Cinque anni fa 12 ragazzi e il loro allenatore rimasero intrappolati in questa grotta in Thailandia
Furono tirati fuori solo 18 giorni dopo, attirando eccezionali attenzioni in tutto il mondo: oggi quel posto è diventato una meta turistica
Il 23 giugno del 2018, cinque anni fa, 12 ragazzi tra gli 11 e i 16 anni che facevano parte di una squadra di calcio giovanile e il loro allenatore rimasero intrappolati nella grotta di Tham Luan Nang Non, a Mae Sai, in una zona montuosa a nord della Thailandia. Erano entrati per visitarla e per diversi giorni non erano più riusciti a uscire, perché le vie d’accesso erano rimaste bloccate a causa di forti piogge che avevano ingrossato i corsi d’acqua sotterranei della grotta: ci riuscirono tutti solo 18 giorni dopo, il 10 luglio, al termine di una lunga e complicata operazione di soccorso realizzata da un gruppo di sommozzatori.
Nel frattempo alla loro storia si erano appassionate le persone e i giornali di mezzo mondo. La copertura degli avvenimenti e delle operazioni di salvataggio fu vastissima: si parlò delle storie dei ragazzi, delle loro famiglie, del loro allenatore, dei soccorritori che li tirarono fuori dalla grotta con grandi rischi per sé stessi. Il salvataggio fu raccontato in modo eccezionalmente dettagliato, furono pubblicati molti video, ma anche gli schemi del piano di soccorso che venne adottato e varie grafiche realizzate dai giornali per far capire meglio quello che stava succedendo. Negli anni successivi sulla loro storia sono usciti libri, documentari, una serie di Netflix e un film di Amazon Prime del regista americano Ron Howard, interpretato tra gli altri dal noto attore Colin Farrell. Ad anni di distanza dagli avvenimenti la grotta è diventata una meta turistica molto frequentata.
Le eccezionali attenzioni che fu in grado di attirare questa vicenda si devono a molti fattori: la giovane età dei ragazzi coinvolti, l’enorme difficoltà dell’operazione di soccorso necessaria per tirarli fuori, il grande dispiegamento di forze a livello internazionale, il timore che anche tutti quegli sforzi potessero non bastare.
Dopo essere entrati nella grotta il 23 giugno, i ragazzi e l’allenatore avevano percorso 10 chilometri a piedi, e dal punto in cui erano arrivati non erano più riusciti a tornare indietro per l’acqua e il fango che bloccavano la via del ritorno. Furono trovati solo dopo una settimana, ma si capì subito che tirarli fuori non sarebbe stato semplice: nei cunicoli della grotta c’era moltissima acqua, nessuno dei ragazzi sapeva nuotare e la stagione delle piogge sarebbe finita alcuni mesi dopo, tra settembre e ottobre.
Inizialmente i soccorritori, più di 800 militari thailandesi e statunitensi, attuarono delle misure per prendere tempo e capire come procedere: fu installato un impianto di pompaggio che rimuoveva circa 10mila litri all’ora, per mantenere basso il livello d’acqua, evitare che si riempisse completamente e che i ragazzi e l’allenatore annegassero. Poi sette sommozzatori riuscirono a raggiungerli per portare loro rifornimenti di cibo e assistenza medica: tra i sommozzatori c’erano anche un medico e un infermiere.
Dopo aver escluso l’opzione di scavare un tunnel parallelo alla grotta per estrarli, la soluzione più semplice per tirarli fuori risultò essere quella di usare gli stessi condotti che usavano i sommozzatori per raggiungerli e portare loro il cibo: per questo cominciarono a insegnargli a nuotare e a immergersi usando bombole, muta e pinne. Il 6 luglio, durante un tentativo di soccorso, morì di asfissia Saman Gunan, uno dei sommozzatori impegnati nelle operazioni che aveva 38 anni.
L’8 luglio cominciarono le operazioni di soccorso: i ragazzi vennero portati in salvo uno per volta, ognuno guidato da un gruppo di sub lungo il passaggio che portava all’uscita. Per completare il percorso fino all’uscita ci volevano almeno 6 ore, durante le quali sembra che furono somministrate ai ragazzi sostanze per sedarli. In tutto le operazioni di salvataggio durarono tre giorni: furono tirati fuori 4 ragazzini al giorno, con l’aggiunta dell’allenatore l’ultimo giorno. Stavano tutti bene, anche se alcuni presentavano infezioni polmonari non gravi, e avevano perso in media due chili ciascuno.
Finiti i soccorsi si parlò di loro ancora per diversi giorni: le prime parole, il primo incontro coi genitori, che per giorni erano rimasti accampati in alcune tende fuori dalla grotta, le loro condizioni di salute. Ma di fatto da lì in poi sono rimasti piuttosto famosi, soprattutto in Thailandia. Alcuni di loro hanno raccontato di aver avuto difficoltà ad affrontare tutte quelle attenzioni mediatiche, ma per altri hanno avuto risvolti positivi: all’allenatore e a tre dei ragazzini fu concessa pochi mesi dopo il salvataggio la cittadinanza thailandese, che non avevano fino a quel momento nonostante fossero nati nel paese.
In questi anni è cambiata molto anche la zona in cui si trova la grotta: sono stati abbattuti i rifugi in cui si riposavano i sommozzatori che avevano lavorato per liberarli e nel frattempo sono stati costruiti centri e strutture turistiche. La grotta era all’interno del parco nazionale del Tham Luang, che è rimasto a lungo poco visitato e conosciuto, ma da allora ha acquisito una certa fama e attirato molti turisti. Sono sorti hotel, negozi, bar e sono state ripavimentate le strade circostanti, e in generale la storia ha avuto un impatto enormemente positivo per tutta la zona. Nel parco nazionale è stata eretta una statua in onore di Saman Gunan, il sommozzatore morto nei giorni dei soccorsi. Alcuni mesi dopo l’impresa morì anche un altro dei sommozzatori, che aveva contratto un’infezione durante le operazioni da cui non si era mai ripreso.
Il turismo da quelle parti aveva subito qualche rallentamento durante la pandemia, ma di recente sono tornati molti visitatori, anche grazie alle produzioni cinematografiche sulla storia di Netflix e Amazon che sono uscite nel 2022.