L’aggressione contro la giornalista russa Elena Milashina
È stata attaccata da alcuni uomini mascherati in Cecenia: l'hanno colpita con delle mazze, le hanno rasato i capelli e l'hanno cosparsa di iodio liquido
La giornalista russa Elena Milashina e l’avvocato Alexander Nemov sono stati aggrediti mentre si trovavano a Grozny, capitale della Cecenia, repubblica della Federazione Russa. Sono stati attaccati da diverse persone dal volto coperto poco dopo il loro arrivo in città, dove erano andati per seguire il processo contro Zarema Musayeva, madre di due attivisti ceceni che avevano criticato le autorità della repubblica, difesa dallo stesso Nemov.
Nell’aggressione sono stati colpiti con delle mazze, a Milashina sono stati rasati i capelli e la sua faccia è stata macchiata con iodio liquido, per cercare di impedirle di comparire in pubblico; Milashina è stata anche ripetutamente colpita sulle mani e gli aggressori le hanno minacciato di spezzarle le dita (in una prima versione dei fatti sembrava che le avessero effettivamente spezzate, ma nella serata di martedì Milashina ha detto di avere solo lividi). Nemov è stato accoltellato alla gamba. Milashina inoltre ha raccontato che sono stati fatti inginocchiare con le mani legate e che gli è stata puntata una pistola alla testa. Gli aggressori hanno anche distrutto i loro telefoni e alcuni documenti che la giornalista e l’avvocato avevano con loro.
Milashina è una nota giornalista d’inchiesta di Novaja Gazeta, una testata russa indipendente, che dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina ha dovuto sospendere le pubblicazioni in Russia a causa delle leggi per la censura in tempo di guerra. Negli anni scorsi Novaja Gazeta aveva subito ripetuti tentativi di limitare la sua indipendenza e il suo lavoro giornalistico, e sei suoi giornalisti sono stati uccisi nei trent’anni della sua pubblicazione. Il suo direttore, Dimitri Muratov, ha ricevuto il premio Nobel per la Pace nel 2021. Fra le inchieste di Milashina c’è anche quella che rivelò le persecuzioni contro le persone omosessuali in Cecenia. La giornalista era già stata aggredita in Cecenia nel 2020.
Milashina stava seguendo il caso di Zarema Musayeva: è la madre di Abubakar e Ibragim Yangulbayev, due noti critici del regime di Ramzan Kadyrov, presidente della Cecenia, che oggi vivono in esilio. Nel 2022 Musayeva era stata rapita dal suo appartamento a Nizhny Novgorod, una città 400 chilometri a est di Mosca, e portata in Cecenia, dove nel processo di martedì è stata condannata a cinque anni e mezzo di carcere per insulti e resistenza violenta alla polizia, accuse denunciate come false dai gruppi che si occupano della difesa dei diritti umani.
L’aggressione ha destato un certo scalpore persino in Russia, dove le limitazioni alla libertà di stampa e le intimidazioni nei confronti dei giornalisti critici nei confronti del regime sono estremamente comuni: fra gli altri, anche il portavoce del governo russo, Dimitri Peskov, ha detto che l’aggressione è un fatto particolarmente grave da affrontare «con misure energiche», e ha annunciato che il presidente russo Vladimir Putin ne è stato messo al corrente. Il presidente ceceno Kadyrov ha invece commentato l’aggressione su Telegram, scrivendo di aver incaricato «i servizi competenti di fare ogni sforzo per identificare gli aggressori».