Che cosa vuole ottenere dal calcio l’Arabia Saudita
Interessi economici e politici, simili ad altri già visti altrove, stanno alimentando enormi investimenti che sembrano soltanto all’inizio
di Alessandro Austini
L’acquisto di Cristiano Ronaldo da parte della squadra saudita dell’Al-Nassr, lo scorso gennaio, sembra aver segnato l’inizio degli ambiziosi piani di espansione nel calcio professionistico dell’Arabia Saudita. In queste settimane, ovvero da quando è iniziata la fase estiva del cosiddetto calciomercato, le squadre saudite, alcune delle quali gestite dal governo, stanno ingaggiando alcuni dei più noti calciatori in circolazione grazie alle loro disponibilità finanziarie praticamente illimitate.
Il principale campionato di calcio locale è la Saudi Pro League. Al momento non è certamente paragonabile ai campionati europei e neanche agli altri tornei più competitivi al di fuori dell’Europa. Ma l’obiettivo dell’Arabia Saudita è di migliorarlo sensibilmente nel più breve tempo possibile fino a renderlo un’alternativa valida e competitiva su scala internazionale. La strategia è piuttosto chiara: convincere i campioni delle squadre europee a trasferirsi in Arabia Saudita pagandoli molto di più di quanto possano permettersi di fare tutti gli altri.
L’Al-Nassr, per esempio, ha garantito a Cristiano Ronaldo un contratto che gli consentirà di guadagnare oltre 200 milioni di euro in due anni e mezzo fino al giugno del 2025. Secondo le stime della rivista americana Forbes si tratta dello stipendio più alto di sempre per un atleta, ma quel record potrebbe essere già stato superato, visto che l’attaccante francese Karim Benzema, ex compagno di Ronaldo al Real Madrid, si è trasferito in un’altra squadra saudita, l’Al-Ittihad, firmando un contratto da circa 200 milioni di euro che però gli verranno pagati in due anni. Lo stesso club ha ingaggiato anche il centrocampista della nazionale francese N’Golo Kanté, che guadagnerà 100 milioni di euro complessivi in quattro stagioni.
Ronaldo, Benzema e Kanté hanno più di 30 anni e sono avviati al termine delle rispettive carriere. Inoltre erano liberi di firmare un nuovo contratto essendosi svincolati dalle precedenti società prima di accettare le proposte dei club sauditi. Ma nel frattempo gli arabi hanno avviato, e in alcuni casi concluso, delle trattative per giocatori più giovani e maggiormente ambiti sul mercato. Si tratta di calciatori ancora sotto contratto con le rispettive società e per loro, oltre ai soldi dello stipendio, va quindi affrontata una spesa per acquistarli. È il caso ad esempio del centrocampista croato Marcelo Brozovic, per il quale l’Al-Nassr ha offerto circa 23 milioni di euro all’Inter e un contratto da 20 milioni all’anno al giocatore. Fra gli obiettivi delle squadre saudite sembrano esserci anche il centrocampista serbo della Lazio Sergej Milinkovic Savic e il terzino della Roma Leonardo Spinazzola.
Il paese sta quindi facendo sul serio e non si pone limiti. Dopo aver provato a convincere anche il campione argentino Lionel Messi, che però ha preferito gli Stati Uniti, anche la squadra dell’Al-Hilal ha concluso due importanti acquisti. Il primo è stato il centrocampista portoghese Ruben Neves, per il quale sono stati pagati 55 milioni al club inglese del Wolverhampton. Poi è stato il turno del difensore senegalese Kalidou Koulibaly, che la scorsa estate era passato dal Napoli al Chelsea e ora è stato comprato dall’Al-Hilal per 24 milioni di euro con un contratto da 25 milioni a stagione. Sono pronti a trasferirsi dal Chelsea in Arabia Saudita anche il portiere franco-senegalese Edouard Mendy, che giocherà nell’Al-Ahli, e il centrocampista marocchino Hakim Ziyech, prossimo a raggiungere Ronaldo all’Al-Nassr. Ha invece rifiutato una proposta saudita l’attaccante belga Romelu Lukaku, che ha appena terminato la stagione in prestito all’Inter ed è tornato al Chelsea, ma vorrebbe continuare a giocare a Milano. Quanto agli allenatori, nelle ultime settimane le squadre arabe hanno contattato, finora senza successo, Josè Mourinho e Massimiliano Allegri.
