L’industria italiana non se la sta passando bene
Le difficoltà sono iniziate con la crisi energetica e ora proseguono con un calo generale dei consumi, che riguarda numerosi settori
Da mesi il settore industriale italiano sta mostrando segnali di un calo molto marcato delle attività. Da agosto dello scorso anno le industrie stanno avendo difficoltà molto serie, prima per la crisi energetica che aveva reso davvero costoso produrre, poi per un rallentamento notevole delle commesse, legato a un calo generalizzato dei consumi. Questo si vede sia dai dati sulla produzione industriale, ai minimi dalla pandemia, sia da tutta una serie di indicatori sulle aspettative e sulla fiducia dei manager.
Mentre durante l’autunno a rallentare era stata soprattutto l’attività di quelle filiere che usavano molto l’energia, ora quasi tutti i settori industriali stanno riducendo le produzioni. I cali non sono solo dell’industria italiana, ma ci sono segnali di una crisi ancora più seria anche nel resto dei paesi europei.
Un indice piuttosto affidabile sullo stato del settore è il cosiddetto indice PMI. Non è un dato quantitativo e si basa sulle indagini che le aziende che lo elaborano fanno presso le industrie: intervistano i responsabili degli acquisti di materie prime e semilavorati necessari per la produzione. Queste persone hanno molto polso delle prospettive di produzione delle imprese perché devono ordinare tutto quanto è necessario ai processi: se il fabbisogno di materiali aumenta, vuol dire che le prospettive di produrre sono al rialzo e che quindi le prospettive generali sono buone; se avviene il contrario, vuol dire che le stime per la produzione futura sono in calo, così come anche le prospettive per l’economia.
Queste indagini vengono poi condensate nell’indice PMI, che tra gli analisti è usato per capire un po’ che aria tira tra le industrie e come sono le condizioni di mercato. Per convenzione, se è sopra 50 l’economia si prevede in espansione, se è sotto tale soglia si sta probabilmente contraendo.
Per il settore manifatturiero l’indice è sotto la soglia dei 50 punti da tempo e l’ultimo dato rappresenta un minimo che non si vedeva dalla pandemia. Nell’Eurozona a giugno l’indice è sceso a 43,4 punti (da 44,8 di maggio). L’indice italiano è un po’ superiore alla media (43,8 punti) ma comunque in notevole calo rispetto a maggio, quando era pari a 45,9. Le cose vanno molto peggio in Germania, dove l’indice è sceso a 40,6 punti dai 43,2 di maggio e dove l’economia è comunque già in recessione dallo scorso autunno.
A differenza della Germania e in generale dell’Eurozona, l’economia italiana ha retto meglio alle difficoltà dello scorso autunno, tra cui la forte crisi energetica e il rialzo dei tassi di interesse della Banca Centrale Europea per combattere l’inflazione, che ha come obiettivo proprio quello di far rallentare l’economia per fermare l’aumento dei prezzi. Mentre l’Eurozona e la Germania entravano in recessione, il Prodotto Interno Lordo italiano è cresciuto dello 0,6 per cento nel primo trimestre dell’anno. Sembra però che le dinamiche che hanno causato una crisi negli altri paesi stiano arrivando anche in Italia e lo si vede da un diffuso calo dei consumi, da una fiducia delle imprese che sta calando e soprattutto dalla produzione industriale che sta scendendo da mesi.
L’ultimo dato sulla produzione industriale è relativo al mese di aprile, quando l’indice è sceso dell’1,9 per cento rispetto al mese precedente e del 7,2 per cento rispetto ad aprile del 2022. Non è stato un episodio isolato, perché in realtà l’indice sta scendendo dalla scorsa estate.
Non tutti i settori industriali stanno però calando della stessa misura, come fa notare un’analisi di lavoce.info. I cali più notevoli sono nei settori a maggiore intensità energetica: nel settore della carta la produzione si è ridotta del 12,4 per cento rispetto a un anno fa; in quello della metallurgia del 9,8 per cento; e in quello dei minerali del 10,5 per cento. Nonostante il costo dell’energia sia tornato su livelli ben più bassi rispetto ai mesi scorsi, questi comparti stentano comunque a ripartire.
Anche la produzione nel settore delle costruzioni ad aprile ha evidenziato una riduzione piuttosto marcata: è diminuita del 3,8 per cento rispetto al mese precedente e del 6,3 rispetto ad aprile del 2022. In questo settore l’Italia aveva sperimentato negli ultimi due anni una spinta notevole grazie al Superbonus, alla ripresa degli investimenti pubblici e alle condizioni di accesso ai mutui che fino a un anno fa erano molto più favorevoli. Questi cali quindi sono particolarmente netti anche perché il settore viene da un periodo decisamente prospero.
Ci sono poi cali consistenti anche in quei settori che avevano avuto un giro d’affari superiore alla media nel periodo della pandemia, che quindi ora stanno sperimentando un ritorno dei consumi ai livelli ordinari, dato che con la fine della restrizioni si sono normalizzate di nuovo le abitudini di consumo. Hanno una produzione in calo i settori dell’arredo, degli elettrodomestici e dell’informatica.
Questi settori risentono comunque anche di un calo della domanda dovuto all’inflazione e al rincaro generale del costo della vita. La produzione di prodotti alimentari e bevande risente soprattutto di questo e rispetto a un anno fa è più bassa del 4 per cento.
Ci sono alcuni settori che al contrario vedono una produzione in aumento, come il settore delle auto, quello farmaceutico e dell’abbigliamento. Sono però casi isolati: dagli ultimi dati ISTAT, ad aprile la produzione industriale era più bassa nell’80 per cento dei settori, segno che la crisi è ormai diffusa.