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  • Lunedì 3 luglio 2023

Le Nazioni Unite ritireranno tutti i propri peacekeeper dal Mali

È stato deciso dal Consiglio di sicurezza dell'ONU questo weekend, dopo varie minacce da parte della giunta militare filorussa

(AP Photo/Moulaye Sayah, File)
(AP Photo/Moulaye Sayah, File)
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Nel weekend il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha votato per porre fine all’operazione MINUSMA, la missione di peacekeeping (cioè per sostenere le autorità locali per il “mantenimento della pace”) istituita nel 2013 per aiutare a stabilizzare il paese dell’Africa occidentale dopo una ribellione di militari tuareg legati al gruppo terroristico islamista al Qaida. La missione era composta da 13 mila militari inviati da vari paesi ed è stata una delle più pericolose della storia dell’ONU: nell’arco di dieci anni sono morti più di 300 peacekeeper. Il processo di cessazione delle operazioni del MINUSMA, il trasferimento dei suoi compiti, il prelievo e il ritiro del suo personale dovrebbe essere completato entro fine anno.

Dal 2012 in Mali ci sono stati tre colpi di stato: l’ultimo è avvenuto nel 2021 ed è stato guidato dal colonnello Assimi Goïta. La giunta militare salita al potere con lui ha adottato un atteggiamento sempre più ostile nei confronti dell’Occidente, optando piuttosto per avvicinarsi alla Russia.

Il mandato della missione doveva terminare ufficialmente il 30 giugno, ma il segretario generale dell’ONU António Guterres aveva consigliato di prolungare la loro permanenza in Mali per altri dodici mesi. Il ministro degli Esteri del Mali Abdoulaye Diop, che negli ultimi due anni ha stretto rapporti sempre più stretti con la Russia e in particolare con il gruppo Wagner (la compagnia militare privata russa nota per avere compiuto interventi in diversi paesi, tra cui l’Ucraina, negli ultimi anni), ha però respinto la possibilità.

Diop ha affermato che i peacekeeper non sono stati capaci di rispondere efficacemente alle sfide di sicurezza del paese nell’ultimo decennio e che ormai c’era una «crisi di fiducia» tra il governo e l’Occidente dopo che l’anno scorso l’ONU aveva pubblicato un rapporto in cui affermava che truppe dell’esercito maliano e «uomini bianchi armati» avevano ucciso 500 civili durante un’operazione anti jihadista nel marzo 2022.

Secondo fonti statunitensi, la giunta avrebbe pagato il gruppo Wagner più di 200 milioni di dollari dal 2021 per i loro servizi.

– Leggi anche: Il gruppo Wagner ha anche dei pezzi d’Africa da gestire

In generale, negli ultimi due anni le intenzioni di MINUSMA e della giunta sono diventate inconciliabili: la prima voleva maggiore indipendenza, la seconda lamentava il fatto che i peacekeeper non svolgessero un ruolo attivo di attacco contro i gruppi jihadisti della regione, benché le operazioni di pace non prevedessero questa possibilità.

Le truppe dell’ONU hanno il mandato di proteggere i civili da attacchi militari, sostenere i servizi pubblici di base, coordinare gli aiuti umanitari e assicurarsi che reggano gli Accordi di Algeri, un accordo del 2015 in base a cui i separatisti di etnia tuareg nel nord hanno accettato di rimanere all’interno di un Mali unito, in cambio del decentramento del potere a livello locale. Vari comandanti delle Nazioni Unite si sono lamentati del fatto che il governo maliano abbia spesso interferito con le loro operazioni, vietando loro di accedere a zone di conflitto in cui operava il gruppo Wagner per indagare su possibili violazioni di diritti umani e restringendo gli spostamenti aerei e terrestri.

La situazione di crescente ostilità aveva già portato la Germania, il Regno Unito e la Costa d’Avorio a ordinare il ritiro delle proprie truppe da MINUSMA. Inoltre la Francia aveva ritirato i militari della propria operazione Barkhane, a sua volta impegnata nel contrasto al jihadismo nella regione del Sahel, che comprende anche Burkina Faso, Ciad e Niger: un’area povera di risorse, molto instabile, anche a causa del durissimo regime coloniale che la Francia vi ha attuato fino agli inizi del Novecento.

Secondo vari esperti, il ritiro dei peacekeeper peggiorerà drasticamente la situazione in Mali, dove l’esercito verrà lasciato solo insieme a un migliaio di combattenti del gruppo Wagner a far fronte ai gruppi jihadisti attivi nella regione. Si teme in particolare che le città principali saranno vulnerabili agli attacchi e che gli accordi di Algeri possano reggere senza la mediazione dell’ONU, creando ulteriori situazioni di vulnerabilità nella regione. Inoltre non saranno più portate avanti le indagini sulle violazioni dei diritti umani nella regione.