Siena prima del Palio
Quali sono i rituali che si ripetono da secoli e come si vivono in città i giorni che precedono la "carriera"
di Pietro Cabrio
Per i senesi «il Palio dura tutto l’anno». Per il centro storico di Siena dura due diverse settimane, sempre le stesse, ogni anno: la prima porta al 2 luglio, la seconda al 16 agosto. Per chi lo vede trasmesso in televisione all’orario dei telegiornali serali è invece questione di minuti, al massimo un paio d’ore, fatti perlopiù di attesa e poi di una corsa tanto intensa quanto di breve durata.
Queste tre diverse percezioni racchiudono grossomodo quello che il Palio di Siena è rimasto ed è diventato da quando si iniziò a correre nel Seicento, prima “alla lunga”, cioè su un percorso lineare, e poi “alla tonda” con gli attuali tre giri in senso orario di Piazza del Campo. È parte integrante della vita di Siena, ma allo stesso tempo è un grande impegno organizzativo e un’attrazione sia turistica che televisiva: ogni Palio supera il milione di telespettatori e trasmetterlo per quattro anni costa circa mezzo milione di euro, come quelli pagati l’anno scorso da La7 per sottrarlo alla Rai.
Può essere considerato anche una rievocazione storica, peraltro tra le più famose e longeve al mondo, ma è una rievocazione che a differenza di tante altre vive ancora nel presente. È mossa infatti da significati, sentimenti e interessi concreti che ancora oggi alimentano l’esistenza e le attività di chi del Palio è protagonista: le diciassette contrade in cui è suddivisa la città di Siena.
Al Palio partecipano ogni anno, a turno e per sorteggio, dieci delle diciassette contrade esistenti. Il Palio è l’evento che richiede loro più impegno e durante il quale sono più visibili nella vita quotidiana della città: i contradaioli girano indossando i loro colori e le strade dei vari quartieri, decorate a tema, ospitano grandi pasti popolari, in particolare la cena “propiziatoria” della sera precedente la corsa (o “carriera”, come dicono i senesi).
Le contrade sono entità paragonabili ad associazioni di quartiere, seppur molto più presenti, radicate e indipendenti di quelle che si possono trovare nelle altre città italiane. Ciascuna di loro è una piccola città nella città, con confini, riti, luoghi di ritrovo e addirittura gemellaggi con altre città italiane nati per motivi più o meno evidenti e diversi da quelli ufficiali che ha Siena: per esempio la Lupa è gemellata con Roma, l’Aquila con L’Aquila, la Chiocciola con Venezia e l’Oca con Trieste.
Ogni contrada è governata da una sua assemblea che sceglie periodicamente i dirigenti che amministrano le attività e svolgono funzioni rappresentative, e ce ne sono due in particolare: i priori, che le reggono per tutto l’anno, e i capitani, che subentrano al comando soltanto per la gestione del Palio, la quale può costare anche centinaia di migliaia di euro. I compiti di quest’ultimi si concentrano quindi in alcune settimane durante l’anno ed entrano nel vivo la mattina del terzo giorno precedente la gara con l’assegnazione dei cavalli.
Quest’anno la cosiddetta “tratta” del Palio del 2 luglio dedicato alla Madonna di Provenzano si è tenuta di giovedì ed è stata condotta per la prima volta da una sindaca, Nicoletta Fabio, già priore dell’Istrice, che dice di «essere riuscita a contenere bene l’emotività». È l’evento in cui i dieci cavalli che i capitani hanno selezionato di comune accordo tra le decine proposte da proprietari e allenatori vengono assegnati in modo totalmente casuale alle contrade. Questa casualità fa sì che la tratta possa decidere il Palio quasi più della stessa corsa, perché fra i dieci cavalli assegnati ci possono essere chiari favoriti (quelli esperti o già vincitori) e chiari sfavoriti (gli esordienti o i meno veloci).
Sulle valutazioni e le selezioni dei cavalli si entra in un ambito piuttosto vago e impenetrabile fatto di segretezza e strategie conosciute soltanto ai dirigenti delle contrade, che però a loro volta possono non essere completamente certi delle qualità dei cavalli, più note invece a proprietari, allenatori (che spesso sono anche fantini) e pochi altri. Di certo ci sono soltanto i requisiti richiesti dal regolamento: cavalli di razza non troppo veloce, di età non inferiore ai 5 anni e giudicati adatti all’impegno da una commissione veterinaria che durante i giorni del Palio, fin dalle “prove di notte” che precedono la tratta, può decidere se ritirarli o meno, anche in via precauzionale.
