A Rotterdam si parla di una statua che raffigura una giovane donna nera
Ha le mani in tasca, le scarpe da ginnastica e i piedi piantati per terra, senza piedistallo: un esempio di “contro-monumentalismo”
Da qualche settimana nei Paesi Bassi, alla Stationsplein di Rotterdam, la piazza di fronte alla stazione centrale, c’è una nuova scultura in bronzo alta quasi 4 metri: non rappresenta, scrive ad esempio il Guardian, un uomo che ha fatto qualcosa di lodevole, una donna bianca magra e nuda o un qualche tipo di eroe, ma una giovane donna nera in scarpe da ginnastica e con le mani in tasca. La donna non è in piedi su un piedistallo, ma con entrambi i piedi piantati per terra.
La scultura è stata realizzata dall’artista inglese Thomas J Price e si intitola “Moments Contained”. Ha attirato l’attenzione anche perché il tema dei monumenti e delle statue nello spazio pubblico è da tempo di attualità, soprattutto per quanto riguarda la loro legittimità quando sono simboli di colonialismo e razzismo.
Intorno alla scultura di Rotterdam ci sono state delle discussioni ancor prima che venisse esposta. Sul quotidiano locale NRC Handelsblad Rosanne Hertzberger ha definito ad esempio la statua «noiosa» e «insincera», «il prodotto di un movimento sociale in cui basta essere parte emarginata per guadagnarsi della simpatia. Basta essere una donna, avere una disabilità, indossare un velo, avere un colore scuro della pelle». E una combinazione di questi elementi, ha scritto, «è sufficiente per essere glorificati». Hertzberger dice ancora che la donna della statua potrebbe essere un’eroina «o forse una stronza, non importa. Il gruppo a cui appartiene è emarginato e per questo viene celebrata». E conclude: «C’è solo una cosa peggiore della falsa meritocrazia ed è l’assenza di meritocrazia. Una statua che rappresenta tutti è un insulto alle persone che compiono azioni eroiche».
Marjolijn van der Meijden, responsabile del progetto che si occupa di arte nello spazio pubblico di Rotterdam, ha detto invece che l’eccezionalità della scultura è proprio il fatto che rappresenti una persona normale, ma anche una persona che tradizionalmente non ha rappresentazione.
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Thomas J Price, l’artista, ha a sua volta spiegato che l’obiettivo «è sfidare la nostra attuale comprensione dei monumenti: chi può essere visto, chi può essere rappresentato». Le sculture di Thomas J Price ritraggono spesso persone che fanno cose ordinarie come guardare uno smartphone o che stanno in piedi in una posa rilassata. Parte del suo lavoro è «celebrare l’ordinario», «monumentalizzarlo» per criticare «quello che viene considerato importante o di valore all’interno delle nostre comunità e a cosa, collettivamente, scegliamo di dare spazio pubblico».
Svelando la statua all’inizio di giugno Ahmed Aboutaleb, il sindaco di Rotterdam, ha detto che si aspettava che la scultura diventasse l’immagine più fotografata della città: «Non è un’eroina, un personaggio con un passato illustre. Lei è il futuro, il nostro futuro, e questa città è la sua casa». Rotterdam è una città portuale dove il 55 per cento della popolazione ha origini migranti.
Dorus Hoebink, sociologo dell’Università di Rotterdam specializzato in beni culturali, ha spiegato che la città ha una tradizione per quanto riguarda le opere che appartengono al cosiddetto “contro-monumentalismo”: quella forma di espressione dell’arte contemporanea che prende le distanze dai monumenti pubblici tradizionali, dalla glorificazione celebrativa – spesso retorica – di eventi significativi del passato o di personaggi illustri innalzati a modello. Queste opere instaurano con chi li guarda un rapporto di separazione ben rappresentato dal basamento che le eleva o dalla loro monumentalità, appunto. L’anti-monumentalismo (o contro-monumentalismo) si sviluppa in opposizione al monumentalismo: non chiude con il passato, non celebra il potere e non intende dare risposte definitive o lezioni morali. Affronta eventi oscuri o dolorosi e lavora sul concetto di memoria come qualcosa di sempre aperto, come un processo dinamico e continuo. Lavora, infine, più sui vuoti che sui pieni, sull’assenza invece che sulla presenza, sul fatto di rendere visibile ciò che è invisibile, sull’orizzontalità più che sulla verticalità.
Un esempio di scultura anti-monumentale è la fontana Aschrott a Kassel, in Germania, dell’artista tedesco Horst Hoheisel: la fontana era stata costruita nel 1908 e distrutta dai nazisti nel 1939, a causa delle origini ebraiche dell’imprenditore che l’aveva finanziata. Rimase solo il basamento che, dopo la deportazione degli ebrei, fu rinominato la “tomba di Aschrott”. Nel 1984 si decise di restaurare la fontana e il progetto venne affidato a Hoheisel che ne propose una specie di “forma negativa”: la fontana venne ricostruita secondo i disegni originali, esposta per pochi giorni, poi capovolta e affondata nel terreno della piazza, trasformata in una specie di imbuto.
A Rotterdam possono essere considerati vicini all’anti-monumentalismo “La città distrutta” di Ossip Zadkine, che rappresenta il bombardamento tedesco sulla città del 14 maggio del 1940, ma anche la statua di Erasmo dello scultore Hendrick de Keyser che, secondo il sociologo Dorus Hoebink, «era straordinaria nel XVII secolo perché rappresentava un uomo comune e di nascita modesta, non un nobile o un uomo di chiesa».
Wim Pijbes, direttore della fondazione che ha donato “Moments Contained” alla città di Rotterdam, ha detto che l’opera affronta proprio il ruolo della scultura nello spazio pubblico: «Rappresenta una giovane donna nera, una giovane donna, una giovane. Categorie che via via si dissolvono. È ogni donna, siamo noi: ed è lì, sola, in piedi sul pavimento come te e me».
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