Perché è così difficile trovare il sommergibile disperso vicino al Titanic
Il tratto di mare in cui è scomparso è enorme, buio e soprattutto profondissimo, e il tempo a disposizione è poco
Nell’Atlantico settentrionale a circa 700 chilometri dalla costa della provincia canadese Terranova e Labrador proseguono le ricerche del Titan, il sommergibile con cinque persone a bordo di cui non si hanno più notizie dalla mattina di domenica 18 giugno. L’immersione era stata organizzata dalla società OceanGate per esplorare il relitto del Titanic, il famoso transatlantico affondato nell’aprile del 1912. Le attività di ricerca sono complicate dalle condizioni del mare e più in generale dalla difficoltà di ritrovare oggetti di dimensioni relativamente contenute, come nel caso del Titan, in acqua a profondità che potrebbero essere di svariate migliaia di metri.
OceanGate non ha fornito molti dettagli sulle persone a bordo, per tutelare la loro riservatezza e quella delle loro famiglie. Secondo le ricostruzioni, nel sommergibile dovrebbero comunque esserci il milionario britannico Hamish Harding, l’uomo d’affari pakistano Shahzada Dawood con il figlio Suleman, l’esploratore francese Paul-Henry Nargeolet e Stockton Rush, il CEO della società che organizza le esplorazioni sottomarine. La lista non è ufficiale e si attendono ancora conferme.
La spedizione era partita dal Canada sulla nave di appoggio Polar Prince e l’immersione era iniziata nelle prime ore di domenica. Dopo poco meno di due ore, la Polar Prince aveva perso i contatti con il sommergibile e da allora non si sono più avute notizie delle persone a bordo. Da lunedì la Guardia Costiera degli Stati Uniti coordina le ricerche, cui partecipano anche la sua omologa canadese, alcune navi commerciali e altre organizzazioni che si occupano di esplorazioni sottomarine.
Le attività di ricerca si stanno concentrando nell’area di mare in cui si trova il relitto del Titanic, a una profondità di 3.800 metri. È una zona molto ampia per trovare un sommergibile lungo poco meno di 7 metri e con un diametro di circa 2,5 metri. Di solito i veicoli sottomarini sono dotati di un dispositivo acustico che invia un segnale che si propaga nell’acqua e che può essere captato dalle squadre di soccorso nelle vicinanze. Non è al momento chiaro se il Titan sia dotato di uno strumento di questo tipo e se stia funzionando correttamente.
Se la rilevazione non può essere effettuata in questo modo, si possono impiegare le “sonoboe”, particolari tipi di boe che emettono onde acustiche e che rilevano poi come queste vengono riflesse da ciò che si trova nell’acqua. L’analisi della riflessione può offrire importanti informazioni per scoprire la presenza di qualcosa di estraneo nell’ambiente marino, come un sommergibile. Queste tecnologie vengono spesso utilizzate in ambito militare per rilevare la presenza di sottomarini e altri dispositivi, ma il loro impiego per scopi civili è sempre più diffuso.
Le sonoboe vengono lanciate in mare da un aereo e sono costituite da vari elementi che si inabissano nell’acqua, collegati a un trasmettitore che rimane invece sulla superficie. La profondità a cui scendono i sensori è variabile e può essere determinata prima del lancio in base alle necessità di ricerca. I sensori trasmettono via cavo i dati fino al trasmettitore sulla superficie dell’acqua che invia poi un segnale radio all’aeroplano che sta compiendo la ricognizione. Di solito si utilizzano più sonoboe in un ampio tratto di mare, con l’aereo che passa poi periodicamente per raccogliere i dati inviati dai trasmettitori.
La ricerca rende quindi necessaria la presenza di uno o più aerei, in grado di avere una buona autonomia per rimanere a lungo sul tratto di mare in cui si stanno effettuando le ricerche. Le condizioni del mare e del meteo possono rendere difficili le rilevazioni e in alcuni casi possono costringere gli aerei ad allontanarsi dalla zona in attesa di un miglioramento delle condizioni atmosferiche. Almeno quattro aerei C-130 sorvolano da lunedì la zona in cui è scomparso il Titan.
Se il sommergibile si trova comunque a migliaia di metri di profondità, le ricerche potrebbero essere ancora più complicate dall’impossibilità di compiere ricognizioni in tempi rapidi. A causa della pressione molto alta, a quelle profondità non si possono inviare squadre di sommozzatori. L’unica opzione è l’impiego di altri sommergibili equipaggiati per muoversi a quelle profondità, con equipaggio o privi di equipaggio e guidati a distanza. Anche in questo caso si dovrebbero utilizzare sistemi di rilevazione basati sulle onde acustiche (sonar), perché a quelle profondità i raggi solari non arrivano e l’ambiente marino è completamente al buio.
La Marina militare statunitense ha a disposizione alcuni veicoli sottomarini guidati a distanza, sostanzialmente dei droni che possono raggiungere profondità di oltre 3.500 metri. Ma ci sono comunque tempi tecnici per trasportare veicoli di questo tipo nella zona, utilizzando una nave di appoggio che sia adeguata per condurre poi le ricerche in mare, e il tempo a disposizione è sempre meno.
OceanGate dice che il Titan ha un’autonomia di ossigeno per 96 ore circa, grazie a un sistema di riciclo e purificazione dell’aria. Considerato che si sono perse le tracce del sommergibile nelle prime ore di domenica, alle persone a bordo non resta molto tempo, ammesso che le batterie e i sistemi per purificare l’aria abbiano continuato a funzionare nelle ore dopo la scomparsa. La Guardia Costiera statunitense ha tenuto una conferenza stampa nel pomeriggio a Boston, quando in Italia erano circa le 19: il capitano Jamie Frederick ha detto che il sommergibile avrebbe circa 40 ore di autonomia di ossigeno.
Le batterie a bordo non servono solamente per l’aria, ma anche per scaldare l’interno del sommergibile a profondità in cui la temperatura è intorno ai 4 °C. Le persone a bordo potrebbero soffrire di ipotermia, una condizione che se prolungata può avere conseguenze gravi. In mancanza del sistema di pulizia dell’aria, gli occupanti perderebbero i sensi e morirebbero per asfissia in poco tempo.
Oltre alle difficoltà che si hanno in generale nel cercare qualcosa sott’acqua a grandi profondità c’è il problema di riuscire a recuperarlo. Se il Titan si fosse per esempio incastrato in parte del relitto del Titanic o in qualche altro oggetto che si trovava in acqua, potrebbe essere molto difficile liberarlo e riportarlo in superficie. Il veicolo sottomarino di soccorso potrebbe provare a urtare il più delicatamente possibile il Titan, cercando in questo modo di smuoverlo. In alternativa, sarebbe necessaria la presenza di un braccio robotico potente a sufficienza per liberare il sommergibile rimasto incastrato.
Nella storia delle attività e delle esplorazioni sottomarine ci furono casi in cui fu possibile recuperare un sommergibile e metterne in salvo l’equipaggio, ma a profondità di poche centinaia di metri e non delle migliaia ipotizzate per il caso del Titan. Nel 1973, per esempio, il sommergibile canadese Pisces III per la posa di cavi per le telecomunicazioni perse la capacità di tornare a galla, mettendo a rischio la vita dei due tecnici che si trovavano a bordo. Due sommergibili di soccorso riuscirono a raggiungere la profondità di circa 500 metri a cui si trovava il Pisces III, agganciandolo e riportandolo in superficie anche con l’aiuto di un veicolo sottomarino guidato a distanza. I due tecnici sopravvissero.