Putin dice che sta mandando armi nucleari “tattiche” in Bielorussia
La Russia non ne aveva fuori dai confini dagli anni Novanta, ma non sembrano esserci segnali di un imminente utilizzo
Venerdì, in un discorso al Forum economico di San Pietroburgo, in Russia, il presidente russo Vladimir Putin ha detto di aver iniziato a trasferire in Bielorussia alcune armi nucleari cosiddette “tattiche”, che hanno cioè una potenza e una gittata inferiori rispetto alle bombe nucleari tradizionali, in genere definite invece “strategiche”. Non è chiaro di quante armi parlasse esattamente Putin, che ha aggiunto che il trasferimento verrà completato «entro l’estate o entro la fine dell’anno», e che le armi verranno conservate in strutture dedicate dell’epoca sovietica, ristrutturate.
Al momento non ci sono conferme indipendenti sull’effettivo trasferimento delle armi, che sarebbe un evento piuttosto significativo: sarebbe la prima volta dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica che la Russia manda armi nucleari al di fuori del proprio territorio. Nel 1996 le armi presenti in altri paesi ex sovietici (come la Bielorussia, il Kazakistan e l’Ucraina) furono riportate in Russia.
Come in altre occasioni in cui ha parlato delle armi nucleari di cui dispone, Putin ha detto che «teoricamente» potrebbe decidere di usarle nel caso in cui l’integrità territoriale o l’esistenza del territorio russo venissero minacciate. Il grado con cui Putin considera “minacciose” azioni in qualche modo legate al territorio russo è piuttosto arbitrario, ma non sembrano esserci ragioni per ritenere imminente o addirittura probabile un utilizzo delle armi nucleari.
Il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, ha risposto all’annuncio di Putin con una certa calma, dicendo che «non si vedono indicazioni di qualche tipo sul fatto che la Russia si stia preparando a utilizzare le armi nucleari», e che, di conseguenza, gli Stati Uniti non ritengono sia il caso di prepararsi per uno scenario di quel tipo.
Putin aveva già detto di voler spostare le armi nucleari tattiche in Bielorussia lo scorso marzo, durante un’intervista trasmessa dalla televisione di stato Russia 1, senza precisare quando avrebbe voluto farlo. In quell’occasione aveva aggiunto di non ritenere che un eventuale spostamento delle armi violasse gli accordi di non proliferazione nucleare: a questo proposito aveva citato gli Stati Uniti e le loro armi nucleari presenti in diversi paesi alleati, compresa l’Italia. Anche in quell’occasione gli Stati Uniti non si erano mostrati preoccupati dall’intenzione di Putin.
– Leggi anche: Quanto sono credibili le minacce nucleari di Putin
La Bielorussia è governata dal presidente autoritario Alexander Lukashenko, alleato di Putin e definito “l’ultimo dittatore d’Europa”. Quello di Lukashenko nei confronti di Putin viene spesso descritto come un rapporto di sudditanza e dipendenza. Il territorio bielorusso è stato usato dalla Russia per attaccare l’Ucraina e avviare l’invasione del 24 febbraio del 2022. Commentando l’annuncio di Putin di voler spostare in Bielorussia alcune sue armi nucleari, Oleksiy Danilov, segretario del Consiglio di Difesa ucraino, lo aveva accusato di voler rendere la Bielorussia un suo «ostaggio nucleare».
Le armi nucleari tattiche possono variare da uno a 100 chilotoni circa (il chilotone indica l’energia che si libera da una esplosione di una quantità pari a mille tonnellate di tritolo): la bomba atomica sganciata dagli Stati Uniti su Hiroshima nel 1945 era da 15 chilotoni.
– Leggi anche: Quando l’Ucraina era la terza potenza nucleare al mondo