Indiana Jones esisteva già prima di Indiana Jones

Per inventarlo Spielberg e Lucas si ispirarono a personaggi, ambientazioni e dinamiche ricorrenti nella cultura americana

di Gabriele Niola

Nicole Maurey e Charlton Heston in “Il segreto degli Incas”. (1954)
Nicole Maurey e Charlton Heston in “Il segreto degli Incas”. (1954)
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Indiana Jones, il personaggio al centro di una delle saghe più famose del cinema, il cui quinto capitolo Indiana Jones e il quadrante del destino è appena uscito al cinema, fu creato dai registi Steven Spielberg, George Lucas e Philip Kaufman per il film del 1981 I predatori dell’arca perduta, sceneggiato da Lawrence Kasdan. Un personaggio simile, all’epoca dell’uscita del film, sembrava qualcosa di nuovo e diverso da ciò che il cinema americano stava promuovendo e raccontando, anche nei film di maggiore incasso: un protagonista maschile ruvido, sarcastico, un avventuriero intellettuale, sexy ma dal rapporto sempre difficile con le donne. Era un duro nel senso classico e cinematografico del termine, come si rappresentavano negli anni ‘30 o ‘40, e un personaggio sostanzialmente positivo dopo un decennio in cui gli antieroi erano stati la novità maggiore e i protagonisti dei film più amati. Eppure non era realmente una novità ma, come spesso capita, un film nuovo a partire da un’idea molto vecchia.

La base sulla quale Spielberg e Lucas chiesero a Kasdan di scrivere la sceneggiatura era quella di un avventuriero per un pubblico di “baby boomer”, la generazione che allora aveva tra i 25 e i 35 anni circa, che ricordasse loro qualcosa dalla propria infanzia. In particolare, che riprendesse i protagonisti che si vedevano al cinema nelle proiezioni mattutine a poco prezzo dei film vecchi o a basso budget, girati in serie, molto stereotipati nella scrittura e pieni di tensione, paura, mostri, luoghi esotici, nemici e azione.

Come spesso è capitato in seguito, il recupero di personaggi, trame e figure nate nel cosiddetto cinema “di serie B” ha dato vita a film di grande successo di pubblico e critica. I predatori dell’arca perduta prese molte di quelle ispirazioni cinematografiche e seppe unirle in un film ben più magistrale, tecnico e ben realizzato delle sue ispirazioni.

Nella memoria dei baby boomer, almeno dei più appassionati di cinema, il massimo dell’intrattenimento erano film come La leggenda di Robin Hood (la versione con Errol Flynn del 1938, spesso mandata in tv o nei cinema anche negli anni ‘50 e ‘60) o quelli di 007 degli anni ‘60 con Sean Connery. Indiana Jones nacque da quel mondo: sbruffone e attraente come James Bond, in una storia di pura avventura esotica come Robin Hood (in I predatori dell’arca perduta tutta la parte giocata con le ombre nel bar di Marion in Nepal riprende una sequenza molto simile di quel film).

Anche la scelta di Sean Connery come padre di Indiana Jones nel terzo film della saga fu un riferimento metatestuale esplicito alla genesi del personaggio. Fu però quando Spielberg e Lucas (il primo regista e produttore dei film, il secondo ideatore e produttore) dovettero passare da un progetto vago a qualcosa da dettagliare nello specifico che pescarono da un immaginario vasto ma anche noto e non propriamente originale.

Sean Connery in “Agente 007 – Missione Goldfinger” (1964) e Harrison Ford in “Indiana Jones e il tempio maledetto” (1984).

Come nei film di 007 i primi tre film di Indiana Jones sono avventure a sé stanti che iniziano con una scena d’azione, presentata come la fine di un’avventura precedente. Dopodiché qualcuno di più autorevole del protagonista gli comunica o lo coinvolge in una nuova missione o avventura, che includerà anche una storia sentimentale con una donna.

Ma negli Indiana Jones ci sono anche ispirazioni più di nicchia, come i serial avventurosi per ragazzi che i cinema americani erano soliti programmare le mattine del weekend, attirando un pubblico non occupato dalla scuola. Erano film che funzionavano come episodi di serie televisive, uno dei più noti dei quali era Doc Savage, in cui (come spesso avviene anche nei film di Quentin Tarantino, che è solito attingere da quell’immaginario) si combattevano i nazisti in maniere fantasiose, c’erano intrighi in luoghi lontani e spesso si finiva in mezzo a resti antichi. Travestirsi da nazista, salvare artefatti preziosi, coinvolgere donne nelle proprie avventure, salvarle, esserne salvati o ancora scoprire qualcosa di fantastico era spesso parte di quelle trame e si ritrova in molti snodi di Indiana Jones.

