In Nuova Zelanda inizia il processo per i morti durante l’eruzione del White Island
Nel 2019 sull'isola vulcanica morirono 22 persone: i tre fratelli che la possiedono e tre aziende turistiche sono ritenuti responsabili
Martedì a Auckland, in Nuova Zelanda, è iniziato il processo per accertare le responsabilità legate alla morte di 22 persone avvenuta il 9 dicembre 2019 durante l’eruzione del vulcano White Island (Whakaari, in lingua maori), che si trova sull’omonima isola, una nota attrazione turistica a nord-est dell’arcipelago neozelandese, al largo della costa di Whakatane. Quel giorno sull’isola c’erano 47 persone, soprattutto turisti, alcuni neozelandesi e altri stranieri: le 25 persone sopravvissute erano rimaste gravemente ferite, in molti casi da gravi ustioni.
L’indagine che ha portato al processo è stata una delle più grosse e complicate mai condotte nel paese da WorkSafe, l’organo governativo neozelandese che si occupa di salute e sicurezza sul lavoro, e ci si aspetta che durerà quattro mesi. Al processo è stata dedicata l’aula di tribunale più grande di Auckland, ed è stato allestito uno schermo nel tribunale di Whakatane, per permettere a tutte le persone interessate di assistere.
Tra gli accusati di aver trascurato gli avvertimenti dell’eruzione e i criteri di sicurezza, ci sono i tre proprietari dell’isola, appartenenti alla famiglia Buttle, e tre organizzazioni turistiche. White Island infatti è una delle poche isole private rimaste in Nuova Zelanda e appartiene alla famiglia Buttle dal 1936. I fratelli Andrew, James e Peter Buttle hanno ereditato l’isola e possiedono parti uguali della società Whakaari Management, che gestisce le concessioni di accesso all’isola che vengono date agli operatori turistici ed è a sua volta tra gli imputati del processo. Le altre due aziende turistiche accusate sono ID New Zealand e Tauranga Tourism.
Inizialmente le organizzazioni incriminate erano dieci, ma sei di queste si sono dichiarate colpevoli e per una sono cadute le accuse. Le restanti tre organizzazioni e i tre proprietari dell’isola sono accusati di non aver valutato i rischi, di non aver informato adeguatamente i turisti dei pericoli e di non aver fornito dispositivi di protezione.