La “linea dei nove tratti” che fa arrabbiare i paesi vicini alla Cina, spiegata
Mostra le rivendicazioni cinesi nel Mar Cinese Meridionale ed è il motivo per cui il Vietnam ha vietato il nuovo film “Barbie”
Questa settimana il Vietnam ha vietato la proiezione in tutto il paese del nuovo film “Barbie” perché in una scena appare una mappa – piuttosto stilizzata – in cui è presente la “linea dei nove tratti”, cioè la rappresentazione cartografica delle rivendicazioni della Cina nel Mar Cinese Meridionale. La linea dei nove tratti si chiama così perché è appunto costituita da nove trattini disegnati sulle mappe cinesi che delimitano le rivendicazioni della Cina su praticamente tutto il Mar Cinese Meridionale, benché su quel mare si affaccino anche altri paesi, come Indonesia, Malaysia, Vietnam, Filippine e Brunei.
Da decenni la linea dei nove tratti provoca enormi dispute – politiche, legali ed economiche – tra la Cina e tutti gli altri paesi che si affacciano sul Mar Cinese Meridionale. Queste dispute finiscono spesso per riguardare anche fenomeni culturali, come il film “Barbie”. Questo mette in difficoltà chi li produce: il Vietnam e gli altri paesi della regione tendono a censurare e criticare i film che mostrano la linea dei nove tratti, mentre la Cina censura e critica i film che non la mostrano.
La linea dei nove tratti è una delle principali rivendicazioni territoriali della Cina fuori dai suoi confini. Nel 2016 fu dichiarata illegale da un tribunale dell’Aia sostenuto dall’ONU, secondo cui la linea violava la convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. La Cina ha tuttavia rigettato la sentenza del tribunale, e ha mantenuto inalterate le sue rivendicazioni territoriali e le azioni con cui da anni le sostiene (pattugliamenti, minacce nei confronti dei pescatori degli altri paesi, rivendicazioni politiche).
Per capire perché la linea dei nove tratti è controversa basta vedere una mappa che la mostra: la linea dei nove tratti rivendica per la Cina praticamente tutto il Mar Cinese Meridionale, e passa molto a ridosso delle coste di tutti gli altri paesi che vi si affacciano. Questa è una violazione piuttosto palese del diritto del mare, secondo cui ciascun paese ha diritto a 12 miglia nautiche di coste di «mare territoriale», dove ha piena sovranità, e inoltre ha alcuni diritti di sfruttamento esclusivi (per la pesca e l’estrazione di materie prime, per esempio) sulle 200 miglia nautiche a partire dalle sue coste. Le rivendicazioni della Cina, invece, si estendono per oltre 700 miglia nautiche dalle sue coste.
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Non è nemmeno chiaro peraltro come funzionino, queste rivendicazioni. La Cina si è sempre tenuta volutamente vaga su quali siano le sue esatte pretese sul Mar Cinese Meridionale, in maniera tale da poterle modificare a seconda dell’occasione. Non si sa, quindi, se la Cina ritenga il Mar Cinese Meridionale come un proprio «mare territoriale», o se invece rivendichi soltanto diritti di pesca (un ottavo del pesce pescato al mondo è pescato nel Mar Cinese Meridionale) o di estrazione di materie prime (di cui l’area potrebbe essere piuttosto ricca). Questa vaghezza intenzionale della Cina le consente di modulare le richieste e le rivendicazioni a seconda dell’interlocutore e del contesto.
Per sostenere le proprie rivendicazioni, da oltre un decennio la Cina sta costruendo isole artificiali nel Mar Cinese Meridionale, su cui ha impiantato piste d’atterraggio e alcune installazioni militari. Compie pattugliamenti con la sua guardia costiera lungo la linea dei nove tratti, e mette in atto operazioni di intimidazione delle barche dei pescatori di altri paesi che entrano nella zona che ritiene propria (benché dal punto di vista della legge internazionale i pescatori avrebbero molto spesso tutto il diritto di stare lì).
La linea dei nove tratti fu disegnata per la prima volta all’inizio del Novecento da alcuni cartografi nazionalisti cinesi che decisero che il mare di pertinenza della Cina doveva estendersi fino a James Shoal, una particolare formazione del fondale, che corrisponde più o meno all’area tuttora rivendicata. La prima mappa ufficiale che mostrava la linea dei nove tratti fu però pubblicata nel 1946, quando la Cina era ancora governata dal partito nazionalista Kuomintang.
Nel 1949, dopo una guerra civile, la Cina iniziò a essere governata dal Partito Comunista che mantenne le rivendicazioni sul Mar Cinese Meridionale già avanzate dal Kuomintang e cominciò inoltre a costruire una mitologia nazionale attorno a queste rivendicazioni. Il Partito Comunista – soprattutto a partire dagli anni Novanta, quando la Cina ridusse il suo isolazionismo internazionale – cominciò a sostenere che la Cina avesse «diritti storici» ancestrali su tutto il Mar Cinese Meridionale, e che avessero maggior valore legale dei trattati dell’ONU. Su questi diritti ci sono dispute sia tra gli storici (quelli occidentali sostengono che prima del Novecento la Cina non avesse grossi interessi strategici sul Mar Cinese Meridionale) sia tra i giuristi (che tendono a ritenere non valide le pretese della Cina).
Come avviene per altre rivendicazioni territoriali della Cina (per esempio quella su Taiwan) oggi il Partito Comunista è estremamente rigido sulla linea dei nove tratti, e agisce sempre piuttosto duramente in tutti i casi in cui le sue rivendicazioni siano messe in dubbio: sia negli eventi politici sia nei fenomeni culturali, come i film e i libri. Cerca inoltre di normalizzare e diffondere le sue rivendicazioni: per esempio, poiché una parte consistente dei mappamondi venduti nel mondo è prodotta in Cina, spesso avviene che i mappamondi usati nelle scuole occidentali o di altri paesi mostrino la linea dei nove tratti.