Perché è così difficile sapere quanti migranti sono morti nel naufragio in Grecia
Nessuno sa esattamente quanti fossero a bordo, e la ricerca dei dispersi è resa complicata dai fondali profondissimi
Sono passati più di due giorni da quando un ex peschereccio con a bordo decine di migranti è affondato al largo del Peloponneso, in Grecia, in uno dei naufragi con più morti nella storia recente del Mediterraneo. Ad oggi però c’è ancora una notevole incertezza su quante persone fossero esattamente a bordo, e quindi vadano considerate disperse o morte.
Parlando con Politico un portavoce dell’OIM, l’agenzia dell’ONU per le migrazioni, ha detto che in base alle testimonianze dei sopravvissuti e alle persone che di solito vengono stipate dentro a imbarcazioni del genere, l’ex peschereccio poteva avere a bordo fra le 400 e le 750 persone. Nessuno ha una stima più chiara: sulle imbarcazioni più piccole di solito i migranti riescono a contare le persone che sono a bordo, con un margine di errore piuttosto basso. Nel caso di imbarcazioni più grandi, farsi un’idea di quanti fossero effettivamente a bordo è complicato. Soprattutto nel caso di imbarcazioni a più piani, come l’ex peschereccio affondato fra martedì e mercoledì.
Stando alle immagini diffuse dalla Guardia costiera greca, che aveva avvicinato l’ex peschereccio ore prima che affondasse senza avviare operazioni di soccorso, l’imbarcazione aveva un piano inferiore coperto in cui verosimilmente erano stipate moltissime persone. Di solito nel piano inferiore vengono sistemate le persone percepite come più vulnerabili, come le donne e gli anziani: si può viaggiare da sdraiati e al riparo dal sole, che soprattutto d’estate nel Mediterraneo può essere molto intenso.
Ma ad oggi è difficile capire quante persone ci fossero davvero lì sotto. «Ognuno ha un racconto diverso, nessuno li ha contati e ha una prospettiva dell’intera barca. C’è chi dice che c’erano cento bambini», ha detto a Repubblica Marilena Giftea, giornalista e vicepresidente della Croce Rossa di Kalamata, la città greca dove sono ricoverati molti dei sopravvissuti.
Il Guardian cita una dichiarazione di un ispettore della polizia greca, Nicolaos Spanoudakis, secondo cui «al piano inferiore sembra ci fossero donne e bambini», ma specifica che al momento non è possibile trovare conferme sulla stima che sta circolando di più sui giornali internazionali e italiani, quella dei 100 bambini. Non è chiaro se nei prossimi giorni i sopravvissuti potranno fornire testimonianze più precise su quali e quante persone fossero a bordo.
Di solito in questi casi ci si può fare un’idea del numero di dispersi anche in base al ritrovamento dei corpi: nei giorni successivi al naufragio di Cutro, avvenuto a marzo in Calabria a poche centinaia di metri dalla riva, la corrente ha portato a riva i corpi di diverse persone morte durante il naufragio. Il naufragio del Peloponneso, però, è avvenuto in condizioni molto diverse.
Dal resoconto della Guardia costiera greca sappiamo che la barca è affondata in pochi minuti, probabilmente per via di un movimento repentino di alcune persone a bordo (imbarcazioni così sovraffollate rischiano di ribaltarsi e affondare in ogni momento). È plausibile che molti non abbiano nemmeno avuto il tempo di provare a uscire dal piano inferiore, a cui di norma in queste imbarcazioni si accede da una specie di botola.
L’ex peschereccio poi è affondato nei pressi dell’Abisso Calipso, considerato il punto in cui il fondale del Mediterraneo è più profondo: il suo punto più basso si trova a 5.109 metri al di sotto del livello del mare. Dopo una prima fase dei soccorsi, durante il quale sono stati recuperati i corpi di 78 persone, le imponenti operazioni di soccorso delle autorità greche non hanno trovato nessun’altra persona, viva o morta.