Ora i talebani vogliono combattere l’oppio
Dopo aver usato le coltivazioni per guadagnare denaro e consenso, stanno attuando la dura campagna promessa da quando sono tornati al potere
In Afghanistan i talebani hanno avviato una durissima campagna contro la coltivazione del papavero da oppio, di cui il paese è ricchissimo, perché ritenuta contraria alla sharia, la “legge islamica”, imposta dai talebani nella sua forma più radicale. Con un’azione graduale ma decisa, hanno prima introdotto una serie di divieti e poi iniziato a distruggere attivamente le coltivazioni di papavero da oppio attraverso apposite unità di polizia. Le conseguenze sui guadagni di molti coltivatori sono state enormi e hanno portato anche a scontri, che secondo alcuni analisti rischiano di minacciare la tenuta del regime.
I talebani avevano annunciato di voler eliminare la coltivazione dell’oppio durante la prima conferenza stampa dopo la loro seconda conquista dell’Afghanistan, avvenuta a metà agosto del 2021 dopo il ritiro degli Stati Uniti, ma il loro annuncio era stato accolto con un certo scetticismo: nei vent’anni precedenti alla riconquista del paese i talebani si erano infatti arricchiti proprio grazie al traffico di droga, e quando avevano imposto un divieto simile nel 2001, durante il loro primo regime, la produzione di oppio era continuata in maniera illegale. Nemmeno il governo afghano che aveva guidato il paese nei vent’anni successivi alla loro cacciata era mai riuscito a eliminare la coltivazione di papavero da oppio.
Non è ancora chiaro se i talebani abbiano deciso di eliminare del tutto queste coltivazioni o se stiano accentrando nelle loro mani il controllo di parte della produzione o del commercio, magari temporaneamente e sottotraccia, per trarne un vantaggio economico. Al momento i prezzi e la disponibilità internazionale di sostanze derivate dall’oppio non stanno mostrando flessioni, ma non è chiaro se questo si debba a un massiccio stock di prodotti già coltivati o alle coltivazioni ancora esistenti. Il regime dei talebani sta facendo fronte alle conseguenze disastrose dell’interruzione dei finanziamenti e degli aiuti esteri da cui l’Afghanistan era sempre stato estremamente dipendente; aiuti revocati col loro arrivo e la caduta del governo precedente.
Le stime fatte da analisti ed esperti anche sulla base di immagini satellitari sono comunque piuttosto impressionanti: nella provincia meridionale di Helmand, dove finora si trovava la maggior parte delle piantagioni di papavero da oppio, le coltivazioni sono passate dai 1.200 chilometri quadrati di aprile del 2022 ai circa 10 di aprile del 2023. Nella provincia di Nangarhar, dove pure si coltivavano grandi quantità di papaveri da oppio, le coltivazioni sono passate da circa 70 chilometri quadrati a poco più di 8.
David Mansfield, ricercatore britannico che studia il traffico di droga afghano da oltre 25 anni, ha stimato che tra il 2022 e il 2023 la produzione di papaveri da oppio sarà calata di circa l’80 per cento, una riduzione che ha definito «senza precedenti».
Prima dell’arrivo dei talebani, in Afghanistan si produceva circa l’85 per cento di tutto l’oppio trafficato nel mondo, e l’eroina ricavata dall’oppio afghano garantiva il 95 per cento del mercato di eroina di tutta Europa. Secondo stime fatte dalle Nazioni Unite, solo nel 2021 in Afghanistan la coltivazione del papavero da oppio e il derivante commercio di droga avevano prodotto un introito stimato da 1 a 2 miliardi e mezzo, pari al 9-14 per cento del PIL totale del paese. Circa 450mila afghani erano impiegati in questo settore. La produzione di oppio era cresciuta soprattutto dal 2001, dopo l’invasione degli Stati Uniti, e aveva raggiunto il picco nel 2017.
La gradualità con cui i talebani hanno imposto i divieti sulla coltivazione di oppio – «un sofisticato percorso a tappe», come lo ha definito Mansfield – ha permesso loro di evitare un’eccessiva resistenza da parte della popolazione e dei coltivatori locali, ma la campagna è iniziata con una serie di provvedimenti particolarmente repressivi e violenti nei confronti delle persone con dipendenze da sostanze. Migliaia di persone sono state arrestate per strada, picchiate, portate in prigione, rasate a zero e detenute per mesi.
Il primo divieto alla coltivazione è stato introdotto nel 2021 e riguardava l’efedra, una pianta che contiene la pseudoefedrina, un composto presente in molti farmaci da banco ma che assunto in grandi quantità può avere effetti stupefacenti. Il divieto di coltivare i papaveri da oppio è stato introdotto l’anno successivo, ad aprile del 2022: per chi trasgredisce è previsto l’incendio dei campi e la prigione. I talebani hanno poi iniziato a dispiegare speciali unità di polizia per distruggere fisicamente le coltivazioni: alcuni corrispondenti di BBC, a cui i talebani hanno permesso di vedere una di queste operazioni, hanno raccontato dell’intensità e velocità con cui le attuano, e di sei campi, ognuno di 200-300 metri quadri, distrutti in poco più di mezz’ora.
In alcuni casi queste operazioni hanno portato a scontri molto violenti con i coltivatori, e almeno uno di loro è stato ucciso. In molte province la coltivazione di papaveri da oppio rappresenta l’unica forma di sostentamento, soprattutto ora che l’Afghanistan è privo di aiuti economici dall’estero. A Kandahar, una delle città in cui i talebani godono di maggior sostegno, la coltivazione del papavero da oppio garantisce entrate complessive dell’equivalente di oltre 350 milioni di euro l’anno.
Per questo alcuni analisti, come William Byrd, analista dello United States Institute for Peace, ritengono che questa durissima campagna dei talebani, insieme al taglio degli aiuti internazionali e la debolezza di ogni altro settore economico del paese, possa destabilizzare il loro stesso regime. I talebani avevano conquistato l’Afghanistan presentandosi come un gruppo coeso in grado di portare pace, stabilità e prosperità: nel corso di questi due anni si sono mostrati divisi, incapaci di gestire attentati terroristici e aumento del crimine, e finora anche di garantire una qualche forma di benessere economico alla popolazione. Anche perché hanno progressivamente eliminato quasi tutti i diritti e le libertà femminili, posti da molti governi esteri come condizione per lo sblocco di fondi e finanziamenti.