Tuttavia anche quei film e quelle storie non erano totalmente originali, ma si rifacevano a un tipo di eroe pieno di destrezza, ardore e caratterizzato da un atteggiamento scorbutico, a suo agio tra vecchie rovine e animato da un fortissimo desiderio di scoprire, esplorare e addentrarsi nell’ignoto, molto simile al professor Challenger, raccontato da Arthur Conan Doyle nel romanzo Il mondo perduto. Da queste ispirazioni letterarie, televisive e cinematografiche Spielberg e Lucas cercavano di imitare soprattutto la capacità di coinvolgere e fare leva sulle emozioni degli spettatori attraverso scene spettacolari e antichi misteri. Fin dall’inizio quindi il loro personaggio avrebbe dovuto essere inserito in film realizzati come si realizzavano quelli a cui si ispirava.

Già all’epoca della sua uscita I predatori dell’arca perduta (1981), e poi anche Il tempio maledetto (1984) e L’ultima crociata (1989), erano considerati alcuni tra gli ultimi film a fare un grande uso degli stuntmen. All’inizio degli anni ‘80 infatti esisteva la consapevolezza che la computer grafica stava cambiando l’idea di spettacolo, passando da vere scene pericolose a creazioni fantasiose animate digitalmente. Una delle società cruciali in questo passaggio, proprio in quegli anni, fu la Industrial Light & Magic di proprietà dello stesso George Lucas.

Come nei film di serie B tutto in Indiana Jones è focalizzato sugli stunt, cioè le scene pericolose realizzate realmente dalle controfigure, e l’idea stessa dell’eroe con un grosso cappello era un espediente usato nei vecchi film per fare in modo che nelle scene d’azione fosse facile nascondere il volto dello stuntman, ragione per la quale fu ripreso anche da Spielberg. Alcune delle più note dei film di Indiana Jones sono citazioni delle scene d’azione più celebri della storia del cinema, viste per esempio nei film di Zorro. Inclusa quella in cui Indiana Jones passa sotto a un camion in corsa, ispirato direttamente allo stunt considerato il più rischioso e difficile di sempre, presente in Zorro del 1939, in cui il protagonista (o meglio la sua controfigura, Yakima Canutt, una leggenda del settore) dal suo cavallo salta sui cavalli di una diligenza in corsa, si cala tra gli zoccoli e poi si lascia andare passando così sotto la carrozza e attaccandosi infine al retro per salire di nuovo da dietro.

Essendo la gran parte delle ispirazioni per il personaggio presenti in film degli anni ‘30 o ‘40 – come ad esempio Il tesoro della Sierra Madre, il cui protagonista interpretato da Humphrey Bogart almeno inizialmente ha un carattere non diverso da quello di Indiana Jones – anche la storia di Indiana Jones fu ambientata in quegli anni. Cosa che inoltre rendeva possibile scrivere una sceneggiatura con i nazisti come nemici. Uno di questi film è Cina del 1943 con Alan Ladd, in cui il protagonista si chiama Mr. Jones ed è un losco avventuriero che combatte i cinesi da solo, vestito con un cappello Fedora e un giubbotto di pelle.

In altri casi i riferimenti sono ancora più marcati: in Il segreto degli Incas Charlton Heston è un avventuriero che, alla ricerca di reperti del passato, scopre i resti di un’antica civiltà Incas e deve districarsi tra numerose trappole e minacce locali, anche lui vestito con giubbotto e cappello Fedora. Deborah Nadoolman, costumista per I predatori dell’arca perduta e quindi la persona che ha contribuito a realizzare il look di Indiana Jones, ha raccontato al sito di fan TheRaider.net che Lucas inizialmente chiese a Lawrence Kasdan direttamente di rimaneggiare la sceneggiatura di Il segreto degli Incas (che era un film Paramount come I predatori dell’arca perduta) aggiornandola, per poi sviluppare il film a partire da quella. Quel film fu proiettato molte volte anche per i collaboratori, quindi anche per Deborah Nadoolman stessa.

Il personaggio più vicino a Indiana Jones però forse era Allan Quatermain, avventuriero con tenuta da deserto e, anche lui, cappello Fedora, protagonista dei romanzi di Henry Rider Haggard. Nel primo di questi, Le miniere di re Salomone, diventato film più volte (le versioni di ispirazione per Spielberg e Lucas furono quella del 1937 e quella del 1950), il protagonista è incaricato di recuperare una persona scomparsa nel cuore dell’Africa e finisce nelle mitologiche miniere di re Salomone, un luogo perduto e antico che viene dalla mitologia della Bibbia, come spesso accade a Indiana Jones. Nei primi tre film di Indiana Jones molte scene sono la replica quasi inquadratura per inquadratura di alcuni momenti di questi film.

