Il farmaco contro il cancro usato in Italia ma non approvato dall’Unione Europea
Un'inchiesta di Politico ha scoperto che lo avrebbero somministrato almeno 16 ospedali: non è illegale, ma ci sono comunque problemi
Secondo un’inchiesta realizzata dal giornale online Politico insieme al Bureau of Investigative Journalism, un’organizzazione giornalistica non profit che ha sede a Londra, tra il 2016 e il 2023 almeno 16 ospedali italiani avrebbero usato un farmaco per trattare alcuni tipi di tumore prodotto in modo non conforme per l’Unione Europea. Tra questi ospedali ci sarebbero l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e il San Camillo di Roma.
Alcuni vuoti normativi avrebbero permesso agli ospedali italiani di ordinare e poi usare il farmaco senza passare da un’autorizzazione dell’AIFA, l’agenzia italiana del farmaco, o del ministero della Salute. Decidere l’utilizzo del farmaco non è responsabilità di questi due enti, né dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), ma del singolo medico che lo prescrive, che dovrebbe farlo solo in mancanza di alternative migliori. Eppure secondo l’inchiesta sarebbe stato usato anche quando non c’era scarsità dei farmaci conformi e consigliati, che però costano di più.
Il farmaco “non conforme” in questione è il Celginase a base di asparaginasi, un enzima impiegato in farmaci per il trattamento di alcuni tumori del sangue tra cui soprattutto la leucemia linfoblastica acuta, la forma di tumore più frequente tra i bambini. È un farmaco prodotto e approvato in India, da dove si rifornirebbero anche gli ospedali italiani indicati dall’inchiesta, ed è meno consigliato dell’altro farmaco a base di asparaginasi approvato dall’Unione Europea, l’Oncaspar.
Celginase è una versione di asparaginasi derivata direttamente dal batterio Escherichia coli, mentre l’Oncaspar è una versione alternativa modificata in modo da ridurre i possibili effetti collaterali, che con il Celginase possono essere più marcati. Ma soprattutto tra i due c’è una grande differenza di prezzo: una fiala del primo costa circa 13 euro, una fiala del secondo circa 2.500.
Di per sé in Italia l’utilizzo di Celginase o di altri farmaci non autorizzati dall’Unione Europea non è di per sé vietato né illegale: è consentito, dopo aver ricevuto l’autorizzazione dell’AIFA, quando per qualsiasi ragione non è possibile usare la “prima scelta”, per esempio perché quel farmaco è esaurito. È una possibilità introdotta nel 2001 dalla legislazione europea con l’obiettivo di far fronte a eventuali periodi di crisi, ed è stata poi recepita da ogni stato membro in modo diverso.
Nel 2018 per esempio in Italia ci fu una carenza di Oncaspar a livello nazionale che spinse alcuni ospedali a chiedere l’autorizzazione all’AIFA per poter importare l’Aspatero, un altro farmaco a base di asparaginasi considerato meno efficace dell’Oncaspar: l’AIFA acconsentì all’importazione dell’Aspatero – lo ha confermato a Politico l’agenzia stessa – perché se non fosse stato usato si sarebbero ridotte le speranze di guarigione di diversi pazienti.
Dall’inchiesta di Politico però emerge che in alcune occasioni gli ospedali italiani avrebbero usato il Celginase nonostante fosse disponibile l’Oncaspar, e i casi più recenti sarebbero avvenuti quest’anno. Anche questo utilizzo però formalmente non viola alcuna legge: in Italia infatti è consentito l’utilizzo di un farmaco non approvato dall’Unione Europea ma approvato in un altro paese del mondo se non c’è una terapia alternativa valida. Il singolo medico che richiede quel farmaco per un proprio paziente, però, deve giustificarne l’utilizzo eccezionale.
Dal momento che Celginase e Oncaspar non sono del tutto equivalenti, in alcuni ospedali è stato possibile richiedere Celginase anche se c’era disponibilità di Oncaspar: per questo procedimento non è necessario il permesso dell’AIFA, ma solo quello dell’ufficio del ministero della Salute che si occupa delle importazioni, che però fa perlopiù controlli burocratici sulle spedizioni senza valutare la qualità dei farmaci.
Secondo Politico inoltre i pazienti non sarebbero stati a conoscenza di ricevere Celginase al posto di Oncaspar, e delle differenze tra i due: nei documenti per il consenso informato che i pazienti firmano prima di ricevere un certo trattamento non è specificato il tipo di farmaco che verrà loro somministrato o in quali paesi ne è approvato l’utilizzo.
Non si sa a quanti pazienti sia stato somministrato il Celginase in Italia, né se abbia causato effetti indesiderati. Non si sa neanche se il decorso di qualche paziente sia stato reso più difficoltoso. Dall’inchiesta è emerso che i farmaci sarebbero stati ordinati anche da diverse aziende sanitarie locali (ASL), e perciò è possibile che il numero di ospedali a cui sono stati poi forniti sia più alto dei 16 individuati da Politico.
Politico ha inviato richieste di chiarimenti agli ospedali e alle ASL coinvolte: l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ha detto di aver fatto ricorso a Celginase in mancanza di alternative, spiegando che i pazienti a cui è stato somministrato stanno rispondendo bene ai trattamenti e sottolineando come l’AIFA non abbia mai diffuso informazioni che presentassero il Celginase come pericoloso. Hanno commentato in modo simile anche l’ospedale Città della Salute e della Scienza di Torino, l’azienda sanitaria locale di Brescia e quella di Ferrara. L’azienda ospedaliero universitaria pisana ha specificato che il farmaco è stato usato su un solo paziente. Il San Camillo di Roma non ha voluto rispondere alle domande di Politico.
Lo scorso gennaio una precedente inchiesta del Bureau of Investigative Journalism e del sito STAT aveva scoperto che dal 2016 diversi farmaci di bassa qualità a base di asparaginasi, tra cui Celginase, erano stati spediti a più di 90 paesi nel mondo e somministrati a circa 70mila bambini. L’AIFA ha detto che in seguito a quell’inchiesta aveva scambiato alcuni pareri sui farmaci a base di asparaginasi importati dall’India con l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), secondo cui non ci sarebbero prove di pericoli o inefficienze.
Sono tuttavia in corso discussioni per modificare le leggi europee, in modo che i paesi membri impongano ai medici di segnalare ordini di farmaci come Celginase alle agenzie nazionali che regolano i farmaci. In Italia Ulrico Angeloni, a capo dell’ufficio che si occupa delle importazioni per conto del ministero della Salute, ha detto al Bureau of Investigative Journalism che il suo ufficio è a conoscenza dei vuoti normativi del sistema, e che starebbe cercando di risolverli.