire una gara durante l’ultima campagna elettorale delle elezioni regionali, vinte ancora dalla destra. Oltre al centrosinistra anche Letizia Moratti, candidata del Terzo Polo ed ex assessora della giunta Fontana, si era detta favorevole a una competizione tra aziende per la gestione del servizio.
In teoria le gare e quindi la concorrenza favorirebbero lo sviluppo di un servizio ferroviario più efficiente e un risparmio di soldi pubblici liberando fondi utili a migliorare la qualità del servizio, mantenendo i prezzi dei biglietti bassi. Per come stanno le cose, però, organizzare una gara in Lombardia è complicato: sono pochissime le aziende europee che avrebbero le risorse per partecipare a una gara per una rete da oltre 40 milioni di chilometri percorsi ogni anno. La stessa organizzazione della gara richiederebbe tempi lunghi e uno sforzo che probabilmente gli uffici regionali non sono in grado di affrontare.
C’è poi una questione politica legata all’anomalia del conflitto di interessi tra Regione e Trenord: la Lombardia non ha nessun interesse a favorire la competizione perché le farebbe perdere un patrimonio economico e aziendale su cui ha investito centinaia di milioni di euro ogni anno nell’ultimo decennio.
Una soluzione ci sarebbe. «Se mai la Regione avesse voluto fare una gara, probabilmente sarebbe stato meglio partire con la competizione per piccoli lotti», sostiene Andrea Giuricin, economista dei trasporti dell’Università degli Studi di Milano Bicocca. In pratica secondo Giuricin la Lombardia avrebbe dovuto frammentare le gare per la grande rete ferroviaria lombarda, rendendola così più semplice da gestire. «È sbagliato non aver seguito questo processo graduale perché sappiamo che dove si fanno gare ci sono efficienze e risparmi. È un errore anche perché il mercato lombardo è molto attrattivo. La Regione, inoltre, potrebbe tornare a esercitare il ruolo di decisore pubblico che indica gli obiettivi, più chiaro e trasparente rispetto alla situazione attuale».
Franco Lucente è diventato assessore con l’inizio della nuova legislatura dopo la vittoria della destra alle elezioni regionali. È un esponente di Fratelli d’Italia, partito che ha visto crescere i suoi consensi a scapito della Lega non solo a livello nazionale ma anche locale, Lombardia compresa. La rivalità politica interna alla maggioranza ha ripercussioni anche su Trenord. Rispetto agli ultimi cinque anni, infatti, l’assessorato di riferimento per il servizio ferroviario è stato diviso in due: Lucente ha la delega ai Trasporti e alla Mobilità sostenibile, mentre Claudia Terzi (della Lega) quella alle Infrastrutture e alle Opere pubbliche. Terzi è stata assessora regionale ai Trasporti dal 2018 fino all’inizio di quest’anno.
Nelle ultime settimane tra Fratelli d’Italia e Lega ci sono state alcune tensioni. A giugno gli assessori di Fratelli d’Italia hanno disertato una riunione della Giunta regionale per una delibera sugli investimenti per prolungare la linea 5 della metropolitana di Milano. Secondo Fratelli d’Italia quella delibera avrebbe dovuto essere responsabilità di Lucente, mentre la Lega sosteneva che fosse competenza di Terzi. Anche su Trenord ci sono state discussioni simili, che sicuramente continueranno nei prossimi mesi in vista del rinnovo del consiglio di amministrazione che avverrà in concomitanza con l’approvazione del bilancio 2023, probabilmente all’inizio del prossimo anno.
In sintesi, gli attacchi di Lucente e in generale di Fratelli d’Italia nei confronti di Trenord hanno anche l’obiettivo di insidiare l’egemonia della Lega all’interno dell’azienda, e idealmente nominare più persone di fiducia del partito nei ruoli chiave. Tuttavia secondo diversi commentatori ed esperti la competizione politica rischia di distogliere l’attenzione della Regione dal problema principale, cioè migliorare il servizio che resta carente.