Le elezioni in Guatemala, con poca opposizione
Dopo anni di governi sempre meno democratici, c'è preoccupazione per la tenuta dello stato di diritto nel paese
Domenica in Guatemala, paese da 17 milioni di abitanti e il più grande dell’America Centrale, si tengono le elezioni per eleggere il nuovo presidente, rinnovare il parlamento e le 340 amministrazioni locali del paese. Le attenzioni sono concentrate soprattutto sulle elezioni presidenziali, e in particolare sul rischio che spingano il paese verso un sistema politico ancora più autoritario. José Rubén Zamora, uno dei molti giornalisti contro cui negli ultimi anni ci sono stati procedimenti giudiziari ritenuti politicamente motivati, ha definito le elezioni in corso una «simulazione della democrazia».
Domenica si voterà per sostituire il presidente uscente Alejandro Giammattei, che non può essere rieletto perché la costituzione impedisce al presidente in carica di ricandidarsi. Nel caso in cui nessun candidato ottenga almeno il 50 per cento dei voti, i due che ne avranno ottenuti di più andranno al ballottaggio. In tutto i candidati sono 21, ma sono solo tre quelli che si contendono davvero la vittoria: Sandra Torres, data per favorita e del partito di centro Unità Nazionale per la Speranza, Edmond Mulet, del partito di centrodestra Cabal, e Zury Ríos Sosa, del partito populista di destra Valor.
Negli ultimi anni i governi che si sono succeduti alla guida del Guatemala hanno adottato una serie di provvedimenti che hanno indebolito sempre di più la democrazia e lo stato di diritto. Dopo alcune estese proteste antigovernative del 2015, incentrate sulla corruzione del governo e che portarono alle dimissioni del presidente Otto Perez Molina e a nuove elezioni, i governi successivi hanno risposto in maniera sempre più repressiva alle manifestazioni di dissenso. Sia per mezzo di violenti dispiegamenti di polizia sia adottando misure vessatorie e punitive nei confronti di giudici, giornalisti e attivisti che si opponevano ai governi.
Nel 2019 il presidente Jimmy Morales espulse dal paese la Commissione internazionale contro l’impunità in Guatemala (CICIG), un organo indipendente appoggiato dall’ONU che stava indagando su di lui, accusato di corruzione, e che nel corso del tempo aveva rilevato una serie di irregolarità in cui erano coinvolti vari personaggi di spicco della politica e della classe dirigente del Guatemala.
A tutto questo si sono aggiunte alcune azioni intraprese dal presidente uscente Giammattei, un ex capo della polizia penitenziaria che ha attaccato l’indipendenza della magistratura, la libertà di stampa e assunto un controllo sempre più saldo del parlamento. Durante la sua presidenza sono state accantonate una serie di indagini in corso sia sulla corruzione che sugli abusi compiuti all’epoca della guerra civile durata tra il 1960 e il 1996, in cui furono uccisi o scomparvero complessivamente circa 200mila civili, perlopiù indigeni.
– Leggi anche: “elPeriódico” ha chiuso, e il Guatemala ha un problema di libertà di stampa
La campagna elettorale per queste elezioni è stata raccontata dai corrispondenti che l’hanno seguita come povera di contenuti. Torres, first lady del Guatemala dal 2008 al 2011 quando era presidente il marito Álvaro Colom, è tra i candidati quella che si presenta con un programma apparentemente più progressista, con molta enfasi sul rafforzamento dei servizi pubblici e la riduzione delle grosse disuguaglianze economiche che caratterizzano il Guatemala.
Ha raccolto molti consensi nelle zone più rurali del Guatemala e ha posizioni molto dure sulla sicurezza, al punto da essere stata paragonata al presidente populista di El Salvador Nayib Bukele, noto per aver instaurato un regime autoritario e per le politiche carcerarie contrarie al rispetto dei diritti umani con cui cerca di contrastare la criminalità locale. In passato Torres è stata accusata di una serie di irregolarità nella gestione dei fondi delle sue campagne elettorali (è la terza volta che prova a diventare presidente): i sondaggi più recenti la danno intorno al 21 per cento dei voti.
Mulet, un ex diplomatico che è stato ambasciatore del Guatemala sia in Europa che negli Stati Uniti, ha insistito sulla propria esperienza per presentarsi come un tecnico competente e in grado di modernizzare il paese, migliorare l’accesso a una serie di servizi fondamentali e ridurre la disoccupazione giovanile. Ha posizioni molto rigide soprattutto sui diritti civili: tra le altre cose è contrario al diritto all’aborto e ai matrimoni tra persone dello stesso sesso. I sondaggi lo danno a circa il 13 per cento dei voti.
Zury Ríos Sosa è la figlia dell’ex dittatore Efraín Ríos Montt, condannato per genocidio e crimini contro l’umanità nel 2013 (condanna successivamente revocata con una decisione molto contestata della Corte costituzionale del Guatemala). Ríos Sosa, che ha difeso in più occasioni suo padre sostenendo che fosse innocente, si è distinta soprattutto per le sue posizioni molto dure e rigide nei confronti della sicurezza, simili a quelle di Torres. I sondaggi la danno a circa il 9 per cento.
Uno degli aspetti più commentati di queste elezioni riguarda l’esclusione dalla campagna elettorale di una serie di candidati dell’opposizione, contro i quali sono stati avviati procedimenti penali per accuse legate a presunte irregolarità burocratiche, considerati da diversi analisti arbitrari e poco trasparenti.
Carlos Pineda, un imprenditore che si sarebbe candidato da indipendente, ha detto al Financial Times che un tribunale gli ha impedito di candidarsi accusandolo di non aver compilato correttamente una serie di documenti. Lo stesso è successo a Thelma Cabrera, candidata indigena nota per il suo attivismo per i diritti umani: contro la sua esclusione, lo scorso febbraio, hanno protestato migliaia di persone.
Più in generale, tra moltissimi abitanti del Guatemala sembra essersi ormai diffusa una progressiva sfiducia nei confronti della democrazia, percepita come un sistema politico che negli anni non è stato in grado di risolvere una serie di problemi strutturali, dalla corruzione alle disuguaglianze economiche al funzionamento di una serie di servizi pubblici. Moltissime persone se ne sono andate: tra il 2021 e il 2022 oltre 230mila abitanti del Guatemala sono emigrati irregolarmente negli Stati Uniti. Le rimesse che inviano a chi è rimasto oggi ammontano a circa il 15 per cento del PIL.