Questa nuova ondata di offerte milionarie provenienti dall’Arabia Saudita ha coinvolto anche il Milan e uno dei suoi migliori giocatori, Sandro Tonali. Il centrocampista, che sembrava dovesse diventare il nuovo capitano del Milan, si trasferirà invece al Newcastle, il club inglese che dal 2021 è controllato dal Public Investment Fund dell’Arabia Saudita (PIF), il fondo di investimento gestito direttamente dal governo, che ha un patrimonio stimato di circa 620 miliardi di dollari americani. Il Milan incasserà oltre 70 milioni di euro per la cessione di Tonali al Newcastle e il giocatore guadagnerà quasi 10 milioni a stagione.
A capo di PIF c’è il principe ereditario Mohammad bin Salman Al Sa’ud, che attualmente è anche il Primo ministro in carica. Le squadre arabe controllate direttamente dal fondo sono quattro e, non a caso, sono quelle più attive nel calciomercato: l’Al-Ittihad, che ha vinto l’ultimo campionato, l’Al Nassr di Ronaldo, l’Al-Ahli e l’Al-Hilal. PIF detiene il 75 per cento delle quote di tutte e quattro le società, mentre le restanti azioni – stando a quanto comunicato ufficialmente dal fondo – sono di proprietà di associazioni senza fini di lucro. In ogni squadra che partecipa alla Saudi Pro League – dal prossimo anno aumenteranno da 16 a 18 – possono giocare un massimo di 8 stranieri.
Le spese senza limiti dei club sauditi ricalcano in parte quanto fecero qualche anno fa le squadre cinesi, che comprarono decine di giocatori dall’Europa pagandoli cifre molto alte salvo poi interrompere gli investimenti su ordine del governo. Al momento è difficile capire se il piano dell’Arabia Saudita possa durare a lungo, ma le risorse economiche sono ritenute molto solide e la Saudi Pro League ha già un livello competitivo più alto rispetto al campionato cinese di allora.
Nel paese il calcio ha sempre goduto di grande popolarità e sin dalla fine degli anni Novanta certe squadre del campionato saudita erano solite acquistare giocatori importanti arrivati alla fine delle loro carriere, come i brasiliani Bebeto e Denilson, il bulgaro Hristo Stoichkov e l’italiano Roberto Donadoni. Questa tendenza era stata poi intensificata nell’ultimo decennio, prima degli investimenti più recenti: l’ex attaccante della Juventus Sebastian Giovinco aveva giocato in Arabia Saudita dal 2019 al 2021, per esempio, e da due anni il brasiliano Talisca, che era richiesto da diversi club europei, gioca all’Al-Nassr con un contratto valido fino al 2026.
Il processo di crescita del calcio saudita, insomma, non è iniziato quest’estate e lo dimostrano anche i discreti risultati ottenuti dalla sua Nazionale, che ha partecipato a sei delle ultime otto edizioni dei Mondiali e nell’ultima in Qatar era riuscita a battere l’Argentina poi vincitrice del torneo. La vera novità, quindi, è il volume delle spese dei club arabi nel calciomercato e la loro capacità di comprare calciatori importanti e ancora giovani, che potrebbero quindi giocare nelle migliori squadre europee.
Un altro fattore che consente all’Arabia Saudita di attrarre più facilmente i giocatori rispetto a quanto potessero fare prima le squadre cinesi è legato alla posizione geografica del paese. Il viaggio per raggiungere dall’Europa Riad o Gedda, le città dove hanno sede le quattro squadre principali del campionato, è molto più breve. Inoltre molti giocatori frequentano già quell’area, trascorrono le loro vacanze nei paesi del Golfo Persico e hanno quindi maggior familiarità con la cultura locale.