Tra i cavalli presi in considerazione per il primo Palio di quest’anno, per esempio, tre erano considerati nettamente superiori agli altri, ma soltanto uno di questi è stato incluso nella tratta: Violenta da Clodia, che oltre ad aver corso già quattro palii, vincendo l’ultimo ha stabilito il record storico di percorrenza della pista in 1 minuto e 12 secondi.
Nella tratta di giovedì Violenta da Clodia è stata estratta per prima e assegnata alla contrada della Selva, vincitrice dell’ultimo Palio corso prima della sospensione per la pandemia. L’esultanza dei contradaioli della Selva presenti in piazza è stata quindi la più rumorosa, dato che salvo imprevisti sono loro i grandi favoriti. E come si usa fare in questi casi per aumentare ancor di più le probabilità di vittoria, la Selva ha ingaggiato il miglior fantino in attività, Giovanni Atzeni detto “Tittia”, che il Palio lo ha vinto nove volte e l’anno scorso ha fatto il cosiddetto “cappotto” per la seconda volta: ha vinto sia a luglio che ad agosto.
Le reazioni dei contradaioli alle assegnazioni sono un modo per conoscere le valutazioni che circolano sui cavalli, perlomeno indicative: nella tratta di giovedì soltanto le reazioni di Onda e Torre si sono avvicinate a quelle della Selva, e non a caso venerdì il Corriere di Siena titolava: «La sorte bacia Selva, Onda e Torre».
L’Onda ha ricevuto Viso d’angelo, che a Siena ha già corso tre volte, mentre alla Torre è stato assegnato Zio Frac, vincitore un anno fa. Tra queste due contrade c’è inoltre una delle sette rivalità in essere, anche se viene ritenuta “a senso unico” e attribuita in particolare all’Onda, mentre la Torre considera come sua vera rivale l’Oca (che però non corre questo Palio). Le altre sette contrade scelte per correre domenica sono Aquila, Giraffa, Nicchio, Tartuca, Istrice, Drago e Chiocciola.
L’altra rivalità presente in piazza è tra Tartuca e Chiocciola, e a differenza di quella tra Onda e Torre è molto sentita da entrambe le parti. Dietro queste rivalità, risalenti a secoli fa per motivi bellici o di vicinato e portate avanti fino a oggi tramite il Palio, si nascondono le trame alla base di scontri, attese e intralci che accadono sotto gli occhi di tutti prima e durante il Palio, a partire dalle prove dei giorni precedenti, che sono sei. Quest’anno, a causa della pioggia che ha reso impraticabile la pista di tufo preparata in piazza, di prove però ce ne saranno soltanto quattro.
Nella seconda di queste, corsa venerdì mattina, i fantini di Chiocciola e Tartuca si sono subito intralciati alla partenza e a fine corsa alcuni contradaioli particolarmente irritati hanno cercato lo scontro in piazza: la sindaca ha poi convocato i dirigenti delle contrade coinvolte per fare tutte le raccomandazioni del caso.
In Piazza del Campo ogni contrada è rappresentata dal fantino e dal cavallo che ne indossano i colori, ma è il cavallo a essere considerato il suo vero rappresentante, dato che può vincere anche da “scosso”, cioè dopo la caduta del fantino, e soprattutto perché incorruttibile ed estraneo agli accordi che invece possono essere presi dai fantini.
Una volta i fantini potevano essere anche contradaioli e dedicarsi ad altro durante l’anno. Oggi invece sono professionisti a tutti gli effetti, fanno quello tutto l’anno e vengono pagati decine di migliaia di euro dalle contrade che li ingaggiano. Ma non c’è nessun regolamento che vieta loro di ricevere altri compensi per adempiere ad altri scopi per conto di altre contrade.
Per questi motivi i fantini possono essere sostituiti fino alle 10:30 del giorno in cui si corre il Palio, quindi al termine della cosiddetta “provaccia”, l’ultima prova chiamata così perché è quella dai ritmi più blandi. Potrebbero inoltre avere bisogno di protezione al termine della corsa, soprattutto se non dovesse finire bene. E avrà bisogno di protezione anche il mossiere, cioè colui che gestisce la cosiddetta mossa, ossia la partenza di una gara che, per quanto breve, presenta tantissime incognite e non dipende esclusivamente dalla bravura del fantino o dalla qualità del cavallo.
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