Tutte le prove sull’esplosione della diga in Ucraina portano alla Russia
Serviva un’esplosione interna per far collassare la struttura in cemento, come sembrano confermare varie rilevazioni e indagini
Due diverse inchieste giornalistiche pubblicate negli ultimi giorni dal New York Times e da Associated Press sembrano indicare che la distruzione della diga sul Dnipro nelle vicinanze della città di Nova Kakhovka, nella regione di Kherson in Ucraina, sia stata provocata da cariche esplosive piazzate all’interno della struttura dalla Russia, che controllava l’area in cui si trovava.
La distruzione della diga ha causato la fuoriuscita di una gigantesca massa d’acqua che ha portato il fiume a esondare in vari punti, allagando numerose città e l’area industriale di Kherson: 40 mila persone hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni, mentre le conseguenze ambientali e sulla produzione agricola di grano nell’area sono state definite da vari osservatori «catastrofiche». Da martedì 6 giugno, il giorno dell’esplosione, Ucraina e Russia si accusano a vicenda della distruzione della diga, che non potrà essere ricostruita fino a quando non finirà la guerra.
Le due inchieste giornalistiche hanno raccolto un buon numero di prove per indicare l’esplosione dall’interno come la causa più probabile della distruzione della diga. Hanno utilizzato i progetti ingegneristici originali della struttura, analisi delle rilevazioni degli osservatori sismici, testimonianze di esperti e foto e video di droni.
La diga di Nova Kakhovka, costruita negli anni Cinquanta, aveva alla sua base un’enorme massa di cemento, alta venti metri e larga fino a 40. Su quella base si innestavano le chiuse visibili dall’esterno e quella massa di cemento era decisiva per sopportare la pressione dell’acqua. La struttura in cemento aveva al suo interno un corridoio di passaggio, raggiungibile dalla sala di controllo della diga. Secondo molti ingegneri che in passato hanno lavorato nella diga intervistati dal New York Times, quel corridoio è il luogo in cui una importante carica esplosiva potrebbe aver causato il collasso della struttura.
Le ricostruzioni del governo russo sostenevano che la diga, già danneggiata esternamente negli scorsi mesi dai bombardamenti sia russi che ucraini, avesse ceduto dopo essere stata colpita da un missile ucraino. Le prove raccolte nelle ultime settimane confermano che non sono crollate solo le chiuse superiori, ma l’intera struttura. Per causare la distruzione della massa in cemento sarebbero servito, secondo le ricostruzioni di AP, una o più bombe da 4,5 tonnellate: le cariche massime trasportate dai missili in dotazione all’esercito ucraino sono di 500 chilogrammi.
Centri di rilevamento sismico in Ucraina, Romania e Norvegia hanno inoltre registrato fra le 2:35 e le 2:54 della mattina del 6 giugno scosse compatibili con grandi esplosioni, mentre i rilevatori di calore dei satelliti dell’intelligence statunitense hanno riscontrato appena prima del crollo segnali compatibili con una esplosione. Le foto dei droni raccolte da AP mostrano inoltre nelle ore precedenti alla distruzione della diga la presenza di un’auto sul cui tetto aperto erano presenti due enormi serbatoi: uno di questi è stato identificato come una mina terrestre. Quelle cariche da sole non basterebbero per causare la distruzione della diga, ma sono probabilmente state utilizzate per una esplosione coordinata con quella all’interno del corridoio della struttura in cemento.
Le analisi tecniche e le prove raccolte si aggiungono alle valutazioni sugli effetti del crollo della diga a livello militare: le inondazioni causate dalla sua distruzione hanno reso più complessa la controffensiva ucraina. In quella zona operazioni militari saranno impossibili per mesi, riducendo la lunghezza del fronte che l’esercito russo deve difendere nella zona sud-orientale dell’Ucraina.