Una canzone della Little river band

E il vento dell'oceano che attraversa i finestrini a slitta dell'errequattro

(Ansa)
(Ansa)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Avevo espresso qui delle diffidenze sull’annunciato disco di “cover con orchestra” dei James, perché quello è un format pigro e buono per raschiare il fondo del barile di molti repertori, che non offre mai niente di memorabile. Nemmeno questa volta, certo, però c’è un impegno di creatività maggiore, per esempio nella versione di Sit down.
Ieri sera ho finito l’ennesima serie poliziesca britannica di questa mia monomania, questa molto recente e che si chiama Blue Lights, ambientata a Belfast. E si chiude con loro che ascoltano Love the one you’re with, allusivamente, nella versione degli Isley brothers: dell’originale avevamo parlato qui.
Oggi al Post abbiamo molto discusso se davvero si possa usare il termine “intelligenza artificiale” intorno alla storia della “canzone nuova” dei Beatles, o se sia l’ennesimo caso di abuso sovreccitato del termine per quello che fino all’anno scorso chiamavamo semplicemente “software”.
E avete ragione, non possiamo trascurare la morte del povero Treat Williams e del suo ruolo più famoso che con le canzoni c’entra molto. Let the sunshine in.

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