È stato confermato il divieto di installare sistemi di riconoscimento facciale in Italia
Sarà valido fino a fine 2025, e non era scontato visto che piacciono molto al ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi
La Camera ha approvato il decreto-legge 51 del 2023 che tra le altre cose contiene l’estensione della moratoria sui sistemi di riconoscimento facciale in scadenza alla fine dell’anno. Fino al 31 dicembre 2025, e non più fino al 31 dicembre 2023, le autorità pubbliche e i privati non potranno installare impianti di videosorveglianza con sistemi di riconoscimento facciale in luoghi pubblici e aperti al pubblico. L’emendamento che ha confermato il divieto in scadenza era stato presentato da Marianna Madia, Lia Quartapelle e Filiberto Zaratti del Partito Democratico, e approvato la scorsa settimana in commissione. Il decreto-legge ora dovrà essere approvato anche dal Senato, un passaggio che non dovrebbe avere grossi problemi dopo l’approvazione alla Camera.
La conferma della moratoria non era scontata perché alla fine di aprile il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, aveva sostenuto la necessità di installare sistemi di riconoscimento facciale nelle stazioni, negli ospedali e nelle zone commerciali delle grandi città per garantire più sicurezza. «La videosorveglianza è uno strumento ormai unanimemente riconosciuto come fondamentale», aveva detto Piantedosi, intervistato dal Quotidiano Nazionale. «La sua progressiva estensione è obiettivo condiviso con tutti i sindaci. Il riconoscimento facciale dà ulteriori e significative possibilità di prevenzione e indagine». L’estensione del divieto fino al 2025 non era scontata anche perché negli ultimi anni molti sindaci, soprattutto di centrodestra, avevano cercato di installare telecamere a riconoscimento facciale: tutti i tentativi fatti finora erano stati bloccati dal Garante della privacy.
Di fatto, la moratoria prevede un divieto esplicito e senza possibilità di deroghe soprattutto per i privati che non possono più installare sistemi di riconoscimento facciale nei negozi o sui cartelli pubblicitari. I comuni, invece, prima di installare le telecamere devono chiedere il parere del Garante della privacy, che ha sempre bocciato tutti i progetti presentati dalle amministrazioni. La moratoria non riguarda l’autorità giudiziaria, che non deve sottostare a nessun controllo preventivo da parte del Garante. Il parere del Garante è necessario «salvo che si tratti di trattamenti effettuati dall’autorità giudiziaria nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali nonché di quelle giudiziarie del pubblico ministero».
Il riconoscimento facciale è una tecnologia che utilizza un software per analizzare le immagini delle persone sotto forma di pixel, cioè dati che vengono interpretati da un modello matematico e confrontati con quelli ricavati da altre immagini per trovare una corrispondenza. I modelli matematici funzionano meglio se hanno a disposizione una grande quantità di immagini, ottenute grazie alle riprese delle telecamere. La corrispondenza tra immagini viene ricavata dai tratti esteriori di una persona, ma in commercio esistono anche software che sono in grado di identificare una persona dalla sola andatura.
Negli ultimi anni attivisti ed esperti di tecnologie segnalano che questi sistemi sono estremamente invasivi per la privacy, senza norme chiare per regolare l’utilizzo dei dati. Non si hanno molte informazioni sul loro funzionamento e su come vengono alimentati i modelli matematici. Le analisi fatte negli ultimi anni su alcuni sistemi utilizzati negli Stati Uniti hanno evidenziato molti limiti e possibili discriminazioni.
Secondo il NIST, il National Institute of Standards and Technology, un organo governativo americano che studia algoritmi di riconoscimento facciale, la maggior parte dei software tende a essere più accurata quando si tratta di riconoscere volti di maschi bianchi rispetto alle persone nere o alle donne. Gli errori sono causati dai database di riferimento, che spesso sono costituiti da milioni di immagini pubblicamente disponibili attraverso i social network. A seconda della composizione del database varia la precisione: un database che raccoglie soprattutto volti di maschi e di persone bianche renderà il software più allenato a riconoscere quelli.
Il primo comune italiano che tentò di installare telecamere a riconoscimento facciale fu Como, nel 2019. L’amministrazione di centrodestra mise telecamere nel parco di via Tokamachi, vicino alla stazione, per controllare la zona che nel 2016 aveva ospitato centinaia di migranti diretti verso il Nord Europa e bloccati a Como dalla chiusura del confine con la Svizzera. Il Garante della privacy intervenne il 26 febbraio 2020 per dichiararlo illegittimo. Un tentativo simile lo fece anche il comune di Udine. Nel 2021 il Garante diede parere negativo anche alla polizia che voleva utilizzare un sistema chiamato SARI Enterprise per identificare una persona confrontando i suoi dati biometrici con le immagini di tutti gli individui già fotosegnalati.
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La moratoria italiana è in linea con l’orientamento europeo. Il 14 giugno il Parlamento europeo ha approvato l’AI Act (AI sta per Artificial Intelligence), il regolamento che fissa una serie di norme sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale e sul riconoscimento facciale. Il regolamento europeo prevede il divieto di utilizzare sistemi di analisi biometrica che utilizzano caratteristiche come sesso, etnia, orientamento politico. Le forze dell’ordine non possono utilizzare sistemi cosiddetti predittivi, cioè che indicano possibili problemi di ordine pubblico in alcune zone delle città sulla base di dati relativi a profilazione, ubicazione e comportamenti di individui ripresi dalle telecamere. Sono stato vietati anche i software che riconoscono le emozioni e non è più possibile estrarre dati biometrici da internet o da filmati di telecamere a circuito chiuso per creare database necessari al riconoscimento facciale. L’approvazione definitiva del nuovo regolamento è attesa nei prossimi mesi: seguirà poi una discussione con tutti gli stati europei per le singole applicazioni.