Cosa è rimasto delle cartoline
Nella vita di molti sono state sostituite dalle foto sui social e su WhatsApp, ma c'è ancora qualcuno che le stampa e altri che le spediscono, ad amici o a sconosciuti
di Viola Stefanello
Fino a una ventina d’anni fa era molto comune che le persone durante le vacanze comprassero, scrivessero e spedissero cartoline ad amici e parenti per raccontare molto brevemente come stesse andando il viaggio e mandare loro i propri saluti. Le cartoline si trovavano un po’ dappertutto, non solo nelle grandi città o mete turistiche, e si potevano comprare al museo come al supermercato, in edicola e in libreria, in qualsiasi tabaccaio o negozio di souvenir ma anche più raramente da venditori ambulanti. Alcuni ne collezionavano a centinaia, altri si limitavano a comprare le più assurde e volgari – che erano un genere a sé – che passavano loro sotto mano.
Secondo le stime di Silvano Cangiari, fondatore di Litoincisa87, una delle poche aziende che ancora le stampano e distribuiscono a livello nazionale, all’inizio degli anni Duemila per il mercato italiano si stampavano 400 milioni di cartoline all’anno. Oggi siamo sotto i 40 milioni, e il numero continua a scendere. Il crollo dell’interesse nei confronti delle cartoline è dovuto in buona parte senza dubbio all’adozione massiccia degli smartphone: la possibilità di fare foto delle vacanze di discreta qualità e condividerle con gli amici sui social network o sulle app di messaggistica ha ridotto notevolmente il bisogno percepito di comprare e scrivere cartoline dalle vacanze. Ma all’estero ne vengono ancora mandate tantissime, e ci sono appassionati che partecipano a scambi di cartoline in tutto il mondo.
Le prime cartoline non erano nemmeno illustrate: servivano ad abbattere i costi delle corrispondenze per chi non poteva permettersi – o non sapeva scrivere – intere lettere. Il formato fu introdotto con il nome di Correspondenz-Karte nell’impero austroungarico nel 1869. Era soltanto un cartoncino bianco molto essenziale, su cui si trovava da una parte lo spazio per il francobollo, l’indirizzo del destinatario e a volte lo stemma nazionale, dall’altra il messaggio. Adottato velocemente da diversi altri stati, nel 1875 il Trattato dell’Unione postale generale – organizzazione internazionale pensata per unificare un sistema di servizi postali nazionali precedentemente intricato e incoerente – ne ammise la circolazione a livello internazionale. Più tardi ne avrebbe indicato la dimensione standard accettata (15 centimetri per 10) e avrebbe sancito la validità delle cartoline illustrate prodotte da privati. La cartolina come la conosciamo noi – illustrata completamente da un lato, divisa in una parte per scrivere il messaggio e un’altra per indirizzo e francobollo – nacque invece nel 1902 nel Regno Unito.
Già nel 1893 il giornalista inglese James Douglas descrisse il profondo cambiamento nelle abitudini delle classi più agiate causato dall’introduzione delle cartoline. «Come tutte le grandi invenzioni, la cartolina illustrata ha causato una rivoluzione silenziosa nelle nostre abitudini. Ci ha segretamente liberato dalla fatica di scrivere lettere. Sono ancora vive, comunque, persone che possono ricordare i giorni in cui era considerato necessario e persino piacevole scrivere lettere agli amici. Per fortuna, la cartolina illustrata ha liberato l’autore moderno da questa schiavitù», scriveva Douglas. «In precedenza, quando una persona si recava all’estero era costretta a passare tanto tempo a scrivere laboriose descrizioni del proprio viaggio ai suoi amici a casa. Adesso, basta comprare una cartolina in ogni stazione, scarabocchiare qualche parola a matita e imbucarla, cosa che esalta il piacere di viaggiare».
Ma, racconta il sito della Fototeca dei Civici musei di storia e arte di Trieste, «le cartoline non venivano solo comprate come souvenir di un viaggio, o piccolo regalo, o documento di luoghi lontani, ma anche per la sola immagine, e più di tutto diventeranno il simbolo della modernità e dei suoi caratteri: sinteticità, spigliatezza e leggerezza». Nel 1897 a Norimberga fu fondata la Weltverband Kosmopolit, un club di collezionisti di cartoline attivo fino alla Prima guerra mondiale e che, al suo apice, contava più di 15 mila membri soltanto in Germania. Altrove cominciarono a emergere riviste e negozi dedicati e si formarono le “catene di corrispondenza” in cui gruppi di persone si scrivevano tra loro con il solo scopo di scambiarsi cartoline da luoghi che altrimenti non avrebbero mai visto.
A stamparle poteva essere chiunque ne avesse la capacità. C’erano i fotografi professionisti che trasformavano le proprie immagini in cartoline; i piccoli negozi che stampavano piccole quantità di cartoline da vendere in proprio o li acquistavano dai cataloghi dei rivenditori; le attività legate all’industria del turismo, che le usavano per autopromozione e spesso le stampavano in proprio insieme al resto dei propri materiali promozionali; gli editori veri e propri, che potevano essere semplici intermediari tra gli stampatori e i negozi al dettaglio o controllare l’intera produzione, dalla selezione del soggetto alla stampa e la distribuzione. Nel tempo si consolidarono i “cartolinai”, aziende specializzate nella produzione di materiali per il turismo che investivano moltissime risorse sulla costruzione di solidi e dettagliati cataloghi di soggetti da cui poi i negozianti ordinavano migliaia di copie.
