La nuova barriera di boe contro i migranti, in Texas
Sarà installata al centro del Rio Grande dal governo texano, che da tempo tenta in diversi modi di fermare gli ingressi illegali
A Eagle Pass, una città nella zona meridionale del Texas, alcuni operai hanno iniziato a scaricare dai tir le prime boe di una nuova barriera galleggiante che verrà costruita sul Rio Grande, un fiume che divide il Messico e gli Stati Uniti, nel tentativo di limitare gli ingressi illegali dei migranti. «Cerchiamo di usare tutte le strategie più efficaci per proteggere il confine», ha detto a giugno il governatore repubblicano del Texas Greg Abbott durante una conferenza stampa. Negli ultimi anni Abbott ha fatto installare chilometri di filo spinato nei punti dove i migranti erano soliti guadare il fiume e ha organizzato posti di blocco sistematici per controllare i tir al confine.
L’installazione della prima barriera costerà un milione di dollari, circa 900mila euro, e potrebbe richiedere fino a due settimane. Una volta posizionate, incatenate l’una all’altra e ancorate al letto del fiume, le prime boe arancioni si estenderanno per circa 300 metri al centro del Rio Grande. La barriera potrà essere allungata potenzialmente per chilometri o spostata in altre parti del fiume, se necessario. Le boe non possono essere scavalcate perché troppo grandi e una barriera non permette di immergersi per superarle.
Diverse organizzazioni che assistono i migranti hanno detto che la nuova barriera rischia di aumentare gli incidenti e le morti. Attraversare il Rio Grande è pericoloso anche senza la barriera: all’inizio di luglio quattro persone tra cui un neonato sono annegate mentre tentavano di attraversare il fiume.
Nell’ultimo anno, secondo le stime delle autorità, dalle zone di confine intorno a Eagle Pass sono passati circa 270mila migranti. Dallo scorso maggio il numero di migranti che tentano di attraversare il confine tra il Messico e gli Stati Uniti è cresciuto in modo notevole dopo che l’amministrazione di Joe Biden ha smesso di applicare il “Title 42”, una parte della legge sull’immigrazione che consentiva di effettuare rapidamente respingimenti, pur mantenendo qualche flessibilità sul numero di tentativi che potevano essere svolti per superare il confine.
Il Title 42 è la parte del Public Health Service Act – una legge statunitense del 1944 – che permette al governo di bloccare gli ingressi al confine nel caso in cui ci siano rischi legati alla diffusione di una malattia contagiosa. A marzo del 2020 l’allora presidente Donald Trump aveva attivato la regola, sostenendo che fosse necessaria per impedire la diffusione del coronavirus. Secondo molti osservatori la decisione era però derivata dalla volontà di bloccare i flussi migratori lungo il confine con il Messico. Il Title 42 prevede che le autorità di confine possano espellere le persone migranti arrivate illegalmente nel paese, con una procedura molto più rapida di quella applicata di solito e che consiste in maggiori accertamenti e verifiche su eventuali categorie tutelate in cui potrebbe rientrare ogni persona migrante.
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Ad aprile dello scorso anno Biden aveva nuovamente provato a mettere fine al Title 42, ma si era dovuto scontrare con varie iniziative legali avviate negli stati di confine controllati dai Repubblicani. Lo scorso marzo il governo statunitense aveva infine annunciato la rimozione e l’introduzione di una nuova serie di regole tese a favorire l’immigrazione legale e a punire quella non regolare. Il programma, in parte già attivo da inizio anno, prevede che siano accolte 30mila persone migranti al mese da Haiti, Venezuela, Cuba e Nicaragua a patto che facciano richiesta tramite un’applicazione, evitando di effettuare un ingresso illegale al confine. A queste si aggiungono 100mila persone al mese da Guatemala, Honduras ed El Salvador che potranno entrare nel paese attraverso un programma di ricongiungimenti familiari.