Oltre al calcio, i sauditi negli ultimi anni hanno investito molto anche in altri settori dello sport e dell’intrattenimento, come la Formula 1, il golf, il wrestling, la pallamano, il rally e l’industria dei videogiochi. Gli ultimi investimenti di PIF nello sport rientrano nel piano governativo «Vision 2030» introdotto nel 2016 con l’obiettivo di finanziare una serie di progetti per consentire all’economia del regno di non essere più dipendente dalla produzione del petrolio. All’interno di questa strategia il calcio e lo sport in generale, grazie alla loro grande popolarità, vengono considerati degli strumenti particolarmente efficaci per raggiungere l’altro obiettivo del piano: migliorare l’immagine del paese nel mondo, sulla scia di quanto tentato ad esempio in Qatar con i Mondiali di calcio. E l’Arabia Saudita sembra averne bisogno: è nella cosiddetta lista nera di Amnesty International per le violazioni dei diritti umani e secondo il settimanale inglese Economist è il quinto paese più autoritario al mondo, con una chiara tendenza a reprimere qualsiasi forma di dissenso ed emancipazione.
Tutto questo non sembra preoccupare troppo le istituzioni sportive, a cominciare dalla FIFA, l’organo internazionale che governa il calcio mondiale. Il presidente Gianni Infantino non ha mai nascosto la sua vicinanza all’Arabia Saudita e ha incontrato più volte esponenti della famiglia reale e del governo, che hanno accettato di finanziare alcuni suoi progetti. Inoltre, con il voto unanime all’interno del consiglio, la stessa FIFA ha deciso che la prossima edizione della Coppa del Mondo per club – il torneo in cui si affrontano le squadre vincitrici delle diverse coppe continentali – si giocherà proprio in Arabia Saudita dal 12 al 22 dicembre 2023. La scelta è stata criticata piuttosto duramente da Amnesty International: «L’Arabia Saudita sta tentando di utilizzare il fascino e il prestigio dello sport come strumento di pubbliche relazioni per distrarre dalle sue abissali violazioni dei diritti umani», ha dichiarato un dirigente.
La vittoria della Coppa del Mondo per club è uno dei grandi obiettivi del governo saudita e questo spiega perché PIF sta finanziando le sue squadre in questa finestra estiva del calciomercato. Al prossimo torneo di dicembre parteciperà l’Al-Ittihad in qualità di squadra campione nazionale del paese ospitante, mentre non si è qualificato l’Al-Hilal, che ha perso la finale dell’ultima Champions League asiatica (AFC Champions League) contro i giapponesi dell’Urawa Reds dopo aver vinto l’edizione del 2021.
Il potenziale economico degli arabi preoccupa anche la UEFA, l’organismo che governa il calcio europeo e che cerca di tenere sotto controllo i limiti di spesa delle squadre più ricche attraverso un regolamento conosciuto come «Fair Play Finanziario», che invece i sauditi non devono rispettare. «Gli arabi spendono tantissimo per acquistare calciatori che per gran parte hanno quasi terminato la loro carriera. È un sistema che non favorisce lo sviluppo del calcio, stanno facendo lo stesso errore della Cina di qualche anno fa» ha detto di recente il presidente Aleksander Ceferin.
I dirigenti del calcio italiano sembrano invece più allineati alle posizioni della FIFA e accettano di buon grado di sfruttare i benefici economici messi a disposizione dagli arabi. La Lega di Serie A ha infatti rinnovato l’accordo per far disputare in Arabia Saudita le prossime due edizioni della Supercoppa Italiana: ora ci sarà una pausa di due anni, ma successivamente il torneo si disputerà lì per altre due stagioni consecutive, peraltro con una formula diversa e allargata a quattro squadre.
Sembra invece da escludere l’ipotesi che l’Arabia Saudita possa ospitare l’edizione del 2030 dei Mondiali di calcio insieme all’Egitto e alla Grecia: i termini della candidatura, peraltro mai presentata ufficialmente, sarebbero scaduti secondo le indiscrezioni riportate dal quotidiano sportivo spagnolo Marca. È invece sicuro che l’Arabia Saudita ospiterà i Giochi invernali asiatici nel 2029 nel resort di Trojena, dove le temperature scendono raramente al di sotto degli 8 gradi.
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