Le creme solari, spalmate bene
È di nuovo quel periodo dell'anno per ripassare come funzionano, come si applicano e soprattutto quanto sono efficaci nel proteggere la pelle
Questa estate nei Paesi Bassi la crema solare sarà offerta gratuitamente alla popolazione, attraverso distributori collocati nei parchi cittadini, nelle aree sportive, intorno agli ospedali e in diversi altri luoghi pubblici. Vari comuni si sono organizzati nell’ambito di un’iniziativa per sensibilizzare sull’importanza del proteggersi dai raggi dannosi del Sole, che possono causare numerosi problemi di salute a cominciare dai tumori della pelle. I Paesi Bassi negli ultimi anni hanno rilevato un sensibile aumento dei casi di tumore riconducibili all’esposizione solare, come del resto vari altri paesi in Europa.
– Ascolta anche: La puntata speciale di “Ci vuole una scienza” sulle creme solari
L’impiego delle creme solari è consigliato dai dermatologi non solo perché permette di evitare le scottature, ma anche perché il loro uso corretto consente di ridurre sensibilmente il rischio di sviluppare un tumore della pelle. Il problema è che in pochi fanno un “uso corretto” delle protezioni solari, applicandone la giusta quantità e ripetendo le applicazioni più volte nel corso della giornata, come indicato sulle confezioni e soprattutto nelle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità e di diverse altre istituzioni sanitarie.
Pelle
La pelle è la barriera più importante di protezione tra il nostro organismo e ciò che abbiamo intorno. Per tutta la vita è sottoposta a sollecitazioni fisiche e chimiche, compresa l’esposizione ai raggi solari che ne possono cambiare le caratteristiche, per esempio facendola disidratare e arrossare. Una eccessiva e prolungata esposizione ai raggi ultravioletti (UV), emessi dal Sole e che non vediamo a occhio nudo, è tra i fattori di rischio più importanti nell’insorgenza del melanoma e di altri tumori della pelle.
UVA e UVB
In generale, la crema solare serve a ridurre la quantità di raggi ultravioletti che arrivano sulla nostra pelle. Gli UVB sono filtrati in buona parte dallo strato di ozono atmosferico, ma la quantità che arriva al suolo è comunque sufficiente per crearci qualche problema. Sono i principali responsabili delle scottature e anche per questo motivo sono quelli su cui ci si era concentrati più a lungo in passato, mentre emergevano ricerche e dati più chiari sugli effetti di un altro tipo di raggi ultravioletti: gli UVA.
A differenza degli UVB, gli UVA hanno la capacità di penetrare in profondità nella pelle, stimolando la produzione di radicali liberi, atomi o molecole estremamente reattive che interagiscono con ciò che incontrano creando spesso danni. Possono per esempio deteriorare il collagene, una sostanza molto importante per la pelle, e accelerandone l’invecchiamento, oppure possono aumentare il rischio di tumore.
Gli UVB sono di solito schermati dal vetro, per esempio dal parabrezza di un’automobile, mentre gli UVA no. Le creme solari moderne proteggono sia dagli UVA sia dagli UVB, ma è sempre opportuno controllare l’etichetta per accertarsi della protezione.
Abbronzatura
La pelle si scurisce al Sole come meccanismo di difesa per contrastare i raggi ultravioletti. Quando ci esponiamo alla luce solare si attivano i melanociti, cellule specializzate che producono melanina, una sostanza che si trova in vari tessuti del nostro organismo compresa la pelle.
L’attivazione avviene sempre, anche in pieno inverno, ma la produzione di melanina aumenta quando ci si espone per lunghi periodi al Sole. È in questa circostanza che la pelle si scurisce e diventa abbronzata, ma la sua colorazione non è in alcun modo l’indicazione di essere “più in salute”: semplicemente, è il segno che l’organismo si è attivato per provare a proteggerci dai raggi solari. La capacità di protezione è però molto limitata e deriva da come si è fatti, cioè dal proprio fototipo.
Fototipo
Il principale riferimento per determinare il fototipo fu elaborato a metà degli anni Settanta da Thomas B. Fitzpatrick della Harvard School of Medicine negli Stati Uniti. Formulò uno schema di classificazione per il colore della pelle umana in base alla risposta di diverse persone agli UV. Il sistema fu poi modificato e integrato una decina di anni dopo e raggruppa le persone in sei categorie: dal fototipo I in cui sono comprese le persone che si scottano e non si abbronzano, solitamente con capelli e occhi chiari, al fototipo VI in cui sono comprese le persone che non subiscono scottature e hanno la pelle più scura.
Ingredienti
Nell’Unione Europea le creme solari sono molto normate, pur essendo comprese nel grande gruppo dei cosmetici (che hanno regole diverse dai farmaci, per esempio). I filtri solari, cioè le molecole che hanno il compito di assorbire/riflettere gli UV, autorizzati per il commercio sono 28: ogni crema solare ha un componente di assorbimento e uno di riflessione, con proporzioni che variano a seconda dei prodotti e delle esigenze. Tra i componenti più diffusi c’è il biossido di titanio, che arriva a costituire un quarto del contenuto della crema solare, cui si aggiungono poi gli altri filtri: nel complesso le creme sono quindi molto concentrate, anche quando non è segnalato in etichetta (“concentrato” è uno di quei termini usati molto dal marketing).
Fattore di protezione solare – SPF
Il numero indicato sulle confezioni delle creme solari indica la capacità di proteggere la pelle dal Sole. Viene determinato sperimentalmente con test che vengono effettuati su una ventina di volontari, la cui schiena viene esposta a una lampada che emette raggi ultravioletti imitando quelli solari. Una parte della schiena rimane senza protezione mentre l’altra viene coperta dalla crema solare.
