Questioni di genere e giocattoli
«Mio figlio mi chiede a volte di provare le collane e le mie scarpe, e ha una particolare predilezione per un paio di ballerine di raso fucsia. Sono scarpe incantevoli, piacciono a tutti quando le indosso, uomini e donne, perché mai non dovrebbero piacere a lui? Gli permetto di indossarle tutte le volte che vuole»
Ho comprato a mio figlio un passeggino giocattolo e una bambola. Secondo la vicina sono colpevole di eresia. La mia vicina ha molte opinioni su come io debba crescere mio figlio.
Il passeggino giocattolo è rosa, la bambola indossa un vestito bianco. Quando ho presentato il regalo a mio figlio e abbiamo cercato il nome, lui ha scelto Pedro.
«Almeno, avrebbe potuto prenderglielo azzurro», mi ha rimbeccato la vicina al secondo incontro nel cortile con l’oggetto eretico.
La mia vicina non è la sola ad avere certezze pedagogiche. Al parchetto le opinioni sull’argomento sono più numerose e radicate delle sparute margheritine sparse intorno alle altalene.
Il fatto che un bambino di due anni possieda un passeggino giocattolo suscita spesso reazioni di sorpresa, sarcasmo, malcelata indignazione. Eppure i papà non spingono forse passeggini? E allora perché i figli non dovrebbero? Perché non insegnare loro fin da subito che prendersi cura degli altri è un istinto naturale? Che non esistono compiti specificatamente maschili o femminili?
Durante l’inserimento al nido ho osservato bambini, di entrambi i sessi, giocare con le bambole sotto lo sguardo sereno delle educatrici. È quello che Maria Montessori chiama il gioco simbolico. Il bambino riproduce ciò che vede intorno a sé, dà le cure che riceve: cambia pannolini, prepara da mangiare, spinge carrozzine. Montessori lo considera un passaggio fondamentale per una crescita sana, perché aiuta a sviluppare l’empatia e la conoscenza di ciò che li circonda, li responsabilizza e li fa sentire capaci.
Il fatto che mio figlio abbia trascorso ore a stirare durante la settimana d’ambientamento non ha destato alcuna preoccupazione nell’educatrice di riferimento, che lo ha considerato un comportamento del tutto normale. Avrebbe, però, destato non poche preoccupazioni nella mia vicina.
«Ognuno deve giocare con le cose giuste per lui», mi ammonisce, in ascensore. Pare non farsene una ragione, come se il mio comportamento minasse l’intero edificio sociale, gettando vergogna sul condominio.
Già, le cose giuste. Ma quali sono? E chi può saperlo meglio di lui?
Montessori non considera mai il genere del* bambin* un fattore discriminante in ambito educativo. I bambini sono esseri umani e il loro primo bisogno, come il nostro, è quello di sentirsi liberi. Come si nutre il senso di libertà, quando si educa qualcuno? Osservando le sue attitudini e le sue inclinazioni e assecondandole, sostiene Montessori, rispondendo alle curiosità, evitando di mettere paletti e tabù inutili per la crescita. E vietando solo ciò che è pericoloso per sé e per gli altri. Bisogna lasciar sperimentare i bambini, solo sperimentando imparano a conoscersi e a conoscere il mondo.
Mio figlio mi chiede a volte di provare le collane e le mie scarpe, e ha una particolare predilezione per un paio di ballerine di raso fucsia. Sono scarpe incantevoli, piacciono a tutti quando le indosso, uomini e donne, perché mai non dovrebbero piacere a lui? Gli permetto di indossarle tutte le volte che vuole.
«Deve stare attenta», mi avverte la vicina sventolando il grande indice sotto il mio naso, una volta che se lo trova sulla soglia con i piedi nelle sgargianti scarpette. Attenzione, minaccia, presagio. Come a dire: vedremo cosa succederà quando sarà cresciuto!
Cosa succederà? Semplicemente, credo, l’idea di mettersi delle scarpe fucsia sarà una delle tante possibilità della vita. Non gli farà paura.
Mi torna in mente un mio compagno delle elementari che giocava con le Barbie e odorava di fragola, l’ho ritrovato da poco su Facebook. È diventato carabiniere, la foto profilo lo ritrae in sella a una moto. Nella sua bacheca immagini di fuoristrada, grigliate con amici, idoli dello sport. Fosse stato una drag queen sarebbe stato esattamente uguale per me.
Crescere un* figli* oggi implica larghe riflessioni e prese di posizione contro il luogo comune. Perché certe credenze sono incagliate in modo così profondo nella nostra psiche collettiva, che rimuoverle è più difficile di quanto si creda. Io vorrei crescere un essere umano coraggioso e gentile, che sappia assecondare le sue più intime inclinazioni.
Assecondare le inclinazioni, nonostante gli sguardi di traverso al parchetto, dove mio figlio è spesso attratto da cartelle rosa, monopattini con unicorni, borsette di strass. Quando ci si avventa per prenderle percepisco il disagio o la disapprovazione dei genitori o delle tate. Una bambina una volta gli ha detto: «Non ti può piacere la mia bambola perché è da femmine». E dovreste vedere il sollievo tutt’intorno quando si è messo a tirare calci al pallone.
Perché tanto quanto le scarpe fucsia e le biciclette, lui ama il pallone, le ruspe e i trattori, di cui studia i componenti su libri illustrati. E quando mi strattona per convincermi a fermarmi davanti a un cantiere e indica betoniere, gru e quant’altro con gli occhi che brillano d’entusiasmo, nessuno storce il naso. I passanti ci sorridono benevoli, rassicurati che il mondo continui a girare come dovrebbe: un bimbetto di due anni ama le ruspe e costringe la sua povera mamma a fermarsi a guardare. Sua madre, che non può spiegargli nulla di ciò che sta vedendo, perché non sa.
Peccato che invece io so, so tutto e non sono disinteressata affatto. So cos’è una benna e la differenza tra un mezzo gommato e uno cingolato, so come si cambia la ruota di un trattore o come si fa benzina a un elicottero. E sono pienamente soddisfatta di saperlo.
Forse dimentichiamo che i bambini, come noi, sono persone a tutto tondo. Hanno un maschile e un femminile dentro, ed è normale che vivano di apparenti contraddizioni. Più riusciranno ad accogliere i loro molteplici volti, più la loro sarà una vita autentica. Le scelte che faranno da grandi, poi, saranno soltanto loro. Certo, ci sarà sempre qualche condomino pronto a criticarli.
Un piccolo prezzo da pagare per essere felici.