La rivolta militare del gruppo Wagner è finita
Dopo essere arrivati a poche ore da Mosca, i paramilitari guidati da Yevgeny Prigozhin hanno interrotto la loro marcia «per evitare spargimenti di sangue»
Tra venerdì notte e sabato mattina il gruppo paramilitare russo Wagner e il suo capo, Yevgeny Prigozhin, avevano avviato un’insurrezione militare contro l’esercito russo, dopo che Prigozhin aveva accusato i comandi militari russi di aver attaccato i suoi uomini, oltre che di inettitudine e corruzione. Dopo una giornata di grandi tensioni e scontri sul campo in territorio russo, la rivolta è finita intorno alle 19:30 italiane, quando il presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha annunciato di aver trovato un «accordo» – concordato con il presidente russo Vladimir Putin, di cui è uno stretto alleato – per convincere Prigozhin a fermare l’insurrezione. Prigozhin poco dopo ha detto di aver interrotto l’avanzata verso Mosca, per evitare di «versare sangue russo».
Non è ancora chiaro quali saranno le conseguenze di questa insurrezione, ma sembra difficile che una giornata del genere non abbia conseguenze sul rapporto tra Prigozhin e Putin: dopo aver combattuto per mesi al fianco dell’esercito russo in Ucraina, il gruppo Wagner si è ammutinato e ha occupato per quasi tutta la giornata la città di Rostov sul Don, per poi iniziare una lunga marcia verso la capitale Mosca, ingaggiando anche scontri con l’esercito russo. Nel frattempo Prigozhin e Putin si sono scambiati accuse molto dure, difficilmente ritrattabili: «il male generato dai comandi militari di questo paese deve essere fermato», aveva detto Prigozhin annunciando la sua «marcia della giustizia» verso Mosca; Putin invece aveva tenuto un discorso alla nazione in cui aveva definito le azioni di Prigozhin come un atto di tradimento e una «pugnalata alla schiena».
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