La lampada è tarata per produrre una quantità di UV che porti a un eritema sulla pelle non protetta di ogni soggetto, poi si passa all’area con la crema solare aumentando via via la dose di raggi UV. Trascorse alcune ore, si valutano le differenze tra le varie aree e si calcola il rapporto fra la dose minima di UV necessaria per produrre un eritema sulla pelle protetta dalla crema e per la pelle senza protezione. Da questo calcolo deriva infine l’SPF, il numero che viene indicato sulle confezioni.
Per esempio: se serve una dose di UV cinquanta volte maggiore per far sviluppare l’eritema sulla pelle protetta dalla crema rispetto a quella non protetta, significa che la crema ha un SPF uguale a 50.
La procedura viene effettuata per gli UVB, mentre per gli UVA il sistema è più complesso e rende necessario l’impiego di altri test. La sigla UVA-PF seguita da un numero indica il fattore di protezione per questi raggi ultravioletti, ma di solito sulle confezioni viene solo indicata la presenza della protezione UVB. I produttori possono metterlo sulle creme solo se l’UVA-PF nella crema è almeno un terzo dell’SPF, altrimenti non possono indicare nulla nell’etichetta.
Quanto proteggono le creme solari
Un SPF 10 lascia passare 1/10 degli UVB, di conseguenza ne ferma il 90 per cento, un SPF 20 lascia passare 1/20, quindi ne ferma il 95 per cento e così via. Questi sono i valori che si trovano solitamente sulle confezioni e la relativa percentuale di efficacia nel bloccare i raggi solari:
SPF 10: 1/10 → 90%
SPF 20: 1/20 → 95%
SPF 30: 1/30 → 97%
SPF 50: 1/50 → 98%
SPF 100: 1/100 → 99%.
Una protezione “totale” non esiste e nel caso dell’Unione Europea ai produttori viene consigliato di non usare numeri oltre l’indicazione “50+”, proprio per non indurre a pensare che con il numero di SPF più alto si abbia una protezione totale. In più occasioni si è anche discusso di eliminare l’indicazione numerica e di lasciarne una più generica che indichi protezione bassa, media, alta e molto alta, ma ci sono interessi (soprattutto commerciali) a mantenere l’indicazione numerica.
Quanta crema solare si deve mettere
Il numero di SPF dà la protezione corrispondente solo se la crema solare viene usata nel modo corretto, applicandone la giusta quantità e cioè 2 milligrammi ogni centimetro quadrato di pelle: utilizzandone meno si riduce notevolmente l’effetto protettivo. Servono più o meno 30 grammi di crema per tutto il corpo, circa un sesto di una normale confezione. Non è necessario essere precisi al decimo di grammo e per questo dermatologi e dermatologhe consigliano di abituarsi a usare l’equivalente della capacità di un cucchiaino di caffè (3 grammi) per viso e collo, altrettanto per ogni braccio e un cucchiaio da minestra (6 grammi) rispettivamente per ciascuna gamba, per la schiena, per il petto e per l’addome.
Mettere metà della crema necessaria non fa semplicemente dimezzare il numero di SPF come credono in molti: la riduzione è pari alla radice quadrata del fattore di protezione di partenza. Un SPF 30 diventa quindi poco più di 5.
Quando si mette la crema solare
La crema solare va applicata prima di esporsi al Sole, quindi è consigliabile spalmarsela prima di uscire all’aperto, per esempio per andare in spiaggia o in generale a fare una passeggiata. Ripetere l’applicazione periodicamente non serve solamente a ridurre il rischio di lasciare aree della pelle non protette, ma anche a ripristinare lo strato di crema che col passare delle ore tende a ridursi e rimuoversi.
Ciò che dà protezione è infatti lo strato di crema solare stesso: funziona fino a quando è presente. Soprattutto d’estate, la sudorazione è una delle principali cause della sua rapida riduzione, così come qualsiasi altra azione meccanica sulla pelle, come infilarsi e sfilarsi degli abiti. Alcuni produttori indicano ancora sulle confezioni la capacità della crema di resistere all’acqua, ma dimostrarlo non è sempre semplice e per questo è consigliabile riapplicare la crema solare dopo un bagno. Anche l’azione dei granelli di sabbia può portare via parzialmente la protezione, comunque.
E i vestiti?
Esistono molti tessuti diversi tra loro e di conseguenza alcuni filtrano meglio di altri i raggi UV. Il denim dei jeans, per esempio, ha una buona capacità di bloccare i raggi ultravioletti, mentre tessuti più leggeri come il cotone delle magliette non fanno molto. Da qualche tempo si trovano comunque costumi da bagno, abiti da trekking e altri indumenti realizzati con tessuti tecnici con un alto fattore di protezione, solitamente indicato nell’etichetta. Questi prodotti devono essere lavati con attenzione e utilizzando detersivi specifici per ridurre l’usura dello strato che protegge dai raggi solari.
Livello di abbronzatura
C’è la convinzione piuttosto diffusa che usando la crema solare “ci si abbronza di meno”. In realtà usando le creme solari ci si abbronza più lentamente, perché come abbiamo visto l’abbronzatura è un meccanismo di difesa della pelle: i filtri solari fanno parte di quel lavoro di protezione. Alla fine ci si abbronza ugualmente perché come abbiamo visto le creme solari non riescono a proteggere totalmente.
Il livello di abbronzatura è comunque commisurato al proprio fototipo e in generale a come si è fatti. Arrivati al massimo possibile, non ci si abbronza ulteriormente. Non usare o usare poca crema solare mette sotto forte stress la pelle e può essere molto rischioso per la salute.