Quanto sono aumentati i tassi di interesse sui mutui
Moltissimo per chi aveva intenzione di farne uno ma non l'ha fatto, molto per chi ne ha già uno a tasso variabile
Da un anno la Banca Centrale Europea – insieme alla maggior parte delle banche centrali di tutto il mondo – sta portando avanti una politica di rapido rialzo dei tassi di interesse per fermare l’aumento dell’inflazione, ossia il rincaro generale del costo della vita iniziato già dopo la pandemia e aggravato dall’inizio della guerra in Ucraina.
Questa scelta sta avendo conseguenze molto concrete su tutta l’economia, ma soprattutto su chi possiede già un mutuo a tasso variabile o chi sta pensando di prenderne uno per comprare casa: nell’ultimo anno le rate dei mutui a tasso variabile esistenti sono aumentate notevolmente, nell’ordine del 50-60 per cento, e i mutui di nuova emissione sono diventati molto più onerosi del passato, sia nel caso di tasso fisso che di quello variabile. Con la conseguenza – comunque cercata dalla BCE per ridurre l’inflazione – che chi doveva comprare casa rimanda l’acquisto e molte persone sono in difficoltà nel pagamento delle rate.
Da luglio 2022, quando la BCE annunciò il primo rialzo, i tassi di interesse sono stati aumentati di 400 punti base, ossia di 4 punti percentuali, con una velocità mai vista nella storia dell’euro: l’ultima decisione ha portato i tassi di interesse di riferimento tra il 3,50 e il 4,25 per cento, il livello più alto dal 2001. Di conseguenza sono aumentati anche i tassi di interesse dei prestiti che le banche fanno ai loro clienti, quindi anche quelli sui mutui per l’acquisto delle abitazioni.
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Secondo le stime della FABI, la Federazione Autonoma Bancari Italiani, le rate dei mutui a tasso variabile sono aumentate fino al 65 per cento. Secondo le stime del Sole 24 Ore, se a giugno 2022 la rata di un mutuo standard (per esempio per un importo di 140 mila euro, scadenza 25 anni a fronte di un immobile di 200 mila euro) era di circa 500 euro, ora è di 750.
I tassi sui mutui a tasso fisso già esistenti non sono aumentati, proprio per il loro essere a tasso fisso, ma sono aumentati in generale quelli sui nuovi mutui: secondo i dati di Banca d’Italia, rispetto a un anno fa contrarre un mutuo per comprare una cosa costa il doppio in termini di interessi, a prescindere che si scelga un tasso fisso o uno variabile.
Non esistono dati su quanti siano i mutui a tasso variabile in Italia, ma sicuramente questa tendenza ha effetti notevoli sia su chi ha già un mutuo (nel caso lo abbia a tasso variabile) sia su chi ne vorrà contrarre uno. Secondo la FABI, in Italia sono circa 3,5 milioni le famiglie su cui grava un mutuo sulla casa.
I tassi della BCE influenzano le condizioni a cui le banche prestano il denaro: semplificando molto, è la Banca Centrale Europea a fornire liquidità alle banche e da mesi sta applicando tassi di interesse più alti; in più le banche possono depositare il loro denaro nelle casse della BCE, ricevendo in compenso un tasso di interesse sui depositi. È soprattutto questo che condiziona il mercato del credito: le banche applicheranno sempre tassi maggiori di quello sui depositi della BCE per garantirsi un guadagno aggiuntivo, altrimenti converrebbe tenere i loro soldi fermi presso la banca centrale invece di prestarli. Se il tasso sui depositi aumenta le banche, il cui business è proprio prestare denaro, aumenteranno a loro volta gli interessi sui prestiti che erogano per far sì che rimanga la convenienza a fare credito.
Occorre però distinguere l’impatto sui diversi tipi di mutuo: i mutui a tasso fisso e quelli a tasso variabile.
I mutui a tasso fisso già stipulati non risentono delle dinamiche dei tassi di interesse e dei mercati; l’ammontare della rata non subirà mai variazioni, indipendentemente dai rialzi dei tassi di interesse. È questo il motivo per cui il mutuo a tasso fisso costa quasi sempre più del variabile: il sovrapprezzo copre una sorta di polizza assicurativa che consente al debitore di avere bloccata la rata stabilita nel giorno della stipula fino alla scadenza. Le tendenze di mercato influenzano però i tassi applicati sui nuovi mutui a tasso fisso, che oggi sono molto più cari rispetto a un anno fa.
I mutui a tasso variabile per definizione hanno una componente di imprevedibilità: le rate sono infatti agganciate alle oscillazioni e all’andamento dei cosiddetti indici Euribor, ossia il tasso di interesse medio a cui le banche europee si prestano denaro. A questo viene poi aggiunto un cosiddetto “spread”, una percentuale aggiuntiva che varia da banca a banca e che rappresenta sostanzialmente il loro guadagno. Per esempio, se l’indice Euribor di riferimento è del 3 per cento e lo spread della banca è dell’1,5, il tasso di interesse totale sarà la somma delle due componenti, ossia il 4,5 per cento.
L’Euribor sale in due casi: se si realizza una crisi di fiducia tra le banche – che quindi chiedono compensi più alti per prestarsi i soldi ma non è questo il caso – o se la BCE alza il tasso sui depositi, come sta facendo da un anno per far scendere l’inflazione.
Semplificando molto, con tassi più alti fare investimenti e consumi diventa meno conveniente. Il risultato è che spesso consumatori e imprenditori rimandano gli investimenti, provocando così un rallentamento dell’economia e dunque una diminuzione dell’inflazione: si compra meno, si investe meno, e i prezzi si abbassano.
Effettivamente si iniziano a intravedere i primi effetti di questa strategia. Per esempio nel mercato dei mutui l’ABI, l’Associazione Bancaria Italiana, registra che il numero dei mutui esistenti cresce sempre meno rispetto al passato: rispetto a una crescita media annuale dei prestiti vicina al 6 per cento dal 2020, a maggio i mutui esistenti sono stati solo del 3,2 per cento maggiori rispetto a quelli di un anno fa. Secondo i dati CRIF (l’ente italiano che fornisce informazioni su quanto una persona in passato è stata diligente nel restituire i prestiti) c’è una contrazione delle domande di mutui immobiliari, che ad aprile sono state il 25,5 per cento in meno rispetto a un anno fa.
Come scrive il Sole 24 Ore c’è comunque un’anomalia di mercato. Oggi i mutui a tasso variabile costano di più di quelli a tasso fisso, esattamente il contrario di quanto succede in tempi normali: i mutui a tasso fisso si trovano anche con interessi intorno al 3,5 per cento, mentre quelli a tasso variabile non scendono mai sotto il 4. È vero che costano meno, ma allo stesso tempo sono molto più onerosi rispetto alla media degli ultimi anni: c’è quindi meno richiesta, mentre è più alta quella per i mutui a tasso variabile, dato che in generale ci si aspetta che prima o poi i tassi cominceranno a scendere.