«Un fatto da sottolineare è che il vertiginoso boom della cartolina di inizio Novecento fu un fenomeno internazionale legato all’espansione, all’ascesa della borghesia. Le classi alte snobbarono la cartolina, troppo economica e troppo volgare con quel messaggio “allo scoperto” sotto gli occhi di tutti; le classi basse la ignoravano, troppo costosa e senza utilità per chi non sapeva leggere e scrivere e il cui mondo sociale era circoscritto ad un’area ristretta», spiega la Fototeca. «Sarà la classe media e medio-alta a rivolgersi ad essa, per uso pratico (lo spazio ridotto della cartolina con i suoi messaggi stringati facilitava anche chi non era versato nelle “belle lettere”), per uso sociale (rivelava il buon gusto e la cultura del mittente che aveva scelto “quella” immagine), come status symbol (il mittente dimostrava di poter viaggiare in capo al mondo, comprare un oggetto comunque voluttuario e pure inviartelo) e infine per placare quella mania del collezionismo iniziata prima con la carte-de-visite poi con l’immagine stereoscopica e ora con la cartolina».
In Italia il declino cominciò verso la fine degli anni Novanta, quando email e sms cominciarono a soppiantare lo scambio di biglietti cartacei, e si aggravò con l’arrivo degli smartphone e le app di messaggistica gratuite come WhatsApp, che azzeravano i costi dei messaggi che, almeno per gli mms, erano stati in precedenza significativi.
«Adesso è facilissimo pubblicare istantaneamente le foto delle proprie vacanze, e la cartolina ha subito una grossa flessione», racconta Enrico Spanu, fotografo ed editore che produce cartoline dedicate alla Sardegna da trent’anni. «Ho visto tutta la parabola discendente: credo che, rispetto a vent’anni fa, si venda meno di un decimo delle cartoline. Io continuo a farlo perché ho i clienti, ho un mercato. Essendo la Sardegna un’isola con un forte flusso turistico almeno nei mesi estivi, la cartolina è ancora un oggetto che si trova in tutti i negozi di souvenir. Bene o male tutti hanno un espositore di cartoline, e ci sono alcuni punti vendita che vendono anche piuttosto bene, come quello nell’aeroporto di Cagliari, perché c’è chi se le porta a casa anche senza spedirle. Ma non è sicuramente più il cuore del mio business. Il gioco non vale molto la candela».
Negli ultimi anni gran parte dei “cartolinai” che operavano a livello nazionale ha chiuso: quelli rimasti aperti come Litoincisa87 e Rotalsele producono anche tantissimi altri tipi di souvenir, dai magneti ai portachiavi. Esistono piccole case editrici locali che sono specializzate nelle cartoline di una specifica zona. E, nel caso dei musei, le cartoline vengono spesso stampate dalle aziende che gestiscono i bookshop interni, investendo in un numero limitato di copie per soggetto.
«Il mercato è decisamente ristretto rispetto a un tempo. Noi stampiamo ancora qualche milione di pezzi all’anno, ma fino a vent’anni fa di un singolo soggetto si potevano stampare anche 10 mila pezzi. Oggi quando se ne stampano 1.500 sono tante: anche l’uso della stampa digitale ha permesso di stampare più facilmente pochi pezzi per soggetto» dice Cangiari, di Litoincisa87. «C’è da dire anche che una volta qualsiasi paesino aveva le proprie cartoline, mentre ora si trovano solo dove c’è un discreto giro turistico».
Non aiuta il fatto che trovare negozi che vendono francobolli sia diventato molto più complesso di un tempo. Nelle città turistiche è invece diventato frequente trovare i servizi di operatori postali privati specializzati proprio nella spedizione di cartoline turistiche. Chi li utilizza appiccica alla propria cartolina, al posto del francobollo, un adesivo apposito. Deve poi cercare una casella postale privata di quel circuito a cui consegnare la cartolina. Questo genere di servizi è però spesso molto criticato per la lentezza e la scarsa affidabilità.
Sebbene anche all’estero mandare cartoline sia meno frequente di un tempo, è un’attività ancora piuttosto diffusa. Secondo un sondaggio del 2021 un francese su dieci spedisce ancora almeno una cartolina all’anno: l’abitudine è diffusa soprattutto tra gli ultrasessantacinquenni – 80 per cento di loro dice di mandarne almeno una l’anno – contro il 61 per cento dei giovani tra i 18 e i 25 anni e il 67 per cento di quelli tra i 25 e i 34 anni.
In generale «rimane una nicchia di appassionati che semplicemente ama scrivere, che pensa che il piacere di ricevere una cartolina rimanga diverso da quello di ricevere una foto su WhatsApp. Ricevere qualcosa che è stato scritto di proprio pugno da una persona avvicina molto, è un pensiero molto personale», dice Spanu. Dal 2005 esiste per esempio Postcrossing, un sito web sviluppato dal portoghese Paulo Magalhães. Magalhães dice che «amava ricevere cartoline ma non conosceva molte persone con cui scambiarle»: così ha deciso di creare un sito che lo aiutasse a entrare in contatto con altre persone a cui piaceva inviare e ricevere cartoline, come in una moderna catena di corrispondenza. A distanza di 18 anni, Magalhães dice che la piattaforma ha permesso lo scambio di oltre 57 milioni di cartoline tra 700mila persone da 213 paesi.