Si tratta in ogni caso di ispirazioni di cui sia Lucas che Spielberg hanno parlato spesso e che non hanno mai negato, anzi. Proprio loro hanno raccontato di come ci sia stata una moltitudine di piccoli dettagli, ricordi e suggestioni presi da tanti film o prodotti di cultura di massa diversi alla base delle prime tre avventure di Indiana Jones. Il più strano e meno convenzionale sono probabilmente le avventure di zio Paperone, cioè quella serie di storie a fumetti in cui Carl Barks aveva trasformato il suo personaggio di zio Paperone in un avventuriero insieme ai nipoti Qui Quo Qua (qualcosa che poi è stato ripreso anche in Italia dalla versione italiana delle storie Disney). Un’aderenza particolarmente vistosa ad esempio c’è con la storia Zio Paperone e le sette città di Cibola (1954), nella quale uno dei Bassotti sposta un idolo antico attivando un meccanismo di protezione che scatena trappole mortali tra cui una gigantesca palla che distrugge tutto proprio come nella scena iniziale di I predatori dell’arca perduta.

I predatori dell’arca perduta arrivò quando Steven Spielberg non aveva ancora creato intorno a sé l’immagine di regista commerciale come lo conosciamo oggi, e contribuì molto a indirizzarlo in quella direzione. In quel momento della sua carriera si era affermato come regista intellettuale con una grande conoscenza dei gusti del pubblico. Oltre al suo esordio, Duel (un film “di serie B” per la tv), aveva girato Sugarland Express, che lo aveva messo in vista nell’industria e ne aveva mostrato le capacità di raccontare le persone, e poi aveva trovato un grande successo con Lo squalo, un film alla cui base c’era la stessa operazione di I predatori dell’arca perduta, ovvero prendere i film con mostri che minacciano una comunità, mischiarli con altre ispirazioni di serie B come i western (lo sceriffo, il cacciatore di taglie, la comunità isolata e minacciata) per creare un nuovo film molto tecnico, moderno e di intrattenimento.

Spielberg era poi sopravvissuto all’insuccesso della commedia 1941 – Allarme a Hollywood, e infine Incontri ravvicinati del terzo tipo lo aveva consacrato come autore raffinato. Per questo insieme a George Lucas, che invece aveva appena trovato un successo solo commerciale (anche se enorme) con Guerre stellari, voleva realizzare qualcosa, nelle loro parole, «di divertente».

Nonostante quindi i due in quel momento fossero noti per il loro approccio alla fantascienza, il grandissimo successo di questo film d’avventura ambientato nel passato (l’incasso superò di circa 15 volte il costo) ebbe un’influenza potentissima nella moda e nel costume di quegli anni, nonché nella produzione di film. Già nel 1984 All’inseguimento della pietra verde con Michael Douglas e Kathleen Turner cercò di trasporre il personaggio e le ambientazioni di Indiana Jones in una commedia rosa, mentre lo stesso Spielberg nel 1985 produsse I Goonies adattando quell’idea di avventura al cinema per ragazzi.

Ci fu poi una nuova versione di Le miniere di re Salomone nel 1985 con Richard Chamberlain nel ruolo principale, oltre a un grandissimo numero di film di serie B (e anche di quella che si può definire “serie C”, cioè a budget e qualità ancora più bassi) con archeologi, resti antichi e artefatti magici. Negli anni ‘90, finita la saga con quello che sembrava l’ultimo film, Indiana Jones e l’ultima crociata, prima Jumanji con Robin Williams, poi La mummia e soprattutto la serie di videogiochi Tomb Raider cercarono di prenderne il posto, imitando i suoi elementi di successo.

Nel 2008 lo stesso Spielberg provò a riprendere il personaggio con Indiana Jones e il teschio di cristallo, un buon successo commerciale ma poco apprezzato da appassionati e fan, così tanto che in occasione dell’uscita del quinto film, Indiana Jones e il quadrante del destino, gli eventi del precedente non sono considerati, un po’ come se non fosse esistito. Nel complesso nei 34 anni passati tra Indiana Jones e l’ultima crociata e Indiana Jones e il quadrante del destino l’impressione di molti, confermata dagli autori, è che si sia voluto adattare il personaggio all’età del suo attore, Harrison Ford (oggi ottantenne), e quindi anche il tono delle sue avventure, diventate più mature e legate con il passare del tempo.

Anche per queste ragioni è un altro film di Spielberg a essere considerato da qualcuno come il quarto film di Indiana Jones, quello che più di tutti è riuscito a riprendere ritmo, atmosfere, tensione e divertimento della saga: Le avventure di Tintin – Il segreto dell’unicorno, un film animato in computer grafica e motion capture tratto dai fumetti di Hergé.