La Corte Suprema degli Stati Uniti ha dato ragione a una web designer che aveva chiesto di poter negare i suoi servizi sugli annunci matrimoniali alle coppie dello stesso sesso
Venerdì la Corte Suprema degli Stati Uniti ha dato ragione a una web designer che aveva chiesto un’esenzione dal fornire i propri servizi sugli annunci di matrimonio alle coppie dello stesso sesso, sulla base del primo emendamento della Costituzione americana. Il primo emendamento è quello che stabilisce tra le altre cose la libertà di parola e garantisce che le leggi americane non intralcino il libero esercizio di una religione: nella causa la donna ha sostenuto che costringerla per legge a produrre annunci di matrimonio per le coppie dello stesso sesso avrebbe limitato la sua libertà di culto.
La decisione della Corte potrebbe creare un precedente che potrebbe consentire alle persone di addurre la libertà d’espressione e le libertà religiose per rifiutarsi di fornire servizi alle persone della comunità LGBT+.
Il caso era stato portato per la prima volta in tribunale nel 2016: all’epoca la donna, chiamata Lorie Smith e di religione cristiana evangelica, aveva chiesto un’esenzione da una legge dello stato del Colorado, dove risiedeva, che vieta una serie di discriminazioni tra cui quelle basate sull’orientamento sessuale. Il suo obiettivo era ottenere un’ordinanza di un tribunale che le permettesse di rifiutarsi di fornire i suoi servizi per gli annunci di matrimonio alle coppie omosessuali senza incorrere in problemi legali derivanti dalla legge anti-discriminazioni del Colorado.
Un tribunale federale di Denver, in Colorado, aveva stabilito che non ci fossero basi costituzionali che permettessero alla donna di ignorare una legge statale come quella in questione, così come era già successo in altri casi in cui altri tribunali federali si erano dovuti esprimere su casi che riguardavano persone contrarie ai matrimoni omosessuali: la donna si era così appellata alla Corte Suprema – il più importante tribunale degli Stati Uniti per ciò che riguarda le leggi emanate nel paese e il loro rapporto con la Costituzione – che ha ribaltato quella decisione per 6 voti (quelli dei giudici conservatori, che sono la maggioranza) a 3 (quelli dei giudici progressisti).